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Dalla strada alla cura, il progetto Pro-Access di Lila Catania

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“Role Playing” durante il workshop

Offrire, alle persone migranti, consulenza medica e psicologica su salute sessuale e riproduttiva, oltre alla possibilità di fare test per HIV, HCV (epatite C) e gravidanza. Lo prevede il Progetto Pro Access di LILA Catania e UNHCR, che si è appena concluso. Ce ne parla oggi il coordinatore, Francesco Bellissimo, medico infettivologo, arricchendo con alcune riflessioni il racconto delle attività svolte.

“…Bisogna ritornare nella Strada, nella Strada per conoscere chi siamo”. Così recita la famosa canzone di Gaber. E questo ha fatto, durante l’anno appena trascorso, lo staff del Progetto Pro-Access, condotto da LILA Catania in partenariato con UNHCR.

Il Progetto Pro-Access è partito nel 2017 con l’obiettivo principale di favorire e migliorare l’accesso ai servizi di salute sessuale e riproduttiva per rifugiati e richiedenti asilo affetti da patologie della sfera sessuale e riproduttiva o che sono sopravvissuti a violenza sessuale e di genere.

Nei primi due anni era particolarmente focalizzato sui migranti accolti nei Centri di Accoglienza della Sicilia Orientale. Nel tempo, tuttavia, in risposta alle conseguenze sociali dei Decreti Sicurezza, che hanno determinato il decremento degli ospiti nei Centri di Accoglienza, a discapito di un incremento del numero di migranti nei contesti informali, con la relativa esplosione di vulnerabilità che ne è conseguita, si è deciso di concentrare le forze per garantire un maggiore impatto sul setting informale.

In questa direzione è andata anche la scelta di dare sempre più peso alle condizioni di disaggio psicologico, fino ad implementare un vero e proprio ambulatorio psicologico a bassa soglia che si è affiancato alle altre attività previste dal Progetto: Drop-in socio-sanitario, esecuzione di test salivari per HIV e epatite C, distribuzione di condom e di altro materiale informativo sulla prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse, accompagnamenti presso le strutture del Sistema Sanitario Nazionale, attività di outreach per la promozione del Progetto e la valutazione dei bisogni della popolazione migrante presente sul territorio.

In questo contesto si è inserita la pandemia di COVID-19 e le scelte politiche che ne sono derivate, che hanno peggiorato le già difficili condizioni di tutte le fasce sociali più vulnerabili e, in modo particolare, della popolazione migrante.

Infatti si è potuto constatare la drastica diminuzione dei servizi sanitari ambulatoriali specifici per la popolazione migrante e la completa assenza di un’attenta sorveglianza sanitaria in situazioni di potenziale maggior rischio (contesti informali), di attenzione verso le fasce più vulnerabili e a rischio (vittime di tratta, senza dimora), di percorsi, procedure e processi per la gestione di casi sospetti o conclamati di positività al virus e di misure di supporto economico e della coesione sociale.

Durante gli 11 mesi di lavoro il team interdisciplinare di LILA Catania, composto da 3 mediatori culturali, 2 medici, una assistente sociale, una psicologa e una amministratrice, ha quasi ininterrottamente continuato le sue attività, adattandole, di volta in volta, alle circostanze determinate dalla pandemia e alle necessità osservate nelle attività di outreach.

Sono stati incontrate circa 2100 persone migranti, di queste circa 180 sono afferite presso l’ambulatorio Drop-in a bassa soglia; sono state visitate circa 30 strutture d’accoglienza per attività di promozione della salute sessuale e riproduttiva, del benessere psicologico e delle modalità di prevenzione dell’infezione da SARS-CoV2; sono stati distribuiti oltre 1700 materiali informativi e quasi 1400 condom; sono stati eseguiti oltre 200 test (HIV; HCV e test di gravidanza) che hanno permesso di diagnosticare 2 persone con infezione da HIV e 2 persone con infezione da HCV; sono emersi circa 150 casi di Sopravvissuti a Violenza Sessuale e di Genere, che hanno ricevuto almeno una valutazione medica e un colloquio psicologico, 23 di questi sono stati riferiti alle strutture sanitarie pubbliche; 27 persone sono state prese in carico nell’ambulatorio psicologico, per un percorso individuale più complesso.

Infine, sono state promosse 5 sessioni formative, rivolte ad operatori del pubblico e del privato sociale, con la partecipazione di quasi 150 persone.

In conclusione, le attività del 2020 hanno stimolato osservazioni e riflessioni:

  1. Il numero di migranti nei contesti informali, senza documenti ed in condizioni di disagio sociale è progressivamente aumentato negli ultimi 2 anni;
  2. COVID-19 e Lockdown hanno esacerbato vulnerabilità preesistenti (condizioni lavorative e abitative, esclusione sociale, diritto alla salute);
  3. Il disagio sociale slatentizza condizioni mediche di difficile gestione: consumo di sostanze, malattia mentale, sindromi psico-somatiche.

In questo contesto torna utile il richiamo della canzone di Gaber: “In casa ti allontani dalla Vita, dalla Lotta, dal Dolore, dalle Bombe” per auspicare il ritorno al lavoro di strada e la necessità di promuovere e potenziare servizi a bassa soglia per intercettare la popolazione più vulnerabile. Magari con un maggiore coordinamento tra tutte le agenzie che operano sul territorio.

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