I primi due droni RQ-4D “Phoenix” , scrive Antonio Mazzeo, sono atterrati nelle scorse settimane a Sigonella.
Serviranno (insieme con altri 3 in arrivo nei prossimi mesi) a rendere operativo il sistema di “sorveglianza terrestre” AGS (Alliance Ground Surveillance), che ha il compito di assicurare la protezione delle truppe di terra Nato e di migliorare la gestione delle crisi attraverso l’uso di droni e ponti radio terrestri.
Si tratta di un nuovo costosissimo sistema di guerra aerea (del quale, peraltro, non se ne sentiva la mancanza), su cui gravano, anche, dubbi significativi rispetto alla coesistenza del traffico pilotato commerciale con quello a pilotaggio remoto.
E, infatti, ci ricorda Mazzeo, persistono “le preoccupazioni tra i tecnici ENAC e gli ufficiali dell’Aeronautica sulla reale possibilità che i droni NATO possano operare davvero in spazi aerei non delimitati, cioè al di fuori degli specifici corridoi riservati ai velivoli da guerra, in Italia e nei cieli europei”.
Preoccupazioni presenti in un articolo pubblicato lo scorso 23 dicembre da DefenseNews (edito in Virginia), dove si spiega che “i membri della NATO hanno fiducia nelle certificazioni di sicurezza rilasciate in Italia per la nuova flotta di droni di vigilanza terreste, anche se continuano ad esserci dubbi sulla loro capacità di volare attraverso lo spazio aereo regolato in Europa”.
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Dal Ministero della Difesa Tedesco si apprende che: “i velivoli senza pilota sono dotati di transponder (sistemi elettronici di identificazione della rotta a bordo di aerei) che emettono segnali che sono ricevuti anche dalle agenzie per il traffico aereo civile e militare, mentre non è previsto l’uso di procedure text to-speech (tecnologie di sintesi vocale) per comunicare con i controllori del traffico aereo”.
Soprattutto, sempre secondo il governo tedesco, i droni AGS della NATO “non sono equipaggiati con tecnologie sense-and-avoid (anti-collisione), né possiedono un Sistema di allerta traffico e anti-collisione (Traffic Alert and Collision Avoidance System)”.
Tutto questo è stato sufficiente, in Germania, perchè i parlamentari di Die Linke chiedessero al governo di proibire i voli dei velivoli AGS nel loro spazio aereo.
Di fatto, aggiunge Mazzeo “prova inconfutabile che gli alleati NATO e la società USA realizzatrice del sistema AGS siano ancora impegnati a conseguire una certificazione aggiuntiva di aeronavigabilità (airworthiness) dei droni “Phoenix” è ricavabile dalla richiesta del Comando di US Air Force di modifica del bilancio sui programmi di intelligence militare per l’anno fiscale 2019, presentata al Congresso degli Stati Uniti d’America il 26 ottobre 2018”.
In queste condizioni, visti i rischi per il traffico aereo civile e per le stesse popolazioni del vecchio continente, in primis i siciliani che vivono a due passi dalla Main Operating Base di Sigonella, vera e propria capitale mondiale dei droni per tutte le guerre, non sarebbe il caso di non procedere oltre?