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4 novembre, non è la nostra festa

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Quattro novembre, giornata dell’Unità nazionale e delle Forze Armate, istituita nel 1919 come “Anniversario della Vittoria” per ricordare i caduti del primo conflitto mondiale. E’ stata fino al 1974 festa nazionale, da allora solennità civile, ma il Governo oggi, per restiturle centralità, vorrebbe ripristinare la festività nazionale.

L’ostacolo è di tipo economico perché la istituzione di un nuovo giorno festivo comporta notevoli costi per lo Stato, a causa della riduzione delle ore lavorate e degli oneri che deriverebbero dalle “maggiorazioni retributive per i turni lavorativi del personale della pubblica amministrazione”, quelli che chiamiamo ‘straordinari’.

Ci si è allora limitati a proporre una intensificazione delle cerimonie da organizzare su tutto il territorio nazionale, in aggiunta ai tradizionali momenti celebrativi che si svolgono soprattutto a Roma, con l’omaggio al Milite Ignoto all’Altare della Patria, la parata dei reparti militari ed il sorvolo delle Frecce tricolori.

Anche se quest’anno, paradossalmente, una cerimonia che ricorda la guerra e rispolvera la retorica patriottica si svolgerà in tono minore per motivi di sicurezza legati alla guerra in corso in Medio Oriente.

Ci saranno, comunque, celebrazioni in varie città e piazze d’Italia per ricordare – come leggiamo sul sito dell’Esercito – “in special modo, tutti coloro che, anche giovanissimi, hanno sacrificato il bene supremo della vita per un ideale di Patria e di attaccamento al dovere: valori immutati nel tempo, per i militari di allora e quelli di oggi”. Con riferimento alla prima guerra mondiale, il cui ricordo viene, però, idealizzato e distorto.

A notarlo è l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole che lancia un messaggio di allarme “per il processo di normalizzazione della guerra e di marginalizzazione della cultura della pace che quotidianamente osserviamo nel mondo educativo e nella società.” E uno slogan “Il 4 novembre non è la nostra festa”.

“Ci sgomenta – leggiamo nel documento dell’Osservatorio – la particolare attenzione rivolta alle istituzioni scolastiche invitate anche in questa giornata a ‘sensibilizzare gli studenti sul ruolo quotidiano che le Forze armate svolgono’. Si tratta di una ennesima narrazione falsa ed edulcorata che tace sulla violenza e sulle distruzioni della guerra e fa leva su quegli interventi – in occasione, per esempio, di calamità naturali – che in realtà potrebbero essere svolti da un altrettanto valido servizio civile. Un tentativo di far accettare supinamente alle nuove generazioni l’inevitabilità delle guerre eludendo ogni forma di riflessione critica sul tema”.

C’è in effetti una ambiguità nella presentazione ai giovani delle Forze Armate, raccontate – nello spot istituzionale delle Forze Armate – come “gli uomini e le donne che si impegnamo affinché nessuno possa portarci via la cosa più importante che abbiamo, la possibilità di vivere in un paese libero e sicuro”.

Viene taciuto – prosegue l’Osservatorio – che “La guerra, qualsiasi guerra, è solo morte e distruzione. La guerra non ammette vincitori”. E che la prima guerra mondiale, “con la ferocia dei comandi militari, le decimazioni, le condizioni bestiali in cui i militari italiani si trovarono in trincea”, tutti elementi, ampiamente riconosciuti dalla storiografia, fu definita da Papa Benedetto XV “un’orrenda carneficina” che disonora l’Europa, una “inutile strage”.

Questo non vuol dire che non si debba avere rispetto per chi ha perso la vita nel corso del primo conflitto mondiale, ma che bisogna indagare i fatti storici in modo attento e puntuale, sottraendoli alla retorica militarista. Ricordando, ad esempio che la prima guerra mondiale fu per il nostro Paese una guerra di aggressione. “Fu, infatti, l’Italia a dichiarare guerra all’Austria, dopo aver sottoscritto il Patto di Londra, un accordo con il quale Francia, Gran Bretagna e Russia assicuravano all’Italia, in caso di vittoria, l’espansione dei propri confini anche in territori in cui la popolazione italiana era in netta minoranza. Territori nei quali pochi anni dopo avvenne l’italianizzazione forzata ai danni di lingue e tradizioni autoctone”. All’Italia – come ricorda l’Osservatorio nella sua ricostruzione – vennero fatte dalle potenze mondiali di allora, “rassicurazioni” su parte dell’Albania, sulle isole del Dodecanneso, sulla Libia e su altre aree africane. (dal Patto di Londra).

“È di tutta evidenza – prosegue il documento del’Osservatorio – che non si trattava tanto di completare il percorso risorgimentale verso l’unità nazionale, quanto di riaffermare il carattere imperialistico di un’Italia che rivendicava il diritto all’occupazione e allo sfruttamento economico di altri Paesi, né più né meno di altre potenze coloniali europee”.

Ecco perchè “soprattutto oggi, in un mondo ancora attraversato da numerosi conflitti, è necessario difendere e diffondere la cultura della pace per contribuire a realizzare il fine politico e storico della “pace perpetua” per l’intera umanità, così come prescritto nella nostra Costituzione”.

“Per tutte queste ragioni, e per molte altre osservazioni che potrebbero essere aggiunte, l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università propone per il prossimo 4 novembre una giornata di mobilitazione, una giornata da declinare nelle forme che le realtà territoriali riterranno opportune, individuando luoghi e percorsi che possano contribuire a rimettere in discussione la “voglia di guerra” che attraversa le classi dirigenti, e non solo loro, del nostro Paese.

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