Ponte sì, Ponte no. Nel corso della discussione sulla opportunità di realizzare il ponte sullo Stretto di Messina, che deve tenere conto, anche e soprattutto, dei rischi sismici che caratterizzano l’area, è arrivata come una bomba la notizia della pubblicazione di uno studio realizzato da un gruppo di studiosi, Giovanni Barreca e Carmelo Monaco del dipartimento di Scienze Biologiche, geologiche e ambientali dell’Università di Catania, Luciano Scarfi e Marco Aloisi, dell’Ingv di Catania, e Felix Gross e Sebastian Krastel dell’Institute of Geosciences dell’Università di Kiel in Germania. Questi ultimi hanno messo a disposizione delle ecografie, relative al fondale dello Stretto di Messina, che hanno consentito ai geologi catenesi di rivelare con maggiore precisione l’assetto strutturale e stratigrafico dell’area.
Lo studio, The Messina Strait: Seismotectonic and the Source of the 1908 Earthquake, pubblicato sulla rivista scientifica ‘Earth-Science Reviews’, ha identificato, con altissima probabilità, la faglia, vale a dire la spaccatura del terreno, che ha generato il terremoto del 1908, il più grave in assoluto di quelli verificatisi in ‘epoca strumentale’, che distrusse le città di Messina e di Reggio Calabria.
La faglia – come ha ricordato Giovanni Barreca in una intervista al Corriere della Sera – mostra segni di attività recente e raggiunge la lunghezza massima, in pianta, di 34,5 chilometri, inclinando verso Est, cioè verso la Calabria.
Queste indagini confermano e spiegano, inoltre, l’allontanamento progressivo di Sicilia e Calabria, generato dalle discontinuità rilevate nelle profondità ‘crostaliche’.
Come annunciato da Giovanni Barreca, coordinatore dello studio, il lavoro della équipe, un Progetto di interesse nazionale (PRIN) che ha come oggetto la geologia dei grandi terremoti, soprattutto del passato, proseguirà ulteriormente.
Conoscere la magnitudo massima di un terremoto che ci si può attendere in una certa area (in questo caso da 6.9 a 7.1 gradi della scala Richter) può aiutare i progettisti di grande opere a calibrare la struttura in modo che possa resistere – sempre che sia possibile – a questa energia.
La vicenda è stata ripresa da Andrea Moccia, geologo e divulgatore scientifico, in un video in cui vengono mostrate le immagini associate alla ricerca, che mostrano la faglia che attraversa lo Stretto e scorre in parte anche sulla terraferma, in Calabria.
Si tratta di una faglia che viene definita ‘estensionale’, perché le due parti tendono ad allontanarsi, e ‘transtensiva’ perché le due parti tendono a spostarsi in orizzontale.
Nello studio, per il quale è stata utilizzata una scansione che può arrivare a 10 km di profondità, possiamo vedere quindi l’immagine del fondale marino e la rottura rappresentata dalla faglia. E’ visibile anche uno scalino di circa 80 metri creato dalla faglia stessa, non in una sola occasione e con un solo movimento ma con molti movimenti di centinaia e migliaia di anni. Una faglia, infatti, con i suoi movimenti, dà vita, nel tempo, a vari terremoti ed ognuno di essi ha contribuito ad accrescere lo scalino.
Oltre alla faglia, denominata West Fault, responsabile del suddetto terremoto, esiste al di sotto un altro sistema di faglie che dà origine ai terremoti delle faglie superiori. Nelle riscostruzioni presenti nello studio si vede, sotto la West Fault, una faglia asismica, che si muove in modo molto lento, ma continuo, e non provoca direttamente terremoti ma crea degli squilibri che sollecitano i movimenti delle faglie superiori.
Siamo quindi in presenza di un sistema tettonico molto complesso e conoscerlo è importante anche per prendere decisioni operative.
Nel suo video esplicativo, tuttavia, Moccia non prende posizione rispetto alla scelta di costruire il ponte sullo Stretto. Si limita ad annunciare un futuro video di approfondimento, da realizzare dopo aver consultato ingegneri ed esperti, per verificare l’esistenza di soluzioni tecniche adeguate ai rischi prospettati dalla ricerca.
Tende invece ad escludere, in modo più deciso, la soluzione del tunnel come mezzo di collegamento tra le due sponde, dato che il tunnel dovrebbe necessariamente attraversare la faglia.
Conclude affermando, correttamente, che la scelta debba essere compiuta prendendo in considerazione non solo la situazione geologica e le tecniche ingegneristiche, ma anche altre problematiche di tipo economico, sociale, ambientale.
Al di là della prudenza di Moccia nel prendere posizione, comunque, la prospettiva di costruire un ponte tra due zolle di terra che si allontanano, sia pur lentamente, l’una dall’altra e sopra una faglia che può causare terremoti distruttivi ci sembra abbastanza inquietante. E sono molti i tecnici convinti che la soluzione a questi problemi non sia stata individuata in modo inoppugnabile.
Informazioni molto importanti da diffondere perché siano conoscenza e coscienza comuni.
Chi progetta grandi guadagni per la costruzione di questo terribile ponte pensate che si fermerà a controllare pericolosità o disastri?
Cada pure questo ponte con gli eventuali disgraziati passeggeri, loro stanno già incassando i maledetti miliardi per progettazioni etc…..La pessima politica si è affrettata a dare tutto l’appoggio. Come sempre!