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La costa lavica etnea, dai canyon sottomarini all’isola Ferdinandea

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cartina con linee di scivolamento del versante orientale dell'Etna verso il mare

C’è uno scivolamento di tutto il versante orientale etneo verso il mare, che si realizza all’interno di un settore crostale che ha come binari il canyon di Fiumefreddo (a nord) e quello di Catania (a sud). Anche di questo si è parlato nell’incontro, “Geologia della porzione sommersa della costa lavica etnea”, promosso dalla Lega Navale Italiana di Catania (LNI), diretta da Salvatore Cunsolo, insieme con l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Catania (INGV), diretto da Stefano Branca.

Danilo Cavallaro, ricercatore dell’INGV, esperto nello studio dei vulcani sottomarini, (avvalendosi anche di dati batimetrici multibeam acquisiti nel corso degli ultimi vent’anni) si è concentrato sulla geologia dell’offshore etneo, ma non ha trascurato la “Sciara del Fuoco” dell’isola di Stromboli e il Banco di Graham nel Canale di Sicilia, dove è comparsa, e subito scomparsa, la cosiddetta Isola Ferdinandea.

Per quanto riguarda l’offshore etneo, da Fiumefreddo a Catania, in particolare, sono stati individuati, due imponenti canyon sottomarini, che partendo dalla costa, uno in prossimità di Fiumefreddo e l’altro di Catania, incidono considerevolmente il margine continentale, fino alla piana batiale (ad una profondità di circa 2000 m), trasportando masse enormi di materiale detritico di natura poligenica ma prevalentemente vulcano-clastica. Proprio quest’ultima scoperta ha permesso di confermare lo scivolamento precedentemente indicato.

Nella parte centro meridionale della costa jonica etnea, tra Aci Trezza ed Aci Castello, emergono i “Faraglioni”, corpi lavici intrusi nelle argille di fondo, che sono stati portati “a giorno” dal sollevamento regionale del settore orientale siciliano.

Essi rappresentano i primi prodotti dell’attività etnea (circa mezzo milione di anni fa). Grazie ai dati batimetrici ad alta risoluzione, è stato possibile ipotizzare che inizialmente si presentassero come un corpo subvulcanico unico (laccolite) successivamente dislocato verticalmente e traslato orizzontalmente da faglie locali, ed eroso dal moto ondoso. Sono state, quindi, mostrate immagini ad alta risoluzione dei fronti sottomarini di alcune colate laviche, che nel tempo hanno raggiunto la costa ionica (es. Stazzo, Acireale e Catania), così come la morfologia lavica che caratterizza la sommità della Secca di Riposto.

Poi si è passati all’analisi delle Isole Eolie, in particolare del versante nord-occidentale dello Stromboli, in attività continua, dove si è formata la cosiddetta Sciara del Fuoco.

Questa Sciara, che si estende dal cratere verso il mare con una pendenza di oltre 30°, scarica a mare continuamente sia le colate laviche originate dall’attività effusiva che i prodotti vulcanici provenienti dall’attività esplosiva intermittente dello Stromboli. In particolari situazioni, questi prodotti, possono originare depositi vulcano-clastici o delta lavici in corrispondenza della linea di costa, che sono particolarmente instabili. Per lo studio della porzione sottomarina della Sciara del Fuoco, verrà utilizzato un drone idrografico equipaggiato con un sonar multibeam ad altissima risoluzione, che è stato presentato durante la relazione.

Infine, è stato descritto il Banco di Graham, un campo vulcanico composto da una decina di conetti vulcanici sottomarini monogenetici, tra i quali il più noto è quello che ha dato origine alla memorabile quanto effimera Isola Ferdinandea.

Memorabile perché la sua comparsa improvvisa ha dato origine ad un contenzioso diplomatico internazionale tra Inghilterra, Francia e Italia per intestarsene la proprietà. La sua presenza, infatti, considerata in posizione strategica all’interno del Mediterraneo, ricadeva in acque internazionali. Effimera perché piccola, alta qualche decina di metri sul livello del mare, e formata da ceneri, lapilli e poca roccia, tanto da essere smantellata in pochissimo tempo.

Gli inglesi, con il noto stile colonialista, ancora oggi aspettano la ricomparsa della Ferdinandea per piantarci su la bandiera, ma le ultime scoperte rappresentate da Cavallaro confermano che i conetti del Banco di Graham sono di tipo monogenico e cioè eruttano una sola volta. Quindi la Ferdinandea s.s. non ricomparirà mai più.

Ciò che accomuna tutte queste situazioni geologiche sono le strutture tettoniche, e faglie di vario tipo, mobilitate da forze geodinamiche indotte dai movimenti reciproci delle placche continentali, africana e europea che si scontrano in questa porzione del Mediterraneo.

Di seguito, sezione geomorfologica generale della costa Etnea fino ad oltre 2000 metri

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