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Catania per la Palestina

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accampamento di tende pro Gaza nel cortile dei Benedettini

Un’enorme bandiera palestinese scende da un balcone del complesso universitario dei Benedettini, sino a terra. E’ il simbolo, insieme con la tante tende montate nel cortile, del presidio permanente degli studenti universitari catanesi.

Nato per protestare contro il genocidio che si sta consumando a Gaza, 35.000 morti, quasi 15.000 bambini, un numero imprecisato di feriti e mutilati, ospedali, università e scuole distrutte. Nella prigione a cielo aperto, così è stata definita la striscia sottoposta da sempre a un ferreo controllo israeliano, anche se l’occupazione dovesse cessare, ma non se ne vedono le premesse, sarà probabilmente impossibile tornare alla “normalità”.

Come in tante altre parti del mondo (in primo luogo negli USA) e del nostro Paese, anche a Catania gli studenti sono in prima fila per fermare questa barbarie. Che, con numeri meno drammatici, avviene anche negli insediamenti dei coloni israeliani nei territori palestinesi occupati (innanzitutto in Cisgiordania), insediamenti, peraltro, considerati illegali dalla comunità internazionale.

Ma gli studenti non si limitano alla condanna, chiedono anche interventi concreti dell’Università. In primo luogo di porre fine a quegli accordi con le università israeliane che, apparentemente finalizzati a scopi civili, permettono, attraverso il cosiddetto “dual use”, di trasferire in ambito militare le tecnologie sviluppate.

Non a caso, nel primo giorno dell’Acampada una delegazione dei collettivi di Medicina, Scienze Biologiche e Scienze Politiche ha incontrato il Rettore per chiedere la cessazione dei rapporti fra il nostro Ateneo e la Leonardo spa, richiesta sottoscritta, a oggi, da oltre mille studenti. Leonardo è, infatti, tra le industrie leader mondiali nella produzione di armi esportate in tutto il mondo, compreso Israele. Non ha senso, infatti, che una SPA nella quale l’83% dei profitti deriva dall’industria della morte, si interfacci con l’Università attraverso conferenze, tirocini, borse di studio…

Va detto che contro gli accordi Leonardo/Università italiane è in atto una campagna firme, promossa dall’Osservatorio contro la militarizzazione, che ha già superato le cinquemila adesioni.

L’acampada è anche occasione di confronti e approfondimenti. Proiezione di video che mostrano la difficile situazione di Gaza e dei territori occupati prima dell’invasione, reportage di chi ha vissuto o vive ancora nella striscia.

Una mobilitazione, questa degli studenti universitari, che si è incrociata con il lavoro e l’impegno dei “Catanesi solidali con il popolo Palestinese”. Un gruppo composito che ha promosso manifestazioni in Città e a Sigonella e vari momenti di dibattito, ultimo quello con uno degli avvocati impegnati presso il team legale delle vittime di Gaza di fronte alla Corte penale internazionale, per sostenere l’accusa di genocidio promossa contro Israele dal Sudafrica.

Per questo motivo, domenica 19 gli studenti, provenienti dai Benedettini, hanno partecipato al corteo cittadino, promosso dai “Catanesi”. Un corteo per:

“ll riconoscimento dell’autodeterminazione del popolo palestinese e del diritto alla Resistenza.
La liberazione degli ostaggi israeliani e dei prigionieri palestinesi.
Sbloccare i finanziamenti all’agenzia UNRWA per la martoriata popolazione palestinese.
L’immediato ritiro delle navi della Marina militare italiana e di tutte le truppe dal Medio Oriente e dal mar Rosso. Fermare la complicità delle basi militari in Italia nella guerra al popolo palestinese e smilitarizzare Sigonella.
Boicottare l’economia di guerra israeliana. Azzerare le spese per gli armamenti e indirizzarle verso i diritti sociali, sanità, scuola, trasporti, infrastrutture”.

Durante il percorso, sotto la Prefettura, il corteo ha incrociato gli attivisti mobilitati in difesa della libertà di Julian Assange, che si sono uniti alla manifestazione. Assange è il giornalista australiano, tra i fondatori del sito web WikiLeaks che ha reso pubblici quasi mezzo milione di documenti relativi alle guerre statunitensi in Iraq a Afghanistan. Un simbolo della libertà di stampa, tanto più decisiva in tempo di guerra.

Come scrive Amnesty International: “La pubblicazione di documenti da parte di Julian Assange nell’ambito del suo lavoro con Wikileaks non dovrebbe essere punita perché tale attività riguarda condotte che il giornalismo investigativo svolge regolarmente nell’ambito professionale. Processare Julian Assange per questi reati potrebbe avere un effetto dissuasivo sul diritto alla libertà di espressione, spingendo i giornalisti all’autocensura per evitare procedimenti giudiziari”.

Un corteo “variegato” che, come ormai da tempo, ha visto una significativa presenza della comunità araba catanese. Unanime la consapevolezza dei partecipanti sul fatto che fermare il genocidio è un passo fondamentale per iniziare a smontare quella guerra mondiale a pezzi, denunciata dal Papa, che altrimenti rischia di portarci verso un conflitto sempre più generalizzato.

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