Cosa fare dei rifiuti prodotti nel corso di una scampagnata o durante un campeggio realizzato all’interno di un Parco naturale? Una testimonianza, raccontata oggi da Giusy Pedalino, presidente dell’associazione Orione, mette in evidenza alcuni dei problemi e delle carenze nella raccolta dei rifiuti, anche all’interno dei Parchi.
Divertirsi in sicurezza e imparare il rispetto e l’amore per la natura. Questa è l’esperienza fatta dai 17 bambini e dai quattro adulti che hanno partecipato, dal 8 al 16 luglio ad un campo ‘naturalistico’ organizzato sui Nebrodi dall’associazione Orione. Ottima la collaborazione con i funzionari del Dipartimento Demanio Forestale e con i forestali presenti.
Tutto bene, quindi, fino a che non abbiamo smontato il campo e chiesto dove lasciare i rifiuti prodotti. Non più in loco, in attesa che fossero smaltiti dagli stessi forestali, come era avvenuto negli anni precedenti.
Le regole sono cambiate – ci hanno detto – soggiungendo “portateli dove volete, a Catania, a Maletto, ovunque ma qui non possono restare”.
Personale in uniforme ci chiedeva quindi di fare qualcosa di illegale. I rifiuti erano stati prodotti nel Rifugio di Margio Salice, appartenente al comune di Bronte, e noi sappiamo bene che è vietato spostare i rifiuti da un comune ad un altro.
Dopo non poche discussioni e telefonate ai diversi responsabili, ad uno dei funzionari viene in mente che in una determinata contrada di Bronte ci sono dei cassonetti. Lì abbiamo conferito i nostri sacchi, ma non per questo il problema può considerarsi risolto, anche perchè quello che è accaduto a noi accade oggi a tutti coloro che frequentano i rifugi montani.
Sono stati, infatti, eliminati i cassonetti – considerati catalizzatori di rifiuti – collocati nei vari rifugi dell’Etna e dei Nebrodi. Ma non è stato previsto alcun piano alternativo: serve un Piano dei Rifiuti in ogni Parco o Riserva e delle indicazioni precise per gli utenti, in linea con le normative attuali.
Chiunque vada in un rifugio, o faccia una scampagnata in un’area attrezzata, produce rifiuto in loco. Da nessuna parte c’è scritto, però, cosa bisogna fare dei rifiuti prodotti. Nella migliore delle ipotesi si trova l’indicazione di portarli via con sé.
Portarli a casa per farne cosa? Non dimentichiamo che ormai in quasi tutti i paesi si fa la raccolta porta a porta. Quanti cittadini, tornando a casa, aspetteranno il giorno e l’ora esatta per conferire anche questo rifiuto, comunque prodotto altrove?
Non solo, quindi, l’indicazione di portar via i rifiuti è generica. Contiene implicitamente una sorta di invito ad infrangere le regole abbandonando il sacchetto nel primo posto utile.
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La soluzione di questo antico problema é l’educazione degli escursionisti e il loro senso di responsabilità. La responsabilità delle associazioni è grande. Portare con sè i resti di ciò che si è portato in un ambiente naturale non è solo un elementare dovere; è anche una scelta razionale che minimizza il disturbo ambientale. La scomodità ha anche la funzione di moderare la durata degli accessi, costringendoci a considerare i costi ambientali. D’altra parte in genere nei parchi è vietato il campeggio libero e consentito solo il bivacco. Infine non è servito il “campo naturalistico” a riflettere sul disturbo ambientale e sulle nostre responsabilità?
Purtroppo il mio commento è in ritardo