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Circumetnea, l’ultimo viaggio dopo 130 anni

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Oggi, 15 giugno 2024, è l’ultimo giorno di attività per la tratta Borgo – Paternò della ferrovia circumetnea, prima della dismissione. Dopo 130 anni di onorato servizio, la Circum non sarà più la stessa.

In verità non è già la stessa. Basta pensare all’interramento della tratta relativa ad Adrano, che ormai non corre più in superficie. E adesso arriva l’interramento fino a Paternò, venduto come il necessario prezzo da pagare per raggiungere, velocemente e direttamente, non solo la città ma anche l’aeroporto, con cui però il collegamento non c’è ancora e non si sa quando ci sarà.

Se, infatti, la tratta Misterbianco-Paternò, finanziata con fondi PNRR, potrebbe essere completata rapidamente, pena la perdita del finanziamento, non altrettanto si può dire per la tratta Monte Po-Misterbianco e per quella Stesicoro-Aeroporto, bloccate da problemi con la ditta aggiudicataria.

In sostanza, come abbiamo già scritto, una spesa altissima per un servizio destinato a un ridotto numero di persone e con tempi imprecisati.

Dal prossimo lunedì, comunque, i treni non partiranno più dalla stazione Borgo. E il termine dismissione comincia ad essere utilizzato e metabolizzato. Ma, a dire il vero, la dismissione è già iniziata da tempo, il numero delle corse è stato progressivamente ridotto con la conseguente diminuzione dei passeggeri, che hanno perso un mezzo di trasporto sicuro, diretto e poco inquinante, anche se non velocissimo. In effetti, la velocità si sarebbe potuta incrementare con poca spesa e le corse persino aumentare secondo il bisogno, se ci fosse la stata la volontà politica di valorizzare questo mezzo di trasporto pubblico. Invece i tagli al bilancio sono stati radicali, le corse sono diventate sempre più rare, il servizio sostanzialmente condannato a morte.

I soldi però, direte, ci sono! Altrimenti come avrebbero potuto realizzare la metropolitana e adesso pensare di proseguirla fino a Paternò, e magari anche oltre, con costosissimi interventi di interramento? La risposta è che i soldi per la struttura dell’opera ci sono perché arrivano dall’Europa, quelli per l’esercizio sono, invece, soldi nazionali, del governo, visto che la FCE è “posta sotto la Direzione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti”. E il finanziamento non c’è…

Un anno addietro un comitato in difesa della Circum ha lanciato una petizione “Salviamo la Circumetnea”, in cui si chiede di fermare l’ennesima speculazione, di valorizzare il patrimonio storico e investire i fondi nell’interesse collettivo.

Forse anche perché di petizioni siamo ormai tutti saturi e crescono i dubbi sulla loro efficacia, fatto sta che le firme raccolte sono state poco più di seimila. Sebbene ci sia di mezzo un enorme spreco di denaro pubblico, la reazione dei cittadini è rimasta tiepida, ha prevalso la rassegnazione o forse la potenza degli slogan e delle promesse di ‘modernizzazione’.

Paradossalmente, adesso che siamo a ridosso della prima chiusura effettiva, stanno trovando maggiore eco nostalgia e sentimentalismo.

Oggi, ultimo giorno di corse sull’intera tratta, due gruppi hanno in programma di fare un ultimo viaggio. Il comitato Salvalacircum lo ha organizzato di mattina, con partenza da Catania Borgo alle 8.05 di mattina e arrivo a Randazzo alle 10.03. E ha scelto uno slogan deliberatamente provocatorio, “Non si dice addio a chi è stato rapito”. Da Randazzo si ripartirà alle 12.30 oppure alle 15.01.

Sicilia Antica, invece, sceglie i toni nostalgici, inizia con un richiamo a De Amicis ed invita ad “un viaggio di addio alla tratta iniziale del percorso” attorno al vulcano, con un raduno alle 15 alla Stazione Borgo e ritorno verso le 17. Non sappiamo quanto sia concreta la proposta avanzata dall’associazione nel suo Comunicato: chiede che le vengano dati in comodato d’uso alcuni dei caselli che saranno dismessi, per destinarli a sede sociale e attività culturali, sottraendoli così anche al degrado.

Prevale, nel complesso, l’invito alla rivalutazione della dimensione turistica della Circum. Una prospettiva decisamente riduttiva se paragonata alla funzione economica, di trasporto verso il mare dei prodotti dell’area etnea, con cui la ferrovia nacque alla fine dell’Ottocento. E riduttiva anche rispetto alla funzione di trasporto di lavoratori e studenti che ha svolto per decenni. Ma – dobbiamo riconoscerlo – una prospettiva concreta che potrebbe essere fatta propria dalla dirigenza, salvando il salvabile.

Sul possibile utilizzo della Circum come struttura dedicata al turismo, con possibilità anche di brevi escursioni a partire da alcune fermate, ecco i suggerimenti proposti da Giambattista Condorelli che altre volte ha messo a disposizione di Argo la sua competenza e la sua sensibilità ambientalista.

Una infrastruttura concepita e realizzata con grande intelligenza nel 1894, una infrastruttura preziosa, della quale non sono state mai capite le potenzialità, soprattutto quando, nel secondo dopoguerra, il turismo diventò non solo una consuetudine delle classi agiate, ma un genere di consumo alla portata di tutti.

Sembra, però, che l’Ente gestore non abbia mai fatto delle ricerche statistiche che avrebbero richiesto un’indagine da svolgersi sui treni in marcia su tutto il tracciato e durante tutte le stagioni dell’anno. Se lo avesse fatto, sarebbe certamente emerso che la Circumetnea era ed è utilizzata quasi esclusivamente da tanti pendolari del lavoro, ma solo da rarissimi turisti.

Eppure basta scorrere una buona carta topografica e seguire il disegno dei binari nel loro percorso attorno al Vulcano, per rendersi conto delle tante opportunità che avrebbe un turista con bagaglio leggero o un forte escursionista, se venisse debitamente informato. Oltre alla sosta nei centri urbani, sono infatti le Fermate, sovente dai nomi suggestivi, lontane dai centri abitati e previste già in origine, che non vengono utilizzate se non a rarissima richiesta. Scorriamone l’elenco, viaggiando in senso orario:

  • Fermata Valcorrente, tra Misterbianco e Paternò: si approda in un’area pianeggiante adatta a passeggiate leggere in bicicletta e a visite al Centro Commerciale.
  • Fermata Scalilli, tra Paternò e S. Maria di Licodia: scendendo, si possono andare a visitare i resti dell’Acquedotto romano.
  • Fermata Passo Zingaro, tra Adrano e Bronte: percorrendo a piedi poche centinaia di metri si accede alla rete dei sentieri del Parco dell’Etna, potendo così raggiungere qualsiasi punto del Vulcano.
  • Fermata Rocca Calanna, tra Bronte e Maletto: altra fermata adatta ad intraprendere escursioni sull’Etna.
  • Fermata Gurrida, tra Maletto e Randazzo: con mezz’ora di cammino si raggiunge il Lago Gurrida e l’area circostante, caratterizzata da un ambiente palustre. Ottima per fare bird-whatching.

Quasi superfluo evidenziare che la successiva stazione di Randazzo consente la visita dell’unica cittadina della Sicilia Orientale al cui interno si trovano degli scorci squisitamente medievali.

Seguono poi:

  • Fermata Calderara: subito dopo Randazzo, utile per andare a visitare qualche azienda viti-vinicola.
  • Fermata Solicchiata, tra Randazzo e Linguaglossa: buona per scendere nella pianeggiante vallata del Fiume Alcantara, per passeggiate a ridosso del fiume e visita alla Cuba bizantina di Castiglione.
  • Fermata Santa Venera, tra Piedimonte Etneo e Nunziata di Mascali, per andare a visitare la straordinaria chiesa paleocristiana della Nunziatella.

Ce ne è d’avanzo per trascorrere una domenica, anzi più di una, ma c’è solo un problema: da tanti anni la Circumetnea di domenica è chiusa!

Un approfondimento nell’intervista a Giuseppe Gullotta del Mobility Lab su Radio Base Misterbianco, a questo link

5 Comments

  1. La circumetnea è stata abbandonata già da tempo ad un destino,simile per Randazzo,alla tratta che portava a giardini Naxos,parliamo della ferrovia dello stato.Il nostro paese diventa periferia in tutti i sensi.Siamo abbandonati da tutti i servizi e oberrati da una tenaglia mafiosa che ha portato allo scioglimento dell’amministrazione gennaio 2024.

  2. È inaccettabile la dismissione di un patrimonio come la circumetnea, quante volte l’ho presa con amici e parenti per fare vedere le bellezze dell’isola. Sono pieno di rabbia per questo scempio fatto solo per tornaconto. Se avessi saputo della raccolta firme mi sarei battuto per questa causa. Che vergogna per Catania.

  3. L’abbiamo presa: ed è stato per l’ultima volta.
    Siamo saliti insieme a tanta altra gente ed abbiamo aspettato il rombo dei motori ed il
    fischio di partenza. Eravamo in molti lì, alla stazione Borgo, alle 8:00 di un sabato mattina.
    Alcuni per protesta, altri per curiosità, chi per nostalgia.
    Indolentemente si è avviata, tra muretti diroccati da cui spuntavano pale di fichi d’india e
    cespugli di capperi, e si è lasciata la città alle spalle.
    Al di là dei finestrini abbiamo visto sfilalare casette rurali, casermoni popolari e i murales
    della metro con il suo grande parcheggio. Poi ci siamo nuovamente ritrovati immersi nella
    natura di quello che un giorno, forse, diventerà il Parco del torrente Acquicella.
    La tratta Catania-Paternò è già stata in buona parte interrata e tra vecchi tunnel in pietra
    lavica e le discese nel sottosuolo, abbiamo goduto poco del cielo e del sole.

    Negli intervalli di luce, in lontananza, abbiamo visto brillare il mare.
    Dirigendoci verso Adrano, Bronte e Randazzo, ha cominciato lentamente a salire di quota
    inerpicandosi sinuosamente tra un rombare di motori e uno stridere di freni.
    A muntagna ci sovrastava a destra mentre a sinistra lo sguardo sprofondava nella vallata
    punteggiata da boschetti di eucalipti, fino ad arrivare alle prime case di Adrano. Da lì a
    Bronte, abbiamo continuato a salire di quota e ci siamo ritrovati tra le coltivazioni di
    pistacchi, l’oro verde di Bronte, alberi che appaiono quasi deformi con i loro fusti tozzi e i
    rami contorti che s’ incurvano fino a toccare terra.
    E ancora saliamo alla volta di Maletto:
    improvviso il paese ci appare a sinistra mentre a destra sfilano le coltivazioni di fragole.

    La nostra destinazione finale sarà Randazzo, non proseguiremo fino a Giarre a completare
    il percorso. A Randazzo prendiamo una granita e passeggiamo tra i suoi vicoli medievali
    attendendo si faccia l’ora del ritorno.Tante persone che sono salite con noi hanno
    proseguito il percorso, altre le ritroviamo alla stazione, anche loro aspettando di tornare a
    Catania.
    Il viaggio di ritorno è faticoso, stavolta i due vagoni che ci accolgono sono vecchi, senza
    aria condizionata e molto rumorosi. C’è chi impreca, chi invece, con l’aria di fuori che ci
    scompiglia i capelli ed asciuga il sudore di una giornata torrida, ripensa a se stesso
    ragazzo, alle avventure sui treni di un tempo, e se la gode.
    Arriviamo stanchi, pieni di chiacchiere con amici e con sconosciuti, come si usava un
    tempo. Siamo sudati, allegri, affamati.
    Un nuovo gruppo aspetta di ripartire questo pomeriggio: per protesta, per curiosità, per
    nostalgia.

  4. Ho fatto un bel giro molti anni fa quando i miei bimbi erano molto piccoli. Che tristezza sapere che un pezzo di storia non si potrà rivivere più

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