“Periferie al centro”. Sembra quasi un ossimoro la denominazione scelta per l’incontro pubblico organizzato martedì scorso a Librino da CGIL e Sunia di Catania, presenti rappresentanti locali e nazionali del sindacato.
Centrare l’attenzione sulle periferie significa non dimenticare nessuna delle aree marginali della città, comprese Civita e San Cristoforo, come ha detto in apertura Giacomo Rota, segretario della Camera del lavoro di Catania.
Ma dei quartieri ‘periferici’ del centro non c’è stato davvero il tempo di parlare in questa animata e partecipata assemblea in cui gli abitanti di Librino hanno discusso essenzialmente dei problemi del loro quartiere, se quartiere vogliamo definire questa ‘città nella città‘, un agglomerato di sei nuclei con differenti fisionomie, che ospita più di 70 mila abitanti.
Di partecipazione dal basso nel progettare soluzioni e interventi (vedi la Piattaforma per Librino), di lavoro di rete tra le associazioni ma anche con la scuola e l’università, Librino è ormai un modello.
La vastità del ‘quartiere’ e la complessità dei problemi richiedono di non abbassare la guardia e, non a caso, Cristina Cascio, dirigente dell’Istituto Musco, ha ringraziato Sara Fagone, responsabile -su base volontaria- della Cgil di Librino, di continuare ad offrire occasioni di incontro e di confronto tra i vari soggetti che operano sul campo.
Ma per demolire i luoghi comuni secondo cui le periferie sono ‘non luoghi’ di marginalità e di degrado, ha detto Fagone, “è necessario che esse vengano vissute anche da chi non le abita”.
“Per questo – ha proseguito- abbiamo da sempre chiesto il decentramento di pezzi di amministrazione, l’istituzione di scuole superiori, facoltà universitarie, poli di eccellenza fruibili anche da chi non è residente.”
Proprio di scuola si è molto parlato, sull’onda della delusione: la Regione, nonostante le promesse, non ha previsto a Librino nessuna scuola superiore, nemmeno sotto forma di istituti onnicomprensivi. Ad alcuni è sembrata quasi una esclusione consapevole, di cui si sono resi responsabili anche i sindacati. Proprio il sindacato ha partecipato -dice con amarezza Cascio- al Tavolo regionale che ha deciso il piano di dimensionamento.
Nessuno, dai dirigenti scolastici ai sindacalisti presenti, ai cittadini, considera chiusa la partita. “La prossima volta andremo a Palermo per fare sentire la nostra voce, ci mobiliteremo come abbiamo fatto trentacinque anni fa per avere la scuola media” ha detto Giovanni Cannavò, vicepresidente della municipalità.
E’ stata proprio Gianna Fracassi, della segreteria nazionale CGIL, a notare che 70/80.000 persone equivalgono al numero di abitanti di una città. Possiamo immaginare una città come Pavia senza una scuola superiore o con un solo ufficio postale, come ha lamentato Gabriella, residente nel quartiere?
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Molto documentata la relazione di Giusi Milazzo, segretaria del Sunia, sulla drammatica questione abitativa, altro tema caldo della serata.
Si trova a Librino la più alta concentrazione di edilizia residenziale pubblica della nostra città, priva della necessaria manutenzione anche perchè morosità e abusivismo fanno diminuire gli introiti degli enti che detengono questo patrimonio, minacciato a più riprese dai governi nazionali e regionali che vorrebbero svenderlo solo perchè non hanno saputo gestirlo.
Unica prospettiva, puntare sulla riqualificazione, con fondi nazionali e soprattutto comunitari, espressamente previsti per il disagio abitativo e per l’efficienza energetica. Una opportunità che le amministrazioni non devono perdere, anche per creare occupazione.
Attorno alle occupazioni abusive degli alloggi, solo in alcuni casi indotte dalla necessità, si è instaurato -ha denunciato Milazzo- un vero e proprio “mercato“ gestito dalla criminalità che procede a false vendite e finte locazioni, come ha confermato Patrizia Giambarveri, funzionaria dell’IAPC, intervenuta all’assemblea per annunciare un nuovo bando, un investimento di 400.000 euro per Librino e la necessità di superare la “mancanza di comunicazione tra istituzione e territorio”.
C’è una spada di Damocle che pende sul capo di questo territorio, quella della speculazione edilizia. Non a caso Sara Fagone cita il megaprogetto della società Codis Srl di cui ha parlato La Sicilia del 17 febbraio. Un “villaggio urbanizzato”, praticamente un quartiere nel quartiere, con appartamenti, anfiteatro, sala convegni, da realizzarsi in un’area di circa 80.000 metri quadrati vicino al costruendo ospedale San Marco.
“Siamo saturi di cemento”, afferma Fagone che non si lascia abbagliare dall’idea che solo le nuove costruzioni creino lavoro. “Se si portassero a termine le opere di urbanizzazione, se si riqualificassero le strutture abbandonate e i plessi di edilizia pubblica, il lavoro ripartirebbe lo stesso.”
Perchè, infatti, continuare a costruire case se ci sono interi palazzi vuoti, come le torri del San Teodoro? O come i palazzi del Castagnola che attendono solo di essere vandalizzati, al pari della vecchia Brancati o della ex Pestalozzi di via della Dalia?
Giovanni Pistorio, segretario della Fillea Cgil, presenta le possibilità di sviluppo legate all’introduzione della banda larga. “Le reti in fibra ottica cambieranno i rapporti tra cittadini e istituzione, tra cittadini e cittadini, permetteranno di commercializzare meglio i propri prodotti e di fare e ricevere cultura” ha detto.
Sicuramente saranno i privati, da Wind a Vodafone a Fastweb, ad investire nel settore. Cosa intende fare il “pubblico”? C’è un progetto complessivo per Catania? Cosa è previsto per Librino, dove -come ha ricordato Piera Busacca, docente presso la facoltà di Ingegneria che da tempo opera nel quartiere- sono stati già predisposti i cavidotti per sottoservizi quali la fibra ottica?
Interveniamo in tempi brevissimi, ha concluso Pistorio, non rischiamo di essere tagliati fuori.