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Etna, eruzioni … di ordinanze prefettizie

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Quando è che un vulcano attivo attrae maggiormente? Naturalmente quando è in attività.
Chiedendo scusa per l’inevitabile affermazione lapalissiana, siamo costretti a tornare a parlare dell’Etna spinti dalla lettera aperta che un nutrito gruppo associazioni e di appassionati della montagna ha inoltrato al Prefetto di Catania, per chiedere che venissero allentate le rigorose disposizioni emanate per limitare la libera fruizione del vulcano.
Quasi in parallelo con gli spettacolari fenomeni vulcanici, a partire dal mese di novembre del 2023 -ma la matrice è quella del 4 aprile 2013- le ordinanze prefettizie si sono susseguite al ritmo di quasi due al mese e la memoria impertinente è corsa subito a spolverare le pagine delle ‘grida’ manzoniane.
Secondo le disposizioni contenute in queste ordinanze, tutta la zona sommitale dell’Etna, dai 2900 s.l.m., e l’intera Valle del Bove sono state precluse al libero accesso, che è consentito solo con l’accompagnamento di “personale in possesso dei necessari requisiti professionali e abilitato ai sensi di legge”. In alcune fasi il livello invalicabile è stato portato addirittura a quota 2500 s.l.m.: praticamente, dopo essere scesi dalla stazione della funivia alla base della Montagnola, si dovrebbe tornare indietro.
Non si capisce d’altronde perché si sia voluto equiparare il versante settentrionale, quello più pericoloso, poiché più esposto al materiale portato dai venti prevalenti, con quello meridionale, estendendo il vincolo oltre quello vecchio di Torre del Filosofo e restringendo sensibilmente gli spazi a disposizione di turisti e appassionati proprio in uno dei punti più frequentati, normalmente privo di particolari rischi.
Naturalmente l’intento è di preservare la pubblica incolumità, ma minacciare pene tanto severe, derivanti dall’applicazione dell’art. 650 del Codice penale che prevede l’arresto fino a tre mesi o l’ammenda fino a duecentosei euro, francamente ci sembra eccessivo.
Appare poi curioso che queste decisioni siano scaturite da riunioni cui, come recita il Comunicato stampa del 14 febbraio, hanno preso parte “autorevoli rappresentanti” del Dipartimento nazionale e regionale della Protezione Civile, della Provincia di Catania, delle Forze di polizia, dei Vigili del Fuoco, del Corpo Forestale dello Stato e dell’Istituto di Vulcanologia di Catania. Ma l’Ente Parco dell’Etna non dispone di ‘autorevoli rappresentanti’ o non è stato neppure tenuto in considerazione?
All’origine di tanta paura c’è sicuramente la memoria, ancora relativamente fresca, dei due incidenti molto gravi del 1979 e del 1981, quando improvvise esplosioni, provocarono la morte rispettivamente di nove e di tre turisti stranieri, ma, per chi ne ha voglia e capacità, andare a vedere il fluire della lava non ha mai costituito pericolo ed è, innegabilmente, uno degli spettacoli più affascinanti che la natura possa mettere in scena.
Per un altro verso, non si può dimenticare che ovunque nel mondo la montagna per l’uomo è sinonimo di libertà e di sfida con se stesso nel tentativo di superare i propri limiti e nessuno, ad esempio, si sognerebbe di interdire le Dolomiti per il pericolo delle valanghe: ci sono solo dei «percorsi sconsigliati».
Anche dalle nostre parti, dove certo non esiste una vera cultura della montagna, non manca tuttavia un discreto numero di appassionati che conoscono bene l’Etna e i suoi segreti almeno quanto li conoscono le guide autorizzate e vi si sanno muovere in piena autonomia e sicurezza. Costoro mal sopportano questa sorta di codificazione corporativa dei poteri delle guide autorizzate, ritenendolo un privilegio economico che non ha una vera ragione tecnica.
Gli stessi firmatari della lettera peraltro, proprio perché conoscono ‘a muntagna’ e sanno che va rispettata, non sottovalutano affatto i problemi della sicurezza, ma –scrivono- si tratta di «un’area protetta d’importanza planetaria, e non si può prescindere da una garantita fruizione, seppur guidata e controllata». E si spingono fino a proporre la propria collaborazione agli esperti degli enti preposti al controllo.
Perché è proprio questo il punto: non è stato fatto nulla per formare guide che facciano fare escursioni in relativa sicurezza. Relativa, perché è impossibile garantire una situazione di assoluta assenza di rischi, così come è impossibile prevedere i pericoli di un viaggio in automobile, di un lancio con il paracadute o di un volo in parapendio.
Si pensi a cosa possa significare permettere ai turisti di Taormina o di Siracusa di ammirare il lento fronte lavico che avanza o di assistere da posizione sicura, ad esempio la cima della Montagnola, agli spettacoli pirotecnici delle fasi stromboliane.
Quello che sembra prevalere è invece un atteggiamento di prudenza che confina con l’immobilismo.

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