Sono per lo più giovani esordienti, a volte anche un po’ timidi e smarriti, e sono presenti a DeScritto, festival dell’editoria indipendente, per avere una visibilità. Espongono sui banchetti i loro libri, pubblicati da varie piccole case editrici della penisola. Il festival diventa così un momento di riflessione sulle prospettive non solo degli editori ma anche degli autori.
Francesco Salvatore Currò, catanese, ha pubblicato una raccolta di poesie, Sopra i tetti del mondo, con la casa editrice Il Filo, di Viterbo. Incoraggiato da un annuncio, ha inviato i propri testi e ha ottenuto un contratto. Ma si tratta di una vera conquista? E’ un segno di un reale riconoscimento? Ritiene di sì e dichiara di non aver dovuto pagare nulla per farsi stampare i suoi versi. In realtà ha pagato. Ha dovuto, infatti, acquistare un certo numero di copie del libro. Le può rivendere, è vero, ma ci riuscirà? ha scelto lui il prezzo? Dodici euro per poche pagine di versi, anche se fossero bellissimi, sono un prezzo congruo? Francesco ha già pronto un romanzo. Non ne conosciamo il valore ma speriamo comunque che non si faccia truffare…
Eva Ricciuti ha un approccio più risoluto. Anche la sua casa editrice è Il Filo, sebbene, non si capisce bene in base a quali criteri sul suo libro il marchio sia Albatros. Il Gruppo Albatros e la casa editrice Il filo sono infatti la stessa cosa.
Eva è soddisfatta della pubblicazione dei suoi racconti, riuniti sotto il titolo Una vita (quasi) normale. Anzi due e ritiene che la casa editrice abbia creduto in lei, forse per il taglio umoristico che caratterizza l’opera. L’editore ne ha stampato 350 copie e, sebbene l’autrice dichiari di non averne dovuto acquistarne nessuna, è pur vero che deve essere lei ad occuparsi della distribuzione. Sebbene infatti questa casa editrice abbia un distributore ufficiale, Mursia, tocca ai giovani autori contattare le librerie, organizzare presentazioni, farsi insomma agenti di se stessi.
Quello della distribuzione è un problema grosso per le piccole case editrici ed è per questo che ne caricano il peso sui giovani autori. Lo conferma Angelo Pulichino, la cui opera, Madinat Catania, è stata pubblicata da un’altra casa editrice, questa volta veneta, Statale 11. Anche in questo caso siamo in presenza di una raccolta di racconti, ambientati a Catania, definita dall’autore città senza eroi, perchè i protagonisti sono persone comuni che non hanno occhi per vedere la bellezza che li circonda. Probabilmente ha preparato a sue spese il cartoncino segnalibro con cui pubblicizza il suo volume. Pare che anche Statale 11 sia una casa editrice a pagamento, anche se, a differenza di altre, che non si curano neanche di leggere i manoscritti, fornisce un servizio di editing.
La Villaggio Maori è ben consapevole della serietà del problema della distribuzione ed ha previsto, all’interno del festival, un momento di confronto sul tema “La distribuzione alternativa e indipendente”. La proposta di soluzione avanzata è stata quella di creare un portale che permetta di “fare rete” coinvolgendo editori, librai, autori e lettori. Vedremo come si concretizzerà e se sarà risolutivo.
Allo stato attuale, poichè è molto facile che a pagare siano, di fatto, in varie forme, gli autori esordienti, sarebbe utile fornire loro delle informazioni sui comportamenti delle varie case editrici. La fanno già alcuni siti. Ci siamo casualmente imbattuti nel blog Riaprire il fuoco.org, in cui si denuncia che proprio Il Filo è una casa editrice a pagamento, colpevole di non fare “menzione del richiesto contributo alle spese di editoria” negli annunci pubblicati su diversi quotidiani nazionali. La denuncia è suffragata da una sentenza del tribunale civile di Bologna che ha respinto un ricorso della stessa casa editrice, che si riteneva lesa perchè accusata di pubblicità ingannevole.
Su Albatros-Il filo si può inoltre vedere il video “Quando i sogni hanno un prezzo”. E’ un video interessante, in cui si assiste ad un confronto tra una ragazza che ha spedito ad Albatros un file sconclusionato, ricevendone una proposta di pubblicazione, e la direttrice editoriale. Alla fine quest’ultima, rimasta senza altri argomenti, si mette a farneticare di democratizzazione della cultura contro le grandi case editrici cattive cattive.
Sarebbe più corretto che gli editori che fanno pagare, e non selezionano nemmeno i testi che pubblicano, dichiarassero esplicitamente di essere solo degli stampatori. Ormai anche le grandi case editrici hanno servizi di print on demand, come per esempio Feltrinelli con ilmiolibro.it. In più, rispetto all’autoproduzione, l’editoria, anche a pagamento, offre il vantaggio di ottenere un codice isbn, che identifica il libro a livello internazionale in modo univoco e duraturo.
Un’illusione invece che i giovani autori devono abbandonare è quella che pubblicare a pagamento rappresenti un modo per farsi conoscere da editori maggiori. Essendo noto che non viene fatta una selezione, per il grosso editore è indifferente leggere un manoscritto spedito alla sua casa editrice o un libro pubblicato a pagamento. Sa che non è stato letto da nessuna persona competente.
In definitiva, quindi, pubblicare a pagamento non vuol dire aprirsi la strada verso il mestiere di scrivere. Si potrebbe addirittura dire che comporti il rischio di chiudersela. A meno di un boom di vendite, che con la distribuzione che viene fatta sono abbastanza improbabili.
Confessiamo che ci ha lasciati perplessi il fatto che all’interno del festival dell’editoria indipendente, organizzato da una casa editrice che fa vanto di fair play, fossero presenti autori che hanno pagato per pubblicare. A questi ultimi comunque rivolgiamo un augurio sincero e affettuoso.
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Lo scrittore esordiente, lo scrittore non già famoso per conto suo, ha due alternative davanti a sé: bussare invano alle porte delle case editrici non a pagamento, che non lo prenderanno in considerazione, o cadere nella rete degli editori a pagamento, che gli chiederanno qualche migliaio di euro e si limiteranno a stampargli un centinaio di copie.
Ma esiste oggi una terza via: l’autoeditoria, l’autopubblicazione e l’autopromozione dell’autore. In sostanza l’autore fa stampare da un tipografo, a bassissimi costi, il suo libro che avrà impaginato da solo, e comincia a promuoverlo ed avenderlo.
Ottiene in tal modo gl istessi risultati che avrebbe ottenuto con l’editore a pagamento, ma risparmia un sacco di soldi, anzi, se è bravo a pubblicizzare se stesso, guadagna anche qualcosa.
Come fare tutto questo sarà spiegato in un libro che io e MArcello Baraghini stiamo per dare alle stampe e per mettere in rete gratuitamentee che ha il titolo: I libro mio lo pubblico io.
Ettore Bianciardi
Sono Salvo La Porta del Villaggio Maori; ringrazio l’autore dell’articolo per aver sollevato il problema, e avermi dato l’occasione di specificare un punto importante di DeScritto.
Tutte le case editrici presenti al festival sono “non a pagamento”, ma abbiamo (già dall’anno scorso) ritenuto di invitare al festival singoli autori che abbiano pubblicato con contributo, in modo da offrire loro una vetrina concreta con gli editori presenti al festival.
Gli autori possono presentare e portare soltanto la propria opera: non è la casa editrice ad essere rappresentata.
Sappiamo che è un punto controverso e l’anno scorso ha sollevato molte discussioni tra i redattori del Villaggio, ma abbiamo creduto importante non danneggiare ulteriormente buoni autori che spesso non hanno nessun supporto dalle loro case editrici.
Il Villaggio Maori NON RICHIEDE ALCUNA FORMA DI CONTRIBUTO per pubblicare i propri autori: l’autore dell’articolo non mette in dubbio questo punto, ma è sempre meglio ribadirlo.
Spero di aver chiarito ogni cosa, buon lavoro a tutti.
Non capisco se questo vuole essere un articolo giornalistico o semplicemente un articolo di condanna….tra l’altro…non c’è nemmeno la firma di chi ha scritto tutto questo. Mi sembra un ambiguo…come si dice “lanciare il sasso e nascondere la mano”.
Ma perchè presentare sti ragazzi come dei cretini?
Non sarebbe meglio non dico aiutarli ma quanto meno conoscerli? alla fine stanno facendo del lavoro buono per Catania no? Mi pare almeno che si distinguano dalla massa di quelli che si acchiappano per via etnea o che sgasano sulla mini truccata.
Siamo proprio catanesi! anzichè portare su un vassoio d’argento chi promuove la cultura magari pure mettendoci del suo gli diamo addosso!
La mancanza della firma non caratterizza solo questo post. Nasce da una decisione della redazione, che si prende in modo collettivo la responsabilità di quanto viene scritto in quanto frutto di un lavoro di équipe.
Il problema degli editori a pagamento esiste e va posto. Proprio a garanzia delle case editrici piccole e corrette, come la Villaggio Maori.
Salvo La Porta ha spiegato quale sia stata la motivazione per cui erano presenti al festival alcuni autori esordienti che hanno pubblicato con editori a pagamento, senza che fossero però rapppresentate le rispettive case editrici.
E’ una scelta motivata e quindi da rispettare, indipendemente dal fatto che si ritenga opportuna o meno.
io sono l’esempio lampante di autore che non ha dovuto pagare nulla per pubblicare il suo libro e a chi devo dire grazie di aver creduto in me? alla Villaggio Maori.
Abbiamo ricevuto al contattaci questo messaggio: “Spett.le Redazione, sono Tommaso M. Lovato, responsabile di Cinquantuno.it, azienda che si occupa della distribuzione e della promozione dei titoli di diverse case editrici, fra cui Statale 11 da voi citata recensendo Descritto. Vi scrivo per comunicarvi il nostro rammarico nel vedere come sul faticoso lavoro che svolgiamo ogni giorno possa essere gettato fango in sole due righe, assimilando le case editrici da noi distribuite alla finta distribuzione di alcuni nostri colleghi specialisti del print on demand. Con ciò non voglio affatto negare che alcuni nostri collaboratori possano richiedere una condivisione delle spese agli autori, ma precisare il lavoro svolto. Siamo infatti ben consapevoli delle difficoltà distributive della piccola editoria, difficoltà che ogni giorno ci troviamo ad affrontare, ed è a questa situazione che cerchiamo di reagire. La strada che abbiamo iniziato da circa due anni permette oggi alle opere degli editori da noi seguiti, come quella che Angelo Pulichino ha pubblicato per Statale 11 Editrice, di essere reperite in tutte le librerie italiane, con particolare riferimento ad una rete di vendita costruita con fatica, giorno dopo giorno, lottando contro gli oligopoli della distribuzione libraria, quella contro cui tutti imprecano prima di entrare buoni buoni ad acquistare da Feltrinelli, Mondadori, Giunti, ecc. Questo lavoro consente ad autori, editori e librai piccoli ma tenaci di non essere, letteralmente, fatti fuori, di proporre le proprie idee e, consentitemelo, di mantenere pluralista una cultura ormai vissuta come pura imposizione verticale di pensiero. Non entro, infine, nel merito per quanto riguarda il materiale che forniamo ai nostri partner, lo sviluppo di campagne stampa che possano imporre i nostri titoli, le porte sbattute in faccia, ecc. ecc. ecc. chiunque capisca qualcosa di editoria sa benissimo quali siano i problemi. Vorrei invece porre una domanda, ovvero: perché un articolo su Descritto non parla dei libri ma del print on demand? Qualcuno ha letto, o per lo meno sfogliato, i libri citati? È questo atteggiamento fintamente dandy, questa puzza sotto il naso, che affossa l’arte e non permette a chi merita veramente di farsi conoscere. In ultima permettetemi una piccola critica sulla mancanza della firma e sulla scarsità di fonti (tranne il blog riaprireilfuoco, che è appunto un blog quindi una fonte da prendere con le pinze pur considerandolo un punto di riferimento nel mondo degli autori esordienti): giornalismo significa fonti, significa coraggio di esporsi. Un cordialissimo saluto, Tommaso M. Lovato Cinquantuno.it”
Riteniamo opportuno rispondere con alcune precisazioni.
La firma non manca certo per viltà. Il nostro è un lavoro collettivo, senza protagonismi e senza narcisismi.
L’articolo non riguarda Descritto, ma il problema dell’editoria a pagamento. La presenza di alcuni autori esordienti, presenti al festival, è solo lo spunto da cui è partita la riflessione, o, se volete, la provocazione.
L’articolo infatti non pretende di affrontare in modo esaustivo una questione complessa, ma solo di mettere sul tappeto i problemi, o almeno alcuni di essi.
Che il problema sia reale e sentito, lo dimostrano proprio i commenti, molto accesi, ognuno con le sue diverse sfumature.
I giovani autori citati non sono l’oggetto della critica, ne sono piuttosto lo strumento.
Forse citandoli abbiamo fatto loro quella pubblicità che altrimenti debbono provvedere a farsi da soli…
Pensavo di non postare alcun commento all’articolo in questione ma, dopo aver letto la frase finale dell’ultimo intervento della redazione di Argo, mi sento costretto ad intervenire.
Tengo quindi a precisare alcuni punti:
1) Il mio cognome è Pulichino, e non Pluchino. Se l’autore dell’articolo si fosse degnato di presentarsi a me, o anche solo di conservare uno dei segnalibro di cartoncino con sopra il mio nome, non avrebbe fatto questo errore (per ben due volte). Probabilmente non gli interessava alcunchè;
2) Se l’autore dello stesso articolo si fosse presentato, avrebbe anche scoperto che la mia presenza al festival era dovuta alla mia attività di autore, solo in parte collegata alla mia pubblicazione con la Statle 11 editrice. Ma probabilmente, non gli interessava alcunchè;
3) La Statale 11 è una casa editrice che si sta sbattendo non poco per farsi strada, per pubblicitarsi e farsi conoscere. Se il nome risulta nuovo all’autore dell’articolo, forse è perchè l’autore non si guarda molto intorno;
4) Diosanto, si, li ho fatti io quei segnalibri in cartoncino. E allora? L’autore dell’articolo non ha proprio trovato di meglio da ridire? Perchè non ha detto che il mio libro ha un’ottima fattura? Perchè non ha detto che l’editing è perfetto? Perchè non ha detto che è presente in librerie di tutta italia? Ve lo dico io: perchè non l’ha preso neache in mano. Ma forse, appunto, neanche di questo gli importava alcunchè.
5) Potrebbe per favore l’autore dell’articolo esporre la sua idea per eliminare il problema dell’editoria a pagamento? Un buon articolo, dovrebbe presentare un problema, svilupparne le origini, proporre nuove idee per il futuro. E vi prego, non parlatemi di book on demand perchè IO, Angelo Pulichino, non avrò mai la presunzione di offrire sul mercato un testo senza il filtro di una linea editoriale di una casa editrice, come è la Statale 11, che ha valutato il mio manoscritto interessante e vendibile su tutto il mercato nazionale.
6) Timidi e smarriti?? Ah, credo proprio che avete sbagliato evento… mi sa che non c’eravate proprio.
Detto questo, auguro a tutta la gentile redazione un buon lavoro con la preghiera di non sguinzagliare più pseudo giornalisti in incognito. Remano contro.
Cordiali saluti,
Angelo Pulichino.
Ci scusiamo innanzi tutto con l’errore relativo alla trascrizione del Cognome di Angelo Pulichino. Provvediamo a correggere subito.
Il “timidi e smarriti” era accompagnato da un “a volte”…
Quanto all’esserci o al non esserci, ci eravamo. Ma non è questo il problema. Il problema reale è quello della editoria indipendente, e non va negato ma affrontato. Possono essere discutibili i riferimenti a singole case editrici, ma non è questo il punto.
Angelo, Eva, Francesco, Aldo, Domenico, e altri, potrebbero contribuire ad approfondire la questione, utilizzando il loro bagaglio di idee e di esperienze per arricchire la riflessione, per raccontare le proprie esperienze, per fare delle proposte.
Mettiamo a disposizione uno spazio sul sito per chiunque voglia partecipare a questo approfondimento, uscendo da una polemica sterile (che comunque non riguardava certo gli autori) e cercando di realizzare un confronto fruttuoso.
Ringrazio la redazione di Argo per la pubblicazione integrale della lettera a loro rivolta e Angelo Pulichino per la stima che ci riserva.
Approvo e sottoscrivo la necessità di un confronto fruttuoso, come detto fuori da ogni polemica, a cui invito ogni autore e autore interessato.
I problemi sono a tutti noti e in parte esposti nella mia precedente mail. Proposte?
Io sono un autore che ha pubblicato con statale 11, devo dire che dopo un anno dalla firma del contratto siamo riusciti finalmente a pubblicare.. Fermo restando che l editing me lo sono fatto da solo perché nel frattempo il signor Martino balda n era stato licenziato.. Tramite le mi conoscenze l ho presentato ad un telegiornale di punta nazionale.. Avvisando i signori di statale 11 che qualora mi avessero sostenuto nel mio costo marketing li avrei citati dentro al tg stesso.. Dopo la mia presentazione non e’ arrivata nenNche una telefonata di complimenti.. Poteva essere quella una possibilità per farsi conoscere.. Loro mi chiesero 2200 euro per 800 copie e gli altri obblighi di editing e distribuzione.. Mi rivolgo poi alle librerie che all inizio a parole lacerano promesso di distribuirmi, ma nessuno aveva il mio libro..così parlai con il signor Lovato che sostituiva la Beatrice tezza.. Ma lui nego’ qualsiasi distribuzione, mi parlo’ solo di alcuni circuiti ed in tutti questi circuiti praticamente scoprii di essere presente solo ed esclusivamente con una sola copia in una sola
Ibreria d Italia… Mi arrabbiai e chiusi i rapporti.. Neanche il report delle vendite su internet ho ricevuto… Se andiamo indietro l unico colloquio che ho avuto con l editore sig. Camponeschi fu solo ed esclusivamente nel discutere animatemanete per telefono su una prima stampa andata male del libro che per loro andava bene con i titoli storti e le scritte storte dentro al libro.. Tutt ora ne tengo una copia ricordo…tutto ciò contrastava con la linea editoriale che mi ricordavano ogni giorno quando facevo obiezioni sulla cover o quant altro.. Da prima Dell estate ho chiuso i rapporti nonostante il contratto ancora in essere.. Ho raccolto tutte le testimonianze di autori che hanno pubblicato con loro e la solfa e’ sempre la stessa, quindi e mail e registrazioni di confessioni sulla nota statale 11 fatta di promesse non mantenute… Stiamo radunando gente che ha avuto a che fare con questi signori per avviare una causa comune.. Ma ancor di più per controllare le finanze di questi signori.. In tutto questo il mio pensiero e la mia esperienza mi ha portato a considerare che qualsiasi risultato puoibraggiungereba loro non frega nulla, loro devono stampare,stampare,stampare, per raccogliere quanti più contributi.. Fate la media degli autori nel loro sito e vedretevquanto può fruttare un commercio di questo genere.. Comunque tutto quello che ho detto e’ supportato dalla testimonianza di gente che ha avuto la mi a stessa esperienza.. Perché grazie a dio ci sono persone come rolf,Francesco,Giampaolo,elena e tanti altri che denunciano attivamente ciò che e’ al limite di un contratto… Non puoi diventare nessuno se non sei con Mondadori,Feltrinelli,Rizzoli…. Per avere un libro stampato non servono queste case editrici, basta trovare un buon tipografo o addirittura caricarlo su un sito e tramutarlo in Ebook.. Ormai l era di internet dovrebbe far tramontare queste case e spingere i lor signori a trovarsi un buon posto di lavoro…
ci sono anche gli editori indipendenti veri, che non chiedono contributi agli autori…
provate qui, io mi sono trovata benissimo e siamo prossimi alla pubblicazione: http://www.quattroeditori.it
ciao
@ E, sarebbe meglio che tu ti firmassi visto che citi i cognomi di alcune persone se vuoi avere delle risposte basate sui fatti dovresti per primo dirci chi sei se non proprio con il cognome con il tuo nome
Monica
Non ci firmiamo perchè facciamo lavoro di squadra concordando i contenuti dei nostri articoli. I nostri nomi li trovi nel Chi siamo. Nessuna volontà di nascondersi…