Dissesto idrogeologico: un’espressione entrata ormai nell’uso comune ma sostanzialmente antistorica e fuorviante perché tende a rappresentare un quadro di gravissima, abnorme degradazione ambientale estesa alla totalità del territorio.
Le stesse parole sono servite, di volta in volta, per creare la necessità di opporsi ai fenomeni distruttivi che ne derivano e quindi a stanziare cifre altissime per le opere necessarie; per dilatare i tempi di programmazione ed esecuzione di opere in corso; per giustificare la creazione di organismi tecnico-politici elefantiaci o trasformare quelli esistenti, come la Protezione Civile, in enti di gestione di emergenze.
Ma anche per distrarre l’opinione pubblica rispetto alle responsabilità politiche e tecniche pregresse e correnti.
In realtà il ‘dissesto idrogeologico’, così come avviene ogni giorno, è la naturale evoluzione geomorfologica del territorio italiano e di tutte le regioni interessate dall’orogenesi alpina sparse per il mondo.
E’ un insieme di numerosi fenomeni più o meno intensi, estesi e vistosi quali frane e smottamenti, di terreni sciolti o coesivi, crolli di rocce in montagna o sulla costa, esondazioni di corsi d’acqua di tutti i tipi, allagamenti.
Fenomeni tutti già noti da secoli e affrontati spesso con successo, fin dai tempi dei Romani, che ci hanno consegnato, nonostante quelle emergenze, un paesaggio unico al mondo, ordinato e controllato perché frutto di un lavoro di contrasto e di bonifica, misurato, costante con risultati anche artistici.
Il territorio italiano è fragile ma da qui a descriverlo come se fosse allo sfascio ne corre.
Come si possono dimenticare le centuriazioni romane, le bonifiche agrarie medievali o rinascimentali e quelle più recenti. Questi lavori dovrebbero averci insegnato che gli interventi razionali ed etici dell’uomo come la manutenzione ordinaria, e straordinaria all’occorrenza, come per esempio la pulizia degli alvei fluviali e torrentizi, l’abbattimento controllato di masse pericolanti, il drenaggio governato delle acque da serbatoi naturali occasionali, i rimboschimenti misurati, possono farci avere un territorio anche da urbanizzare e coltivare di buona qualità.
Se invece si incrocia il dato geomorfologico con quello urbanistico allora si può osservare una condizione paradossale e cioè una situazione in cui sono state l’antropizzazione scriteriata del territorio e soprattutto la sua urbanizzazione selvaggia che hanno causato situazioni di grave pericolo di instabilità dei terreni, di allagamenti, e di degrado generalizzato, insomma un dissesto antropico ben più grave del presunto dissesto idrogeologico.
Alvei fluviali sbarrati da strade o edifici per civile abitazione, oppure ostruiti in punti critici da rifiuti o detriti antropici, condotte idriche rotte e perdenti, scavi incontrollati per fondazioni o sottoservizi, del tutto normali nelle città italiane (vedi per es. Messina e Genova), uniti alla insufficiente manutenzione, hanno indotto una instabilità superficiale diffusa che, ove i terreni lo consentono, si estende progressivamente in profondità, con pericolosità crescente.
Non a caso la Geologia Urbana, il cui studio deve essere propedeutico a qualsiasi Piano Regolatore, afferma tra l’altro che la individuazione dei fenomeni naturali presenti nei territori da urbanizzare è necessaria affinchè si possa valutare lo spazio necessario alla loro evoluzione, per controllarli ed evitare di reprimerli forzatamente.
Insomma, il più delle volte i casi di dissesto idrogeologico non sono il frutto della natura cieca e crudele, come si tende a far credere, ma il risultato di una politica impreparata e superficiale su un terreno rischioso e impegnativo.
Contiamo di approfondire la questione con esempi concreti in atto nel territorio siciliano.
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Si dovrebbe tenere in considerazione certe misure che gli Etruschi hanno usato per prevenire o diminuire la minaccia di strapiramenti dei corsi dei fiumi oltre al rimboscamento dei luoghi collinosi e montani,soprattutto una legge e di consaguenza sentenza di abbattimento delle costruzioni vivino ai fiumi,quelle che condizionano ildeflusso delle acque,totale divieto di costruzioni future in luoghi ad alto rischio di frane,purtoppo queste leggi attuali non sono rispettate o fatte rispettare,molti anni fa´una scrittice Camilla Cederna in un suo libro aveva denunciato questi errori ma purtroppo…nessuno legge piu certi libri.
purtroppo ripetere le cose a volte si Arriva a farsi sentire.Cordiali saluti.AB