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CGIL e Libera contro un 'paradosso di legalità'

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Perché le aziende confiscate alla mafia non solo non decollano ma spesso falliscono? Contro questo paradosso di legalità occorre invertire la tendenza, facendo sì che i lavoratori siano tutelati e valorizzando altresì il potenziale delle imprese ormai libere dalle imposizioni della criminalità.
Per questo Cgil e Libera hanno promosso la campagna di raccolta firme, “Io riattivo il lavoro”. Lo scopo è una proposta di legge popolare per spingere il Parlamento a legiferare e favorire così la rinascita delle imprese che furono di Cosa nostra.
Ne sapremo di più leggendo l’articolo firmato da Giuseppe Strazzulla, coordinatore provinciale di Libera.
L’attuale regolamentazione legislativa dei Beni sequestrati e confiscati alle mafie trova un punto di debolezza nell’attuazione delle procedure per il settore delle Aziende confiscate: esse, spesso, basavano la propria capacità produttiva e distributiva sull’influenza illecita del loro proprietario, capace di esercitare un’azione di pressione sul mercato, di dominare in maniera carismatica sulla forza lavoro dell’azienda, di ottenere prestiti favorevoli dalle Banche.
Una volta che l’Azienda, dopo la confisca, viene controllata dallo Stato, le cose cambiano radicalmente: i creditori esigono la restituzione immediata e completa del dovuto, le Banche stringono i cordoni e spesso anche gli amministratori giudiziari nominati dallo Stato sono poco interessati al funzionamento virtuoso dell’Azienda, fino ad arrivare alla sua chiusura, con drammatiche conseguenze sul piano dell’occupazione e della vita di centinaia di famiglie.
Si crea così un “paradosso della legalità”, che presta il fianco alla riattualizzazione di un vecchio stereotipo giustificatorio: con la mafia si lavora, con lo Stato no. E, in effetti, diverse attività economiche sono state chiuse lasciando senza lavoro e senza reddito i lavoratori coinvolti. Possiamo permettere tutto ciò senza reagire, senza trovare una soluzione legislativa al problema?
Abbiamo il dovere di rendere le aziende sequestrate e confiscate presidi di legalità democratica ed economica, capaci di garantire lavoro dignitoso e legale. Per poter continuare ad essere credibili nel lavoro di diffusione della cultura della legalità, è necessario tenere insieme le due esigenze: tutelare i lavoratori delle aziende sottratte alla criminalità organizzata, sottraendoli alla logica del lavoro a qualunque costo morale; e, d’altra parte, valorizzare l’enorme potenziale di sviluppo di queste attività economiche e produttive.
Perché, se è vero che a volte andrebbero eufemisticamente “tirate le orecchie” a quei lavoratori che in passato hanno accettato condizioni di lavoro consapevolmente basate sull’illegalità e sull’omaggio vassallatico al “signore” (in provincia di Catania ne abbiamo qualche esempio), deve altresì prevalere l’attenzione sociale per le tante famiglie che restano prive di reddito.
Sono questi i motivi che hanno spinto Cgil e Libera a promuovere la campagna di raccolta firme “Io riattivo il lavoro”, per la proposta di legge popolare che spinga il Parlamento ad affrontare con impegno questo tema. La proposta si basa sui seguenti interventi a favore delle aziende:

  • costruire una banca dati nazionale che ne tuteli la posizione di mercato;
  • sostenere il percorso di reinserimento dei lavoratori;
  • favorire la riconversione e la ristrutturazione aziendale;
  • agevolare l’emersione dei rapporti di lavoro irregolari.

E’ essenziale inoltre favorire la costituzione di cooperative dei lavoratori disposti a rilevare l’azienda oggetto di confisca, nonché un adeguato percorso di formazione ed aggiornamento.
Ne va della credibilità di tutto il sistema antimafia, nelle sue componenti giudiziarie, politiche, sociali. Il messaggio che deve passare è che il lavoro legale conviene, che stare dalla parte della giustizia e della legalità è l’unico modo per camminare a schiena dritta e non trovarsi mai soli e disperati a chiedere l’elemosina di un posto di lavoro che, invece, è un diritto riconosciuto dalla nostra Costituzione.

1 Comments

  1. questa forma di esproprio è ridicola e incostituzionale.Mi chiedo perchè mai non si chiede la espropriazione delle Banche specie quelle di importanza nazionale,Per confutare una critica alla mancanza di lavoro e di occupazione me permetto sottolineare un fatto importante: per aversi lavoro ed occupazione mancano i capitali e le occasioni per investire capitali. Perchè una cooperativa per quanto modesta sia deve affrontare spese ignobili per la sua costituzione e si deve iscrivere alla Camera di Commercio per pagare un balzello annuo di coirca € 200,00? Perchè non si chiude la Camera di Commercio? che funzioni ha questa dependanze della malavita? Perchè i politici che gravitano attorno a questo giornale non intervengono per spiegare e poi adoperarsi per eliminare tutte quelle strutture destinate ad impedire lo svolgimento di un lavoro libero e felice? Questi sono i moisteri di casa nostra che poi fanno sconfinare i deboli ed i male informati con la vicenda ” Mafia”.E’ solo malainformazione e volontà di operare con i soldi degli altri ed i beni degli altri. Dal canto mio non vorrei mei nè comprerei un bene appartenuto alla cosiddetta Mafia.

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