Cominciamo dalla fine. Cominciamo cioè dalla recente denuncia di Rifondazione relativa al porto turistico che dovrebbe nascere a sud dell’attuale porto commerciale, all’inizio della Plaia. Il motivo della protesta è duplice perché due sono gli aspetti preoccupanti: il pericolo di una cementificazione del territorio e il modo scorretto con cui si è giunti a ritenere idoneo il progetto.
Per quanto riguarda il secondo problema, cioè il metodo, proviamo a ricostruire l’andamento della vicenda, come fa anche il comunicato stampa di Rifondazione.
In risposta ad un bando emesso dall’Autorità portuale, furono presentate alla fine degli anni ’90 “cinque domande di concessione di parti del demanio marittimo” per realizzare un porto turistico all’altezza del faro Biscari. Per valutare le proposte fu convocata una conferenza dei servizi, che sarebbe poi risultata la più lunga della storia…
La sua data di nascita si colloca nel giorno 30 ottobre del 2001 e ci si sarebbe aspettati che intervenisse subito la sua chiusura, essendo stati espressi pareri negativi su tutti i progetti presentati, tra cui quello facente capo a Francesco Bellavista Caltagirone e alla sua Acqua Pia Marcia, tristemente famosi a Catania.
Ma la conferenza non era destinata a morire, bensì ad essere “sospesa”. Dopo tre anni, nel 2004, la farà risorgere il sindaco Scapagnini, con la sua originale richiesta, alle società presentatrici, di aggiornare i progetti sulla base di una ipotesi di Piano del Porto, che era talmente “ipotetica” che sarebbe stata bocciata da una commissione comunale nel 2007.
La conferenza mai chiusa, e sempre “ibernata”, è stata di recente riconvocata dal commissario ad acta nominato dal Tar su richiesta della società Acqua Marcia. Il commissario ha scelto un tecnico che, guarda caso, ha valutato il progetto della società Acqua Pia Marcia come il più idoneo.
Come si può vedere, una procedura che si può definire eufemisticamente singolare! Anche perchè rimane aperto il problema se il commissario abbia davvero questo potere di scelta, che viene così sottratto al Comune e alla cittadinanza.
Ma c’è dell’altro e riguarda il merito del progetto.
Sin dalla sua presentazione (2001), questo progetto fu avversato dalle associazioni ambientaliste a causa sia dell’impatto sulla Plaia, che sarebbe stata parzialmente invasa, sia del prospettato interramento della foce del torrente Acquicella. Non piaceva, inoltre, che -come nel caso del progetto Tood’s- fossero presentate come strutture di servizio edifici destinati ad accogliere attività non inerenti alla nautica da diporto come un centro commerciale e un albergo.
Successivamente Italia Nostra assunse una posizione più morbida, partendo dal presupposto che, volendo soddisfare la domanda di portualità turistica, il porto a sud appariva il male minore rispetto a quello prospettato a nord. Non intaccava infatti la scogliera, di gran pregio paesaggistico, e non comportava gravi problemi di traffico, data la presenza dell’asse dei servizi.
Non per questo l’associazione accettava il progetto così com’era. In data 25 gennaio 2010, l’architetto Pavone, presidente di Italia Nostra, ha inviato al Sindaco, all’Autorità portuale e alla Sovrintendenza una “richiesta di modifiche per esigenze di tutela ambientale” chiedendo l’eliminazione dal progetto “del corpo 10 e del corpo 12” (vale a dire del centro commerciale e dell’hotel) e la sistemazione a verde della relativa area per poter meglio salvaguardare e valorizzare il torrente Acquicella, di cui si rifiutava l’interramento.
Pochi giorni fa, tuttavia, Pavone ha espresso una posizione diversa, intervenendo all’interno di un dibattito a più voci sui porti turistici, ospitato recentemente da La Sicilia, a cura di Pinella Leocata. Ha dichiarato infatti di ritenere convincente la proposta di procedere, così come previsto dal Piano regionale, ad una specializzazione delle funzioni portuali.
In questa ottica, Catania potrebbe specializzarsi nella portualità turistica mentre ad Augusta, dotata di fondali più profondi e molto ben collegata a Catania e all’interporto, sarebbe trasferita la portualità commerciale. Il tutto sotto un’ unica Autorità portuale. Analoga posizione è stata espressa da Lipu e WWF.
Questa proposta, che assume un’ottica metropolitana e non localistica, eviterebbe la costruzione di nuove strutture portuali (e di tutto il codazzo di strutture non strettamente pertinenti) e consentirebbe di concentrare le risorse nella riprogettazione e riorganizzazione dell’attuale porto cittadino, per venire incontro alle varie tipologie di imbarcazioni turistiche, dalle piccole alle medie, fino alle grandi navi da crociera.
La vicinanza del centro storico, con il suo barocco, i suoi ristorantini, i suoi teatri e le altre attrattive della città, unite alla bellezza dei dintorni e alla unicità dell’Etna, potrebbero costituire un forte richiamo per i turisti provenienti dal mare.
Si eviterebbe così la cementificazione che giova solo agli interessi dei grandi costruttori e si otterrebbe un alleggerimento del traffico urbano, con vantaggi per residenti e turisti.
Nella prospettiva di una forte crescita dei trasporti marittimi, che diventano sempre più concorrenziali rispetto a quelli aerei, è necessario migliorare soprattutto la qualità e la professionalità del servizio e questo significa che la specializzazione è preferibile alla polifunzionalità.
Lo ha giustamente osservato l’ing. Franca Leonardi nella conversazione con la Leocata, aggiungendo però, con molto realismo, che non basta che un progetto sia buono, bisogna considerare “quali sono gli interessi che si muovono sul campo, interessi che, a loro volta, dipendono dai “soggetti attuatori” senza i quali, o contro i quali, anche il progetto migliore non viene realizzato”.
Oltre ai privati, intanto, di parere diverso si è dichiarato anche Santo Castiglione, presidente dell’Autorità Portuale di Catania, che ha sottolineato come ci sia stata nel porto di Catania una crescita delle attività commerciali, che a suo parere non vanno trasferite altrove. La decisione di realizzare una nuova darsena commerciale all’interno del porto, conferma questo orientamento.
Purtroppo gli interessi particolari non sempre remano a favore del benessere della collettività. A maggior ragione se la collettività tende ad essere passiva e acquiescente. Potremmo provare a non esserlo, almeno questa volta.
Sembra infatti che già questa pubblica discussione, con i suoi vari interventi, stia avendo delle ripercussioni sulle posizioni espresse dal Comune, più prudenti sulle possibilità di cementificazione dell’area e più consapevoli -almeno a parole- del ruolo di controllo che l’ente locale dovrebbe esercitare sull’operato dei privati.
Lo si evince dalle dichiarazioni dell’assessore all’urbanistica Luigi Arcidiacono. Sempre che alle parole seguano i fatti e che non si aspetti che si spengano i riflettori per riprendere ad operare nell’ombra. Anche perchè comunque bisogna attendere che dai progetti di massima si passi ai progetti esecutivi. Non ci resta che continuare a vigilare…
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