Sì, la libertà e la sopravvivenza della stampa locale indipendente ci interessano. Anche se non stampiamo nulla e non siamo ufficialmente un giornale, cerchiamo di fare informazione e ci vantiamo di essere indipendenti.
L’idea, tuttavia, che la regione possa erogare dei contributi per sostenere l’informazione periodica locale ci lascia perplessi. La proposta è stata presentata venerdì scorso al centro culturale Midulla, in pieno San Cristoforo, da Concetta Raia, parlamentare regionale del PD, insieme ad altri esponenti del partito, per iniziativa dell’associazione culturale Graffiti. Si è discusso della necessità che la Regione Sicilia si doti di una legge regionale sull’editoria periodica locale, soprattutto ora che, con la riforma del’articolo quinto della Costituzione, il settore è diventato di competenza regionale. Altre regioni lo hanno già fatto. Ad esempio il Piemonte
Il PD ha preparato una bozza di legge e sono stati inviati a discuterne alcuni dei protagonisti della informazione locale: Faillaci per Step1, Consoli per Universitinforma (free press cartaceo), Pinella Leocata, come giornalista e soprattutto come rappresentante dell’Assostampa, e Fabio Tita, penalista e legale di molte testate indipendenti.
I relatori, più che esprimersi sul testo della proposta (che non era stato reso noto in anticipo e necessitava di una riflessione) hanno parlato della propria esperienza. Della difficoltà di essere giornalisti oggi, e in particolare a Catania. Costretti dalla contrazione del personale e da una sorta di destrutturazione della professione, a trasformarsi in “operai”, segretari e tecnici. Costretti a lavorare sulle comunicazioni degli uffici stampa, senza il tempo di fare inchieste o di guardarsi attorno per capire. Senza spazi per una riflessione critica. Sempre più spesso precari. Costretti a scegliere tra l’abbandono del giornalismo per restare in Sicilia e l’emigrazione, se non si ha lavoro. E così l’informazione non c’è più.
Lo spazio per osservare la realtà e far circolare le informazioni non addomesticate può essere riempito dalle testate indipendenti, sempre, però, a corto di soldi e alla ricerca di inserzioni pubblicitarie che permettano di sopravvivere. E soprattutto sempre a rischio di essere autoreferenziali, capaci di raggiungere solo circuiti ristretti di persone. E poi l’informazione via web, che via via conquista lettori e suscita interesse. Utilizza modalità nuove e risponde a nuove esigenze. E pone anche nuove problematiche. Ma di questo in realtà non si è discusso. Se ne è fatto solo, genericamente, cenno. E la proposta avanzata riguarda di fatto solo le testate a stampa.
Se il problema principale è quello dei soldi, come ha brutalmente detto Faillaci al convegno, prevedere un aiuto economico regionale in varie forme, potrebbe essere una risposta. Ma lo è davvero? Molti i nostri dubbi. Ammesso che ci siano i presupposti politici per far approvare una legge di questo tipo (e ci sarebbero solo se interessasse anche ad altri soggetti politici), chi se ne gioverebbe? Quando si parla di contributi, statali o regionali che siano, appare lo spettro del clientelismo. Tutti hanno gli amici di cui si fidano o che vorrebbero favorire. Anche i partiti di sinistra. Tanto più quei partiti che oggi tengono saldamente le leve del comando e i cordoni della borsa.
Meglio allora cercare di offrire all’informazione indipendente maggiori garanzie legali? Ma, anche in questo caso: sono le leggi quello che manca? Unica proposta concreta avanzata: un fondo di garanzia che aiuti giornalisti e testate a sostenere le spese legali, spesso onerose, dei processi nati dalle querele. Anche in questo caso, una questione di soldi.
Un altro dubbio. Nell’ultimo articolo della proposta di legge si parla di interventi di sostegno e, in particolare, della realizzazione di corsi di qualificazione professionale. Ma non abbiamo già tre facoltà di Comunicazione nel nostro Ateneo? Non stiamo proponendo interventi che hanno poco di originale e creano presupposti di gestione clientelare?
A conti fatti, i problemi sono rimasti sul tappeto. E non tutti sono stati focalizzati. La politica ha speso, anche in questo caso, molte, troppe parole. Ha voluto mostrare interesse per il problema e questo è positivo. Ha voluto mostrare interesse anche per i soggetti che fanno attualmente a Catania un’informazione indipendente. Forse avrebbe voluto anche catturarne il consenso.
Ma se era questo l’intento degli organizzatori, l’obiettivo non è stato raggiunto. Scarso, infatti, il pubblico presente in sala. E, relatori a parte, quasi nessun rappresentante della informazione libera. Che è stata libera di non partecipare.
Leggi la proposta di legge regionale
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