Sabato 18 ottobre, nei pressi del Teatro Massimo di Catania, il circolo Officina Democratica e il circolo PD Catania Centro hanno promosso una giornata di confronto nell’ambito della Festa dell’Unità. Un appuntamento scandito da dibattiti e interventi su quattro temi centrali: la sfida educativa contro le mafie, la sostenibilità urbana, il futuro della città e la Flottilla.
L’iniziativa si è contraddistinta per il segno di apertura verso la società civile e il mondo delle competenze, un terreno su cui il partito sembra voler ricostruire un legame con la città, in continuità con il dialogo avviato lo scorso anno a Palazzo Platamone da Officina Democratica, quando le associazioni furono invitate a formulare proposte e richieste alla politica e al PD.

Sul tema della povertà educativa, l’intervento di Giusi Scalia (Responsabile dell’Ufficio Piano del Distretto Sanitario di Gravina), incentrato sulla necessità di ascoltare le nuove generazioni, ha raccolto largo consenso. A quello di Adriana Laudani è stato tributato un lunghissimo e convinto applauso. Nel panel sulla sostenibilità, particolarmente apprezzata la relazione introduttiva di Achille Parisi, dedicata alla gestione dei rifiuti, con proposte per migliorare la raccolta differenziata e la denuncia delle irregolarità negli appalti. Molto efficace anche il contributo di Michela Le Pira, ricercatrice di trasporti all’Università di Catania. Assai seguiti gli interventi su San Berillo di Nino Bellia (OULP) e quello di Giusi Milazzo (Sunia Cgil) sul diritto alla casa.
Dal confronto è emerso un dialogo nuovo tra partito e società, un segnale della volontà di superare chiusure e autoreferenzialità.
Arturo Scotto, reduce dalla missione della Flottilla, e Sergio Lima (PD regionale) hanno concluso la manifestazione. Molto intenso il recital di poesie affidato a Nicola Tuttolomondo e Milena Giuffrida.
La rinascita di Catania
Il momento politicamente più denso è stato, però, quello dedicato alla rinascita di Catania, nodo strettamente legato al dibattito sul nuovo Piano regolatore e sulle prospettive di sviluppo della città.
Proprio in questa sessione, la platea è rimasta sospesa, quasi sorpresa, non per un colpo di scena, ma per l’effetto di due visioni contrapposte sul futuro di Catania: due modi diversi di immaginare la stessa rinascita, espressi nello stesso dibattito e sotto lo stesso titolo — “Catania, città che rinasce.”
Parla per primo l’architetto Mario Caruso, noto per il grattacielo “verde” di Ognina e autore della proposta di Piano Urbanistico Generale per il PD catanese. Sorriso elegante, tono sicuro, linguaggio da brochure: sostenibilità, competitività, attrattività. Prima ancora della città, ci spiega, abbiamo «guardato cosa facevano gli altri».
Parola chiave: benchmarking. Tradotto: copiare le città-vetrina, da Barcellona a Lisbona, per attirare studenti “di fascia alta”, pensionati benestanti, categorie con carte di credito ad alto funzionamento. La città come brand, i quartieri come poli attrattivi. I cittadini come target. Rigenerazione urbana come passepartout. City Marketing, recitato non con la ruvidezza di un von Hayek, ma con il politically correct da ZTL
Un modello di città da cui molte metropoli stanno già fuggendo – travolte da turisticazione, caro-vita, espulsione dei residenti – ma dentro il quale noi dovremmo entrare, a testa bassa.
Poi prende il microfono Antonio Riverso, vicepresidente dell’UIA (Unione Internazionale degli Architetti). Un altro mondo. La città per l’uomo, l’umanesimo integrale, l’incontro, lo scambio. No ai grattacieli modello Milano, al cemento che divora giardini e sciare millenarie. Sì a cuciture lente, interventi omeopatici, rigenerazione sociale prima che urbanistica. Citazioni delle opere di uno studioso radicale come Henri Lefebvre, il padre del “diritto alla città”.
Un vero e proprio controcanto alla visione affacciata da Caruso. La città come diritto, non come investimento.
In platea, i militanti oscillano. Applaudono entrambi. Applaudono il grattacielo e il chiostro, la città vetrina e la città-comunità. Applaudono tutto. E quella contraddizione non è un incidente: è l’identità del PD di oggi. Spia a sua volta di una cesura tra gruppo dirigente ed elettori, quel popolo di sinistra che nonostante tutto resiste e attende una nuova stagione politica.
E allora ecco il progetto, quello vero e realistico. Non la poesia di un Riverso ma la prosa di Caruso. Sciorinata come un dépliant:
- Librino destinato a rinascere come polo artistico
- Zona industriale trasformata in polo produttivo cinematografico
- Plaja, nuova capitale degli per sport acquatici
- Centro congressi dietro il porto
Le prime tre? Nebbia. Nessun piano, nessun fondo. La quarta? Chiarissima. Già apparecchiata.
Viene quasi il sospetto: Librino, Plaja e cinema sono fumo. L’unico arrosto è il centro congressi. Con nomi e cognomi già scritti. Con sindaco e Urbanistica, già da tempo al lavoro, pancia a terra.
Il decreto Caivano piegato al cemento
Il disegno si coglie meglio guardando la scuola Dusmet-Doria. Con i soldi del decreto Caivano – fondi per il disagio sociale – non si rigenera. Si demolisce. Si abbatte la scuola e si ricostruisce 40 metri più in là. Dieci milioni di euro per spostarla. Dieci milioni sottratti al quartiere, alle sue emergenze. Mentre esistevano altre fonti di finanziamento, PNRR in testa, per rinnovarla con tanto di palestra, mensa e auditorium. Senza toccare suolo.

Perché rigenerare una scuola non libera terreno. Spostarla, sì. Quell’area diventerà la porta d’accesso al centro congressi. Con la “Rambla”, pensata non per il quartiere, per permettere ai bambini di muoversi liberamente, ma nata e realizzata per i turisti.
Tutto procede con rapidità inusitata: espropri lampo, acquisti di suoli dai proprietari dell’ex conceria (su cui sorgerà la scuola), il deus ex machina Bisignani che rassicura la città sui tempi di realizzazione. Quando emergono i nomi dei Caruso di Paternò (proprietari dell’ex cementificio su cui dovrebbe sorgere, dietro il porto, il Centro Congressi e molto altro) – e l’ intermediazione di Pogliese, padre dell’ex sindaco – il Comune non discute. Esegue.
È un modello che si ripete, non solo a San Cristoforo. A ricordarlo, con lucidità, è Giusi Milazzo, segretaria del Sunia: 50 mila case vuote, locazioni brevi che soppiantano gli affitti alle famiglie, quartieri privi di funzioni e servizi. Catania è già una città in mano ai turisti. Si parla ossessivamente di rigenerazione urbana, ma il punto di partenza dovrebbero essere le case, le abitazioni per chi ci vive. Senza una visione diversa, la città ha un destino segnato: si chiama gentrificazione.
E il PD? Da un lato presenta un’interrogazione (con il M5S) sull’abbattimento della scuola, dall’altro Il capogruppo in Consiglio comunale, il professor Caserta, ringrazia il sindaco per “aver portato i soldi del decreto Caivano a San Cristoforo”. Senza neanche chiedere conto del come sarebbero stati utilizzati. E vota a favore di quell’ode al cemento che hanno chiamato Piano regolatore portuale, funzionale anche allo sviluppo del centro congressi destinato a “sorgere alle sue spalle” cui il PD si dice del tutto favorevole.
C’è chi chiama tutto questo sviluppo. Altri, più semplicemente, lo chiamano: valorizzazione dei suoli, rendita immobiliare, ciclo del cemento. Tutto il vecchio riconvertito in un linguaggio nuovo.
Se dentro il Pd c’è ancora qualcuno che la pensa diversamente, è il momento di dirlo. Perché il tempo delle scelte — a Catania come nel Paese — non può più essere rimandato.


In effetti, se non si avesse la sicurezza delle integrità delle persone e dei loro buoni intendimenti, ci sarebbe da preoccuparsi. In ogni caso, non si può non rimanere profondamente perplessi per l’assenza di attenzione verso il mondo reale della città.
La Sinistra è la Destra che credevamo di conoscere si sono evolute in un Centro Destra – Sinistra (o viceversa) che ben si adatta alla finanziarizzazione della politica. Di Politica s.s. se ne discute solamente ai margini o negli anfratti della società sana.
In questa città tutto è già segnato. Manca una visione generale, veramente di svolta, su come disegnarla, su come realizzarla.
Ci vorrebbe qualcuno capace di fare un volo pindarico, di un alto senza pregiudizi, per pensare ad una bellezza civica d’insieme, a un progetto unico rivolto al bello, dico al bello non al lussuoso che è un’altra cosa.
Ma come dicevo già tutto è segnato. Manca un moderno Vaccarini meno ancora un Principe di Biscari, quest’ultimo nel significato di uomo dotato di nobiltà d’animo e di mezzi.
Catania, penso, è abbandonata ormai a una realizzazione speculativa priva di anima.
Il problema reale è quello di continuare a considerare il PD cone un partito “di sinistra”…
Nel testo dell’articolo, nella luce sulla contraddizione lancinante ci sono tutti motivi per i quali, pur iscritta al PD nel Circolo della gloriosa Sezione Grieco che ospita OFFicina Democratica, io non sono andata ad assistere e a partecipare a questo evento.
Sono contraria al voto favorevole del Consigliere Comunale professor Maurizio Caserta a favore del Piano Regolatore Generale dell’Autorità Di Sistema Portuale della Sicilia Orientale, ma d’accordo con il Consigiere ingegnere Matteo Bonaccorsi che ha votato contro.
Sono contraria al Grattacielo Verde dello studio “Caruso Bonanno”, a mio avviso benficiario di una variante ad hoc di quanto previsto nel pur vecchio PRG di Catania ancora non rimpiazzato da altro strumento urbanistico non a caso. Non condivido in alcun modo l’intento di sfuttamento e lo stravolgimento delle aree del e a ridosso del Porto Storico, contraria alla visione del corpo della città come un mercato delle aree da liberare per la sostituzione massiccia dell’esistente per lanciare un malinteso quanto superato senso del “rinnovamento Urbano”. La stessa Tokyo già da tempo ha abbandonato questa direzione nella quale per certi versi è stata pioniera ed ha ripiegato sul recupero e sugli inserti alla piccola scala, a scala umana.
Sono favorevole al rimagliare e ricucire, al recupero di alloggi dalla piccola alla media scala che possano attrarre la mescolanza dei cittadini e delle classi sociali basse, medio-basse e medie definite tali solo per il parametro del reddito. Per il resto si tratti di cittadini normali in una realtà che ricostruisca parametri identitari pur se ibridati da tutte le mixité dell’oggi.
Il PD che io spero di contribuire a rafforzare è quello che possa tornare a calcare la strada aperta da Enrico Berlinguer , la strada di coloro che al diapason del renzismo e poi di Letta hanno sofferto uscendosene, quella di coloro che, soffrendo ma credendo sono rimasti fino a che i fuoriusciti verso sinistra non hanno visto una prospettiva di sinistra da ricostruire rientrando per il progetto di Elli Schlein Segretaria.
“…ci sarebbe da preoccuparsi. In ogni caso, non si può non rimanere profondamente perplessi per l’assenza di attenzione verso il mondo reale della città.” Certo, anch’io sono preoccupato. Ma non certo sorpreso!