Catania, dal sogno di Meloni al disastro Trantino

3 mins read
il sindaco Trantino con il duomo e parte della piazza sullo sfondo

Catania avrebbe dovuto essere il fiore all’occhiello di Giorgia Meloni: l’unica grande città guidata da un sindaco di Fratelli d’Italia, Enrico Trantino. Il 2025 doveva essere l’anno della consacrazione. Si sta rivelando, invece, un calvario.

Città fuori controllo

L’anno era iniziato con i fuochi d’artificio: il concertone di Capodanno in diretta su Mediaset proiettava la città sulla ribalta nazionale tra annunci di grandi progetti infrastrutturali, turismo internazionale, governo efficiente.

Da allora, però, i riflettori si sono accesi solo su sangue e degrado: l’omicidio di un 21enne al Fortino, lo stupro di gruppo di una tredicenne nella villa comunale, l’arresto per fatti di mafia dell’ex presidente del Consiglio comunale Giuseppe Castiglione, le corse clandestine di cavalli a colpi di pistola, l’assassinio di Santo Re, i raid armati nei quartieri popolari. Fino all’ennesima tragedia di queste ore: l’uccisione del quarantenne Alessandro Indurre.

Un sindaco assente

E il sindaco? Non c’è. Nei momenti più drammatici la città cerca un punto di riferimento e trova il vuoto. Dopo l’omicidio di Santo Re aveva solo parole di odio verso gli stranieri: “Certi soggetti non meritano la nostra generosità. Se ne devono andare.” Parole gravissime, irresponsabili, che rischiavano di innescare una spirale di caccia alle streghe. Solo l’intervento dell’arcivescovo Luigi Renna riportò equilibrio e responsabilità.

Oggi, di fronte a una nuova tragedia collettiva, Trantino mostra la stessa inadeguatezza: dichiarazioni confuse, analisi sfilacciate, la solita ricetta fallimentare del “pugno di ferro”. Come se sgomberi e blitz non ci fossero già stati. Politiche securitarie che da decenni producono solo solitudine, degrado e violenza.

Ammonisce, non governa

Il sindaco appare più a suo agio nei panni del pedagogo che in quelli del governante. Non amministra: ammonisce. Dalla raccolta differenziata alle campagne contro gli automobilisti indisciplinati, preferisce impartire lezioni ai cittadini piuttosto che affrontare i problemi strutturali: organizzazione, controlli, appalti, servizi.
Quando deve decidere davvero, ad esempio in difesa dei beni pubblici, scompare. Toccare gli interessi della famiglia Testa sul porticciolo di Ognina? Meglio evitare.


Nonostante provi, contro ogni evidenza, ad auto-rappresentarsi come colonna portante della città, appare sempre più smarrito, vago, fuori ruolo. E i numeri lo confermano: secondo l’ultimo sondaggio – pubblicato non da un foglio estremista, ma dal quotidiano di Confindustria – Trantino ha già perso 12 punti di consenso.

Il nuovo sacco edilizio

Ma la questione va oltre Trantino e le guerre interne alla maggioranza. Il disegno politico è chiaro: continuità col passato, cementificazione senza limiti, turismo di lusso al posto dei diritti sociali. Ieri i cavalieri del lavoro e i mediatori alla Drago. Oggi il rapporto diretto con il governo nazionale, i soldi del Pnrr, le risorse europee e i fondi finanziari internazionali in cerca di rendimenti rapidi.

A guadagnarci sono sempre gli stessi: rentiers, proprietari di terreni e immobili, i ceti dominanti di sempre. Al vecchio mito della “Milano del Sud” se n’è sostituito un altro: la capitale del turismo. Tradotto, la città dei ricchi, con i ceti popolari spinti ai margini per far posto a turisti e upper class.

Emblematica la trasformazione degli investimenti sociali per San Cristoforo (il cosiddetto “decreto Caivano”) in sostegno all’economia del cemento e del turismo: una scuola spostata di 40 metri per valorizzare i terreni dell’ex cementificio destinati a suite di lusso e centri congressi.

Laboratorio neoliberista

Il racconto patinato della “città normale”, riproposto dal dirigente dell’Urbanistica, rivela il suo opposto. Altro che città normale: qui si consuma un sacco del territorio senza precedenti – porto, scogliera d’Armisi, ferrovia, stazione centrale, aeroporto, interporto, termovalorizzatore.

Avanza un modello brutale: neoliberista, piegato al mercato e al profitto. Una città senza prospettive radicate nel territorio, senza protezione per i più deboli, con un’amministrazione piegata ai potenti. Intanto lo Stato sociale – già fragile nel Mezzogiorno – viene distrutto, la sanità pubblica smantellata a favore dei privati. È la direzione del governo Meloni, segnata dall’alleanza con Trump.

Morti violente, dispersione scolastica, disoccupazione, lavoro nero, disagio sociale: tutto ridotto a “prezzo da pagare” sull’altare della città competitiva.

Catania, una delle città più fragili del Paese, si è trasformata in un laboratorio politico e sociale. La domanda è semplice: le opposizioni sapranno essere all’altezza della sfida, difendendo il diritto alla città?

Leggi anche Il ragazzino con la pistola e l’emergenza negata

3 Comments

  1. @Argo i fascisti mostrano il vero volto delle loro presunte capacità

  2. Quale opposizione? Quei partiti più impegnati sui temi internazionali e totalmente scollati dalla realtà della città? Quella che non ha leader abbastanza carismatici e attrattivi? O quella che pensa più a tematiche come gay, immigrati, insomma tutti quei temi che garantiranno lunga vita alla destra? Il giorno prima dell’omicidio dí Alessandro il pd siciliano ha fatto un video pro immigrazione. Ho detto tutto

  3. Catania, una città meravigliosa , ridotta allo sbando dalla sua classe dirigente. Ringrazio sempre Argo per la lucidità di analisi e per la sua capacità di ” esserci”. Spero in una mobilitazione dei cittadini consapevoli , alla quale mi unirò senza esitare.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Gli ultimi articoli - Enti Locali