“Tornerò, ci vedremo presto”. Così Tiziana Roggio, augustana di origine, chirurga al S. George’s hospital di Londra, ha salutato colleghi e pazienti prima di lasciare l’ospedale Nasser, nella striscia di Gaza
“Se ci saremo ancora”, questa la risposta ricevuta da chi è rimasto.
Ospite del centro Piano Terra – Orti Sociali, uno spazio di ascolto che ad Augusta tiene alta l’attenzione su quanto accade nel territorio a partire dalla cura e dal rispetto per la terra, insieme con rappresentanti della Freedom Flotilla e di parte degli equipaggi delle navi umanitarie presenti nel porto siciliano, ha raccontato ai tantissimi cittadini presenti la sua esperienza.
La prima difficoltà è stata quella di entrare a Gaza, è Israele, infatti, che decide, senza dare alcuna motivazione, chi può accedere nella Striscia, che tipo e quanti oggetti può portare con sé, anche se le maglie sono più larghe per chi proviene dagli USA, un dato che non ci stupisce per niente.
Nel caso di Tiziana, nella sua valigia strumenti di lavoro e cibo per un mese, a conferma della difficilissima situazione alimentare, una vera e propria carestia resa progressivamente più drammatica dal criminale blocco degli aiuti umanitari. Una carestia che ha stroncato coloro che soffrivano di gravi patologie. In sostanza, o muori a causa dell’invasione, o muori perché, data la situazione, non è possibile curarsi e/o sfamarsi.
Ma puoi morire anche quando l’esercito, o organizzazioni collaterali, gestiscono ridicole distribuzioni di viveri per raggruppare parte della popolazione e colpirla con le armi da fuoco, come è avvenuto in questo ultimo periodo.
Casa sua è stata l’ospedale Nasser, una delle ultime strutture ancora in grado di funzionare (parzialmente), che ospita 500 pazienti pur disponendo, normalmente, solo di 300 posti. In terapia intensiva su 50 pazienti 15 sono bambini. Bambini quasi sempre, viste le ferite, volutamente colpiti dai cecchini. Del resto, Yair Golan, presidente del partito di sinistra israeliano dei Democratici, ha accusato il governo di “uccidere i bambini per hobby” nella Striscia di Gaza.
Ancora, scarseggia il materiale, in particolare quello monouso e gli antibiotici, per cui occorre inventare, con quello che c’è, le possibili soluzioni/terapie. Il numero di pazienti traumatizzati, tantissimi i bambini sotto i dieci anni, è enorme, nessun paragone è infatti possibile con i pazienti del S. George’s hospital di Londra, pur essendo, quest’ultimo, uno dei più grandi ospedali britannici. Ma anche il Nasser è stato in parte colpito dai bombardamenti e questo determinerà ulteriori conseguenze negative, soprattutto rispetto alla produzione dell’ossigeno medicinale, che questo centro garantisce al Paese.
Rimanere sempre in ospedale non è stata una scelta, ma la conseguenza dell’impossibilità di muoversi, anche per brevi tratti, senza rischiare la vita. Fuori, la popolazione è, invece, costretta continuamente a spostarsi a piedi, poiché l’esercito israeliano ha diviso Gaza in tanti “quadrati” che, di giorno in giorno, vengono colorati di rosso per indicare le zone da bombardare.
Alla domanda se ci fossero tunnel sotto l’ospedale, la chirurga ha risposto di non averne visti e ha ricordato come l’esercito abbia sinora mostrato, ai pochi giornalisti ammessi, solo la parte iniziale di questi cunicoli, senza permettere a nessuno di esplorarli, neanche in parte.
Tanti hanno chiesto cosa si può fare, al di là dell’indignazione. E, in questo caso, la chirurga e i volontari della Frredom Flotilla sono stati del tutto d’accordo. Come richiesto dai Gazawi, negli ultimi giorni colpiti anche dal blocco delle comunicazioni, il primo obiettivo è quello di evitare che cali il silenzio sul genocidio, e ognuno di noi può contribuire.
