Agosto 1980, strage alla Stazione di Bologna da parte di organizzazioni terroristiche neofasciste. Grazie ai familiari delle vittime che, con il loro impegno coerente e continuo, hanno permesso che si affermasse la verità.
Ricordando quanto accaduto in un lungo periodo di attentati e stragi organizzate dalle forze neofasciste e in episodi recenti, proponiamo un articolo di Paolo Borgna, già magistrato, presidente dell’Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea, studioso di storia e di diritto, editorialista de L’Avvenire, da cui questo articolo è tratto .
Dopo l’aggressione al giornalista Andrea Joly, abbiamo sentito, anche da parte di prestigiosi storici, che la decisione di sciogliere CasaPound, ai sensi della Legge Scelba, «non spetta al politico ma al giudice». Non è propriamente così. A costo d’essere pedanti (ma quando si parla di leggi si impone la precisione) ricordiamo alcuni punti fermi.
Come è noto, la XII disposizione finale della Costituzione al I comma vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. La legge attuativa di tale disposizione è la Legge 645/1952, da tutti conosciuta come “Legge Scelba”, che prevede tre reati.
La riorganizzazione del disciolto partito fascista. E qui la legge (diversamente dalla generica lettera della XII disposizione) dà anche una precisa definizione di partito fascista, che va ben oltre il richiamo al Pnf (come invece avrebbe voluto Togliatti): ai fini della XII disposizione (comma primo) della Costituzione, si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando una associazione o un movimento [la Legge Mancino del 1993 aggiungerà: o comunque un gruppo di persone non inferiori a cinque] persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politico o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principii, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista.
Il secondo reato previsto dalla Legge Scelba è l’apologia del fascismo (art. 4): la condotta di chi pubblicamente esalta esponenti, principii, fatti o metodi del fascismo oppure le finalità antidemocratiche proprie del partito fascista. Infine, all’art. 5 è previsto il reato di manifestazioni fasciste: chiunque con parole, gesti o in qualunque altro modo compie pubblicamente manifestazioni usuali al disciolto partito fascista.
Poi, l’articolo 3, disciplina due possibili modalità di scioglimento di un partito fascista. Un primo caso, come conseguenza di una sentenza penale di condanna: qualora con sentenza risulti accertata la riorganizzazione del disciolto partito fascista, il ministro dell’interno, sentito il Consiglio dei ministri, ordina lo scioglimento e la confisca dei beni dell’associazione, del movimento o del gruppo.
Si noti: anche in questo caso non è il giudice penale che dispone lo scioglimento. Ma, emessa la sentenza di condanna, il giudice trasmette la sentenza al ministero dell’Interno, che adotta il decreto di scioglimento. È ciò che accadde negli unici due casi di scioglimento di gruppi neofascisti in forza della Legge Scelba: nel 1973 per Ordine Nuovo e nel 1976 per Avanguardia Nazionale.
Ma c’è una seconda strada per giungere allo scioglimento, indipendentemente da una sentenza penale di condanna, su diretta iniziativa del Governo: nei casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo, sempre che ricorra taluna delle ipotesi previste nell’art. 1, adotta il provvedimento di scioglimento e di confisca dei beni mediante decreto-legge ai sensi del secondo comma dell’art. 77 della Costituzione. Questa seconda procedura non è mai stata attuata ma è ben possibile.
La legge Scelba può anche non piacere. Si può pensare (come chi scrive) che non basta una legge repressiva per estirpare i rigurgiti squadristi e la violenza organizzata. Ma è una legge dello Stato e, come tale, va applicata. Ebbene, si rileggano le norme che abbiamo citato e poi si leggano le parole d’ordine di CasaPound, la sua esplicita rievocazione ed esaltazione del fascismo (in particolare del fascismo di Salò), la sua capacità organizzativa, l’uso proclamato e concretamente attuato della violenza. E si dovrà convenire che siamo davanti ad un caso di scuola di possibile applicazione della Legge Scelba.
Dunque: se si vogliono chiudere i covi da cui partono aggressioni fisiche contro inermi cittadini che semplicemente si sono permessi di passare davanti a una loro sede e di scattare qualche foto, non c’è bisogno di introdurre nuovi reati, nuove aggravanti o pene più severe. Non c’è bisogno di proclami. È sufficiente applicare una legge scritta 72 anni fa da un democristiano conservatore di ferro come Mario Scelba.