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Alla scuola ‘Di Guardo Quasimodo’ vivono progetti straordinari. Una speranza per tutta la città

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Quando vai a San Giovanni Galermo tutto lascia pensare al peggio: i palazzoni sorti a caso come scheletri di cemento lasciati a marcire, il bitume sconquassato, viuzze ritagliate a stento tra case costipate l’una sull’altra, sorte nell’arco di una notte. Forse tra i nostri quartieri è quello che più si avvicina ad un trattato di sociologia criminale a cielo aperto.

Che ti puoi aspettare da un posto così? Eppure qui avvengono, se non miracoli, cose fuori dall’ordinario. Qui ci sono presidi e insegnati che cambiano la realtà che li circonda, facendo vivere agli studenti esperienze straordinarie, trasformative della visione del mondo, costruendo insieme a loro concetti, sentimenti e pratiche che resteranno dentro di loro per tutta la vita.

E’ quello che abbiamo pensato partecipando, presso l’Istituto ‘Di Guardo Quasimodo’ di San Giovanni Galermo, alla presentazione del progetto “Costruiamo una rete di Pace” mentre i relatori ci restituivano il percorso compiuto, la rete di relazioni umane e persino “diplomatiche”, che hanno costruito con scuole e insegnanti della Giordania e della Tunisia.

Un progetto di grande ricchezza che si è materializzata dinanzi ai nostri occhi, quando le ragazze e i ragazzi hanno portato sul palco la loro rappresentazione della pace, la necessità e l’urgenza della pace, la follia della guerra. Uno spettacolo costruito sulle note de ‘La Guerra di Piero’, eppoi snodatosi tra insostenibili echi di bombardamenti e colpi secchi di mitragliatrici, fino alla parte finale che ha richiamato l’esigenza di una nuova convivenza tra gli esseri umani. Uno spettacolo costruito con le parole degli studenti e con i loro corpi. Qualcosa di commovente. E dietro tutto questo intravedi mesi e mesi di lavoro, di accompagnamento da parte delle loro insegnanti.

Gli incontri di formazione dei docenti con Carlos Palma, uruguayano vissuto per 30 anni in Medio Oriente, fondatore della rete mondiale ‘Living peace international’, gli incontri in video collegamento tra i ragazzi delle scuole aderenti al progetto, al di qua e al di là del Mediterraneo, la personalizzazione dei dadi di pace, su ognuna delle cui facce i ragazzi hanno rappresentato un’azione di pace, l’obiettivo da raggiungere modificando i propri comportamenti. E ancora, il diario di pace, i mandala colorati solo in parte perché i coetanei oltre il mare li completino come segno di un impegno comune. Grandi e piccole azioni, che sono sempre azioni che educano a valori da rispettare, non in astratto ma imparando il rispetto degli altri, dei luoghi, del territorio. Fino al Time Out, il minuto di silenzio, in cui tutti, contemporaneamente, sospendono le attività perché ognuno possa raccogliersi in una riflessione, in una preghiera, in un pensiero. Ma sentendosi insieme agli altri, non una goccia perduta in un oceano di violenza, ma tante gocce, una rete di pace che si infittisce e cerca di espandersi sempre di più.

L’applauso forte, spontaneo, prolungato è nato da un sentimento di meraviglia e di gratitutidine. E mentre sei lì pensi alla forza che può derivare alla nostra città, alla nostra vita stessa da esperienze di questo genere. Che basterebbe mettere a sistema, farle uscire dall’edifici scolastici e diffonderle dentro contesti diversi.

E pensi che noi stessi per primi, gente cosiddetta impegnata, non crediamo a sufficienza nella forza della scuola. Che invece è da mettere al centro di ogni riflessione e pratica di cambiamento. Certo, il solito realismo ti fa dire: “Non tutte le scuole sono così, non tutti gli insegnanti si impegnano allo stesso modo, senza guardare l’orologio e le magre busta paga”. Ma ormai sappiamo che queste scuole, questi insegnanti, questi dirigenti scolastici non sono un numero esiguo ma rappresentano un’autentica forza matura, in grado – se solo si vuole – di trainare tutto il resto.

Da Manuela Mauceri, Grazia Martines, Tiziana Sgroi, Alessandra Amadio, le docenti che hanno curato questo progetto, da tutto il corpo docente e dagli studenti della Di Guardo Quasimodo, con la sua dirigente Simona Perni, giunge a tutti noi un messaggio di speranza. E’ possibile costruire esperienze che sappiano dare risposte a quell’enorme questione sociale e culturale che si annida dentro la tragica condizione dei minori a Catania, la povertà educativa. La prima e più importante “emergenza” cui dare risposte. Non domani ma subito.

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