Un’esperienza eccezionale, il rapporto autentico e ‘simpatetico‘ tra un’insegnante di sostegno e un alunno ipovedente che porta come frutto l’ideazione e la scrittura di un romanzo fantasy.
Ce la racconta Laura Sciacca, una giovane docente di lettere che vive con passione il suo lavoro, si adopera per una scuola che non sia noiosa e crede nel valore della parola, capace di creare ma anche di abbattere muri.
I messaggi positivi da lei trasmessi nella relazione educativa tendono a dare ai ragazzi gli strumenti per affrontare con ironia e in modo creativo i problemi che la vita ci presenta. Senza mai perdere di vista il rispetto della diversità e il valore dell’amicizia.
Una scuola media ai piedi dell’Etna. Una classe di primo anno. Un alunno ipovedente semplicemente geniale. Un’insegnante di lettere trovatasi per la prima volta nel ruolo di docente di sostegno.
Tutti elementi comuni, forse banali di una scuola italiana che stenta a tenersi al passo coi tempi.
Se non fosse che talvolta, mettendo insieme elementi in apparenza ‘normali’, scatta una scintilla che riesce a trasformare queste situazioni in circostanze eccezionali e tra insegnante e alunno viene fuori dapprima una simpatia dettata da grande affinità intellettiva e poi una vera e propria trasformazione perpetua di anime.
Io e Michele (nome fittizio) siamo ormai fisicamente lontani nello spazio e nel tempo, eppure ci unirà per sempre “L’ingrediente segreto” (Edizioni Creativa, Viareggio 2016), il libro che abbiamo immaginato insieme e che poi ho messo per iscritto.
Dal momento della sua uscita questo breve romanzo fantasy è riuscito a coinvolgere ragazzi e adulti trasmettendo messaggi di apertura nei confronti della diversità e propugnando con passione il valore dell’amicizia.
Protagonisti tre dodicenni molto diversi tra loro i quali si trovano a vivere magiche avventure capaci di metterli alla prova nei modi più svariati fino ad arrivare ad un ‘happy end‘ quanto mai imprevedibile.
Il testo ha visto la luce quasi per scherzo durante le chiacchierate tra me e Michele nel cortile della scuola, nei momenti di pausa dalle lezioni, quando davamo libero sfogo alla fantasia divertendoci a ironizzare sulla realtà, a trasformarla, a dare un tocco di magia alle situazioni.
La creatività salva la vita, ne sono certa. Porta tutti noi a sorridere dei nostri limiti, a dipingere di colori pastello una vita a volte troppo dura, a immaginare soluzioni alternative, capaci di risolvere in un attimo problemi che ritenevamo insormontabili.
Parola d’ordine quindi “leggerezza”, mai scambiata per superficialità, piuttosto intesa come il continuo sforzarsi di sfoggiare un incoraggiante sorriso alla buona e alla cattiva sorte.
“L’ingrediente segreto” rimane la fantastica testimonianza di un anno scolastico di grande crescita per entrambi, insegnante e alunno: è riuscito a implementare le nostre capacità di percezione della realtà, a creare un legame autentico fatto di rispetto e comunanza di intenti, uno scambio intellettuale sincero, in una parola a renderci persone migliori.
Ho sempre amato leggere e, come diretta conseguenza, ho sempre scritto. Eppure forse mai, fino all’uscita di questo mio primo romanzo, ho percepito con così grande chiarezza il potere trasformante della parola narrata, grazie alla quale fissiamo su carta concetti, ma soprattutto viviamo momenti di vera catarsi e trasformazione della coscienza.
La parola crea e abbatte muri, ci sospinge oltre l’indifferenza della mera quotidianità, ci permette di volare alto ricordandoci il valore dell’Essere Umano.
È questo che infine dovrebbe insegnare la scuola: l’evoluzione della persona a trecentosessanta gradi, dal punto di vista intellettivo così come emozionale e fisico nel rispetto, anzi dico con azzardo nell’esaltazione delle singole differenze personali.
Ho forse usato il termine sbagliato: “insegnare”, sembrerebbe l’esclusiva trasmissione di nozioni, mentre qui si vuole suggerire l’immagine dell’accensione del fuoco della conoscenza, del suscitare la curiosità per il sapere universale, dando vita alla famosa scintilla di cui parlavo.
L’alternativa è una scuola noiosa per insegnanti e alunni, fatta di lunghi anni trascorsi a brancolare nel buio, piuttosto che a piantare semi per il futuro, …con un sorriso.
Mi fa molto piacere vedere che, “nel silenzio” ci sono tante esperienze meravigliose nella scuola; il bene non fa rumore ma esiste. Ed è tra le cose più stupefacenti imparare mentre si insegna