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Gaza, una prigione a cielo aperto

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insediamenti israelini nella striscia di Gaza
insediamenti israelini nella striscia di Gaza – click x ingrandire

Una lingua di terra separata dal resto degli altri territori palestinesi, diversa e lontana rispetto alla Cisgiordania, che fa parte della regione storico-geografica della Palestina.
La Striscia di Gaza, conquistata da Israele con la guerra dei sei giorni, nel 1967, passò dal controllo dell’Egitto a quello di Israele, che l’ha occupata fino al 2005, anno in cui ha deciso unilateralmente di smobilitare le sue colonie e ritirare i militari.
Il governo della Striscia fu lasciato all’Autorità Palestinese, sotto il controllo dei moderati di Fatah, organizzazione politica fondata alla fine degli anni Cinquanta. Progressivamente indebolita da Hamas, che vinse le elezioni locali nel 2006, Fatah venne cacciata con la forza.
E’ da allora (2007) che il Security Cabinet Israeliano ha dichiarato Gaza una entità ostile e i suoi abitanti ‘nemici stranieri‘.
Sottoposta ad un rigido embargo, Gaza è divenuta una vera e propria prigione a cielo aperto.

I diritti negati

Questo impedisce al Popolo Palestinese che vi abita l’esercizio e il godimento di molteplici diritti: ad un alloggio adeguato, all’assistenza medica, all’educazione, al lavoro, all’acqua, allo sviluppo e ad un ambiente salubre.
Vita e acqua sono inestricabilmente connessi. Le politiche di Israele impediscono al Popolo Palestinese l’accesso a questa risorsa essenziale, perché la chiusura ha avuto come conseguenza la mancanza del trattamento delle acque reflue e degli impianti di dissalazione.
Questa situazione rappresenta una minaccia diretta all’esistenza della popolazione di Gaza, giacché la vena acquifera di Gaza, la loro risorsa primaria di acqua, è irreparabilmente danneggiata.
La chiusura di Gaza da parte di Israele limita gravemente la disponibilità di cibo, carburante, elettricità e materiali edili, oltre a molti altri prodotti. La chiusura costituisce una grave limitazione dei mezzi di sussistenza e della sicurezza della gente di Gaza.
Restrizioni della libertà di movimento nel lavoro e nell’impiego hanno creato un alto tasso di disoccupazione, che porta a povertà e a una diffusa malnutrizione.
Restrizioni dell’accesso alla terra agricola e alle acque per la pesca, imposte attraverso l’arresto arbitrario e l’uso della forza, aggravano i già elevati livelli di povertà.

Una delle regioni più popolate del mondo

Stiamo parlando di una delle regioni più densamente popolate del mondo (circa 4.900 persone per kmq). Gaza ha infatti una superficie di 365 Kmq e 1,8 milioni di abitanti.
Altri dati: il 34% della forza lavoro di Gaza, di cui oltre la metà sono giovani, è disoccupato, il 44% dei suoi abitanti soffre di insicurezza alimentare, c’è una grave carenza di combustibile e di energia elettrica, con interruzioni che si protraggono fino a 12 ore al giorno.
Per coprire le esigenze abitative sarebbero necessarie circa 71.000 nuove unità abitative. Carenti anche le scuole, con 85% di esse costrette ai doppi turni.
I dati risalgono al 2012 (Bocche Scucite n. 157 del 01/10/2012), ma la situazione non è certo migliorata. Anche per il costante stato di guerra.

Stato perenne di guerra

Già nel dicembre 2008 con l’Operazione Piombo Fuso, Israele attacca Gaza e rimangono uccise 1419 persone (82% civili, tra cui 313 bambini) e ferite altre 5300. Infrastrutture pubbliche e private sono oggetto indiscriminato di attacchi.

Nell’anno successivo vengono rese note le osservazioni della UN Fact Finding Mission diretta dal Giudice Goldstone. Il Rapporto Goldstone sostiene che crimini di guerra e contro l’umanità siano stati compiuti dalle parti contendenti e sollecita indagini indipendenti, tempestive ed effettive, salvo attivare meccanismi di giustizia internazionale.
Le accuse della Commissione Goldstone (che ha svolto indagini tra il maggio e il luglio 2009) sono gravissime: è violata praticamente tutta la Quarta Convenzione di Ginevra del 1949 a tutela della popolazione civile nel corso dei conflitti e sono comprese quasi tutte le fattispecie di crimini di guerra e contro l’umanità, di cui agli artt. 7 e 8 dello Statuto di Roma del 1998, istitutivo del Tribunale Penale Internazionale.
Nello stesso anno, 2009, la Risoluzione n. 1860 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU impone la riapertura di Gaza ma viene disattesa da Israele.
Ancora. Il 31 maggio 2010 un raid israeliano uccide 9 attivisti turchi della Gaza Flotilla, nel percorso di avvicinamento via mare alla Striscia di Gaza per portare aiuti umanitari. Il 15 aprile 2011 viene assassinato Vittorio Arrigoni, giornalista, pacifista, testimone di Gaza (“Restiamo umani”).
Tra il 2007 e il 2012, le vittime israeliane in attacchi lanciati da Gaza sono 37 morti e 380 feriti, il 40% dei quali civili.
Tra luglio e agosto 2014, con l’Operazione Margine Protettivo, Israele attacca Gaza. Rimangono uccisi 1951 Palestinesi, di cui 469 bambini, 243 donne (età 18-60) e 88 anziani. Vengono feriti 10193 Palestinesi, di cui 3084 bambini, 1970 donne (età 18-60) e 368 anziani. Gli Israeliani uccisi sono 70, di cui 6 civili (dati ufficiali OMS).
Arriviamo così ai giorni nostri, quando nell’anniversario della “Nakba”, la Catastrofe, dal 30 marzo fino a metà maggio 2018, tutti i Venerdì decine di migliaia di Palestinesi di Gaza si sono assiepati nei pressi della recinzione di confine, dando luogo a manifestazioni chiamate “Protesta del ritorno”.
Dal lato del confine israeliano l’esercito ha sparato sui dimostranti. Dal lato dei manifestanti sono state lanciate pietre o sono state create cortine fumogene incendiando degli pneumatici. Il bilancio è stato di più di 100 morti e più di 10.000 feriti palestinesi, molti dei quali sono risultati colpiti da proiettili “ad espansione”. Nessun morto o ferito da parte israeliana.

Prese di posizione internazionali

Anche l’Associazione internazionale dei giuristi democratici (IADL) ha preso posizione sulla situazione di Gaza.
Altrettanto ha fatto la Missione dell’ONU per l’accertamento dei fatti nel conflitto di Gaza, che – a proposito delle azioni delle forze armate israeliane e delle politiche del Governo di Israele – ha ravvisato la “intenzione di infliggere una punizione collettiva alla popolazione della Striscia di Gaza in violazione del diritto internazionale umanitario”.
Di una “popolazione civile di Gaza punita per atti di cui non ha responsabilità” e di “punizione collettiva imposta in chiara violazione degli obblighi di Israele di diritto internazionale umanitario”, ha parlato il Comitato Internazionale della Croce Rossa.
La Missione dell’ONU per l’accertamento dei fatti sugli attacchi israeliani alla “Flotta umanitaria” ha definito la chiusura di Gaza “illegale” e la situazione della Striscia “deplorevole”, “insostenibile” e “totalmente intollerabile e inaccettabile nel XXI secolo”.

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