Girato a Catania da un regista catanese, Giovanni Virgilio, il film Malarazza tocca tematiche scottanti e delicate come la mafia, l’omertà, la criminalità, il degrado dei quartieri, la droga, l’alcol, la violenza sulle donne, la prostituzione, l’omosessualità, la transessualità.
I luoghi sono quelli dei quartieri catanesi di Librino e San Berillo, aree urbane degradate del Sud, abbandonate a se stesse dallo Stato e dalla legge, zone franche in cui lo spaccio avviene alla luce del sole e la gente è stanca di “aspettare che ci salvi qualcuno”.
Secondo il regista catanese, il film per lo più rivolto ad un pubblico giovane, ha uno scopo educativo. Ma, al di là del divieto imposto dal Mibact, che vieterebbe la visione ai minori di 14 anni, alcuni abitanti di Librino la pensano diversamente.
Ecco alcuni loro commenti
“Un’occasione sprecata, la solita storia di degrado delle periferie, nulla che non si sapesse, con l’aggravante che alimenta lo stereotipo della periferia pericolosa e violenta. Ma è davvero così? Da recenti interventi del commissariato di Librino, è emerso – dati alla mano – che Librino è un luogo abbastanza sicuro.
Quanto all’aspetto educativo, il grosso problema è che la storia non dà speranze. E’ come se chi intraprende certi percorsi non abbia vie d’uscita se non quella della morte.
Molte scene di violenza gratuita, inoltre, trattate con molta ‘nonchalance’, finiscono per giustificare la violenza, considerata come una normale modalità di azione“. (Fabio)
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“Il film descrive le ‘malarazze’ ovvero le famiglie di delinquenti (affiliate o meno) che vivono ai margini e si tramandano il ‘lavoro’ di padre in figlio. A parte la recitazione, non sempre adeguata, il film appare piuttosto scontato, con un messaggio negativo che non trasmette nulla ai più giovani e avalla la scarsa fiducia nelle istituzioni.
Ad esempio la donna non denuncia il marito, la polizia, invece di fare indagini serie, individua la moglie come mandante dell’omicidio. La donna, che sembra abbia uno scatto di orgoglio quando scappa dal marito, si trasferisce in realtà in un’altra situazione di emarginazione. Nessuna proposta di emancipazione positiva dei figli rispetto ai padri, solo la fuga in un altro quartiere, anch’esso problematico.
In un dialogo tra picciotti isi dice: “amuninni a Catania, cca non c’è nenti, stu quatteri o tu mangi o ti mangia” (qualcosa del genere), come se – in periferia – non esistesse altro che lo spaccio. Viene ignorato il lavoro delle scuole e delle associazioni, che sono molto presenti nelle periferie.
L’unica cosa vera del fil – a mio parere – è l’accostamento tra delinquenza e religiosità. Infatti nella maggior parte delle scene si vedono simboli religiosi, a rimarcare un connubio che è anch’esso roba vecchia.
Altro stereotipo è quello ‘do masculu’. Il giovane protagonista viene ucciso dal ‘boss’ non per una questione di potere e di soldi, ma perchè ha visto lo zio, un ‘trans’, fare l’amore con il boss. Quest’ultimo elimina il ragazzo per proteggere la propria vita privata e i suoi comportamenti non consoni allo stereotipo maschilista.” (Sara)
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“Malarazza è un film che mi ha lasciato varie sensazioni. Non è un genere che amo ma essendo Catanese ho voluto vedere il modo in cui la mia città veniva rappresentata. Sicuramente la realtà descritta in questo film è una realtà che esiste ma Catania – e in particola modo Librino – non è solo questo.
L’altra cosa che non mi è piaciuta è il fatto che non c’è una speranza alla fine della storia, non c’è una via d’uscita da questa vita difficile che vivono i protagonisti. Sicuramente però si deve prendere atto che non è un film che idealizza i protagonisti mostrandoli come esempio da raggiungere e imitare“. (Marilena)
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“Film che descrive sotto tanti punti di vista la realtà di alcuni quartieri delle città. Mostra scene che si ripetono sotto i nostri occhi ogni giorno. L’importante è rendersi conto che Catania non è questa, non è solo quello che viene mostrato in questo film, ma molto altro…“. (Daniele)
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