Inserire nel portale del Comune di Catania un settore dedicato all’immigrazione, consultabile da smartphone, in tutte le lingue, con le indicazioni utili perchè uno straniero, possibilmente appena arrivato, possa sapere dove trovare un posto letto, fare una doccia o una visita medica, dove imparare l’italiano, dove trovare uno sportello legale, a chi rivolgersi per cercare persone scomparse durante la traversata.
Una proposta molto concreta che avrebbe il vantaggio di offrire un aiuto pratico e sempre gratuito a chi ne ha bisogno, evitando che venga ‘soccorso’ da intermediari che lucrano sul suo disorientamento e sulle sue impellenti necessità o cercano di intrappolarlo nella rete dei trafficanti italiani o di truffarlo in vari modi.
L’ha fatta Elvira Iovino, del Centro Astalli, nel corso del convegno “Accoglienza ai migranti: tra assistenza e integrazione”, organizzato da Libera e ospitato dalla Parrocchia del Crocifisso dei Miracoli lo scorso 23 marzo, allo scopo di individuare proposte concrete per migliorare il nostro sistema di accoglienza, estremamente carente.
Iovino ha ribadito la necessità di un superamento effettivo della Bossi-Fini, grazie alla quale 500.000 stranieri sono condannati all’invisibilità alimentando caporalato, lavoro nero, manovalanza criminale, prostituzione. Tutt’ora, senza permesso di soggiorno, non si può neanche dichiarare all’anagrafe un figlio, nato in Italia.
Eppure nella rappresentazione che ne fa una certa stampa, gli stranieri migranti non sono delle vittime ma dei colpevoli, sono uno ‘tsunami umano’ o dei ‘clandestini’ che ci invadono. Questo avviene nonostante esista un codice deontologico, approvato dal Consiglio Nazionale dell’ordine dei giornalisti e dalla federazione nazionale della stampa, che lo vieta, la cosiddetta Carta di Roma.
Redatta nel 2008 per iniziativa dell’UNHCR, la Carta non viene però applicata e Iovino ritiene che se ne dovrebbe imporre una rigorosa applicazione per evitare l’effetto diseducativo di certe trasmissioni e di certi articoli che fomentano odio razziale e xenofobia.
Se i migranti restano spesso per la strada, senza un tetto ed esposti alle sirene della malavita, il motivo sta anche nella lunghezza dei procedimenti. Ecco perchè è necessaria una contrazione drastica dei tempi degli esiti delle Commissioni territoriali e dei ricorsi avverso il diniego, investendo nella implementazione delle Commissioni stesse.
Bisognerebbe anche – a detta di Iovino – eliminare la dichiarazione di ospitalità obbligatoria. Oggi infatti il migrante per esprimere la “manifestazione di volontà a richiedere asilo” (che si fa in Questura), deve dimostrare di essere ospitato da qualcuno, privato o associazione che sia.
Si tratta sempre di forme di ospitalità transitoria che si concludono talora dopo pochi giorni lasciando gli stranieri sulla strada. Eliminare questa dichiarazione permetterebbe di evitare il fiorente mercato clandestino, a volte di connazionali dei migranti, che offrono – dietro compenso – dichiarazioni di comodo che in realtà non impediscono ai migranti di restare per strada.
C’è poi la speculazione di avvocati che promettono il successo di ricorsi inammissibili. Il loro lavoro viene pagato dallo stato in base al gratuito patrocinio la cui ammissibilità andrebbe maggiormente regolata.
Controlli a tappeto, da parte delle forze dell’ordine e degli uffici provinciali del lavoro, andrebbero fatti nelle serre e nei luoghi deputati alla raccolta stagionale dove avviene il noto, pesante sfruttamento di molti migranti, che si potrebbe cercare di limitare con pesanti sanzioni ai proprietari terrieri che assumono in nero e pagano una miseria.
Iovino chiede infine la rottura del silenzio sulla possibilità di accedere ai Rimpatri volontari assistiti. Finanziati dall’OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni), organizzati in modo preciso ed efficace, permettono il ritorno a casa a chi non può pagarsi il biglietto, anche se privo di documenti. Molti ne usufruirebbero se una informazione capillare li mettesse a conoscenza di questa possibilità.
Proposte precise sono state fatte anche da Glauco La Martina, della Cooperativa Prospettiva, che ha prospettato la necessità di un presidio medico per l’assistenza ai migranti al momento dello sbarco e si è soffermato sulla opportunità di non concentrare un numero troppo alto di stranieri in una stessa struttura. Da evitare anche la ‘sistemazione’ dei minori insieme agli adulti in un’ospitalità di prima accoglienza non ben monitorata e spesso estremamente carente dove i migranti vengono solo “parcheggiati”.
Di esperienze concrete hanno parlato Rita Gentile di AccoglieRete (Siracusa) e Marco Gurrieri di Mani Tese che ha illustrato il progetto Fieri di cui Argo si è già occupato.
Dell’interessante progetto di accoglienza nelle famiglie, Refugees Welcome, ha parlato Valentina Bellelli.
Se è vero che il progetto SPRAR, pur con le sue ombre, ha anche le sue luci, come ha detto Enzo Pezzino di Pax Christi, resta da chiedersi come mai solo 1200 comuni su 8000 siano coinvolti nei progetti di accoglienza.
Vengono ospitati nello SPRAR solo 28.000 migranti, il 15% del totale, sempre che sia possibile definire con precisione il numero di persone coinvolte – in Italia – da questo fenomeno epocale del nostro tempo.
Il coinvolgimento di un maggior numero di comuni permetterebbe una più capillare distribuzione sul territorio di piccoli numeri di migranti con una conseguente maggiore integrazione, un controllo più facile e l’accettazione da parte della popolazione ospitante.
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