Varie le iniziative organizzate a Catania e in provincia per cebrare la “Giornata del Ricordo“, istituita nel 2004 in memoria dei martiri delle foibe e dell’esodo delle comunità giuliano-dalmate e istriane.
“La storia e la memoria comune possano fornire un grande aiuto per guardare al futuro e per scacciare dal destino dei nostri figli ogni pulizia etnica e ogni odio razziale“. Così il presidente Mattarella ha sottolineato l’importanza di questa giornata.
Memoria significa, però, ricordare tutti gli avvenimenti, compresi quelli di cui si preferirebbe non essere stati protagonisti. Chi, invece, oggi propone la memoria delle foibe lo fa in genere senza alcuna contestualizzazione, o per ignoranza o per malafede.
Sarebbe sufficiente, tuttavia, restituire alla memoria tragiche realtà e crude dichiarazioni, tutte italiane e ben documentate, che vengono quasi sempre sottaciute.
“Di fronte a una razza come la slava inferiore e barbara, non si deve seguire la politica dello zuccherino, ma quella del bastone […] Io credo che si possano più facilmente sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani” . Queste parole di Benito Mussolini (settembre 1920) anticipano quei provvedimenti di snazionalizzazione che, negli anni del fascismo, subirono sloveni e croati e che resero ancora più drammatica la perdita delle libertà fondamentali.
Ciò che, però, in questo contesto non viene mai ricordato è quanto accadde in questi territori durante la seconda guerra mondiale. Siamo di fronte a una cattiva memoria, utile a salvare l’idea di “italiani brava gente”, che rischia, perciò, di non far comprendere appieno l’insieme degli avvenimenti, impedendo, anche, di poter capire sino in fondo lo stesso dramma delle foibe.
“Dopo l’aggressione nazifascista alla Jugoslavia, fra il 1941 e l’8 settembre del 1943, il regime fascista e l’esercito italiano misero in atto un sistema di campi di concentramento in cui furono internati decine di migliaia di jugoslavi: donne, uomini, vecchi, bambini, rastrellati nei villaggi bruciati con i lanciafiamme.
Lo scopo di Mussolini e del generale Roatta, l’ideatore di questo sistema concentrazionario, era quello di eliminare qualsiasi appoggio della popolazione alla resistenza jugoslava e di eseguire una vera e propria pulizia etnica, sostituendo le popolazioni locali con italiani.
“Arbe-Rab, Gonars, Visco, Monigo, Renicci, Cairo Montenotte, Colfìorito, Fraschette di Alatri sono alcuni dei nomi dei campi in cui furono deportati sloveni, croati, serbi, montenegrini e in cui morirono di fame e malattie migliaia di internati” (A. Kersevan, Lager italiani).
Con quanto “zelo” si portasse avanti un tale programma lo confermano le parole, pronunciate nel 1942 dal generale Robotti (comandante dell’XI corpo di armata italiano in Slovenia e Croazia), “si ammazza troppo poco”, riprese dal suo diretto superiore (Mario Roatta) “non dente per dente, ma testa per dente”.
Il campo più tristemente famoso fu quello di Arbe dove, secondo un rapporto trasmesso al comando dell’XI corpo di armata italiano, gli internati presentavano nell’assoluta totalità i segni più gravi dell’inanizione da fame.
Sotto quel rapporto il generale Gastone Gambara scrisse di proprio pugno: “Logico ed opportuno che campo di concentramento non significhi campo d’ingrassamento. Individuo malato = individuo che sta tranquillo”.
Migliaia furono, inoltre, i civili falciati dai plotoni di esecuzione italiani, dalla Slovenia alla “Provincia del Carnaro”, dalla Dalmazia fino alle Bocche di Cattaro e Montenegro senza aver subito alcun processo, ma in seguito a semplici ordini di generali dell’esercito, di governatori o di federali e commissari fascisti.
Del resto, Benito Mussolini, durante un incontro con i suoi generali che si tenne a Gorizia alla fine del luglio ’42 era stato chiaro: “Deve cessare il luogo comune che dipinge gli italiani come sentimentali, incapaci di essere duri quando occorre. Questa tradizione di leggiadria va interrotta. È incominciato un nuovo ciclo che fa vedere gli italiani come gente disposta a tutto, per il bene del paese e il prestigio delle forze armate. Questa popolazione (sloveni e croati, ndr) non ci amerà mai”.
Tacere su tutto questo rende meno credibile la stessa dovuta riflessione e denuncia sulle foibe.
Un approfondimento sul campo di Arbe, oggi Rab, sul sito www.linkiesta.it. Molto significative le foto
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Sono assolutamente d’accordo che la triste vicenda delle Foibe non possa essere pienamente compresa senza considerare quello che gli Italiani fecero nei territori slavi occupati.
Penso, altresì, che il modo ormai consueto di approccio a questa vicenda si inquadri in quella assai diffusa mentalità auto-assolutoria che ci ha impedito, fino ad oggi, di compiere un serio esame di coscienza collettivo su ciò che rappresentò il Ventennio fascista e sulle complicità/responsabilità individuali di una gran parte del popolo italiano.
Questo, fra l’altro, ha impedito lo sradicamento di quella mentalità/cultura diffusa che fu alla base del consenso al Fascismo e che a questo è sopravvissuta, perfino sviluppandosi, fino ai nostri giorni.
Sono assolutamente d’accordo con l’articolo di Argo. Va altresì rilevata, per molto tempo, anche l’assenza degli storici democratici, ad eccezione di pochissimi (Rochat e Collotti). E così, per non parlare delle foibe nei libri di storia per le scuole, come chiedeva strumentalmente la destra neofascista, è stata pure sottaciuta la politica fascista contro le minoranze slave nel primo dopoguerra, e la partecipazione dell’Italia, alleata della Germania nazista, allo smembramento della Jugoslavia, con la conseguente occupazione militare italiana di gran parte della stessa Jugoslavia, i campi di concentramento e gli eccidi di popolazione civile.
Ma ci sono state anche responsabilità dei governi democratici del secondo dopoguerra, non solo italiani, nell’impedire che propri militari fossero processati per crimini di guerra da altri Paesi. Quando giunsero le richieste di estradizione da parte dei governi, in particolare di Jugoslavia, Grecia, Albania, la risposta fu negativa, motivata con l’analoga rinunzia dell’Italia a chiedere l’estradizione dei criminali di guerra tedeschi. Avvenne il cosiddetto “baratto delle colpe”, sull’altare della “ragion di Stato”. Così silenzio e rimozione fecero occultare per tanti anni sia i crimini nazisti in Italia (finché i relativi fascicoli non verranno ritrovati nel cosiddetto armadio della vergogna, negli scantinati della Procura militare di Roma, nel 1994) sia quelli perpetrati da militari italiani, particolarmente nei Balcani, su cui solo di recente hanno indagato giovani studiosi i quali hanno potuto avere accesso agli Archivi dell’Ufficio storico dello Stato maggiore dell’Esercito.
“Giorno del Ricordo”…nella trasmissione Geo di Rai3
Molti sapranno che da molti anni a partire dalle 17 su Rai 3 viene mandata in onda “Geo”. Molto interessante. La seguo, con molta frequenza. Essenzialmente, a parte la sezione culinaria, si occupa di problemi ambientali e di documentazione sulla nostra Gaia Terra. Una trasmissione molto seguita, di punta nel calendario settimanale della terza rete della RAI.
Ebbene, ieri, 10 febbraio, un segmento è stato dedicato alla “Giornata del Ricordo”, per quasi venti minuti. Diffusione di documentari e intervista ad uno storico.
Sono stati raccontati gli eventi: foibe, abbandono delle terre “patrie”….. nell’indirizzo ormai diventato prevalente canovaccio raccontato. Fuori dal contesto storico. Come se lo scatenamento della guerra mondiale fosse stato una pagliuzza del corso della storia.
Alla fine, alle orecchie degli spettatori, sembrava proprio che fosse stata la Iugoslavia (ex) a dichiarare guerra all’Italia, invadendo, con le armate partigiane, il suol patrio!
Dell’enorme distruzione dei Balcani, con le molte centinaia di migliaia di morti arrecati, da parte dei nazifascisti neanche un cenno.
Incredibile. Indignato, è dire poco. Si stravolge tutto a danno della verità, al servizio di Chi e che cosa?
Al di la del chiacchiericcio più o meno generalizzato e strumentalizzato, chi vuole seriamente approfondire in maniera storica il tragico argomento deve leggere la Relazione della Commissione mista storico-culturale italo-slovena. I lavori della Commissione sono terminati nel luglio del 2000.
Si veda: http://anpi.it/media/uploads/patria/2008/1/00_SPECIALE_FOIBE.pdf