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Dal TTIP minacce alla democrazia e ai diritti dei lavoratori

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E domani sarà ancora ‘primo maggio’. Una festa del lavoro che ha perso molto del suo smalto in un tempo in cui il lavoro non c’è o è sempre più precario, più esposto ai ricatti, con meno garanzie. Una situazione che non sembra avere prospettive di miglioramento, non certo con il renziano Jobs Act.
Si profila anzi una nuova minaccia, quella che proviene dall’eventuale approvazione del TTIP (Trattato Transatlantico per il Commercio e gli Investimenti), l’accordo di partenariato commerciale tra Unione europea e gli USA di cui Argo ha più volte parlato e contro cui si è celebrata, il 18 aprile scorso, la prima giornata di mobilitazione euro-americana.
Quali ambiti sono compresi all’interno della dicitura ‘eliminazione delle barriere non tariffarie’ che sono oggetto del Trattato, se non lo smantellamento delle normative europee o nazionali anche in materia di lavoro (oltre che di protezione dell’ambiente o della salute, ecc.), che dovessero recare disturbo agli interessi, presenti o anche futuri, delle imprese multinazionali, prevalentemente USA?
Quali ne sarebbero le conseguenze? Nella migliore delle ipotesi, un appiattimento generalizzato delle normative nazionali ed europee, al livello degli standard presenti nell’ordinamento USA che, rispetto a quelli europei, sono certamente deficitari in materia di sicurezza alimentare, salute, ambiente e -naturalmente- diritti dei lavoratori.
Accanto a questo rischio c’è quello non meno grave di un affievolimento dei diritti e della democrazia. Nel caso, infatti, che uno Stato non volesse sottostare né alla modifica della propria disciplina, né al pagamento della sanzione pecuniaria irrogata dalla Commissione arbitrale (formata da avvocati internazionali, legati, di fatto, alle grandi Compagnie multinazionali), vi sarebbero delle sanzioni commerciali per le imprese nazionali esportatrici, ancora una volta con grave pregiudizio anche per i lavoratori delle stesse.
Se il TTIP dovesse entrare in vigore, ci troveremmo ormai fuori dallo Stato di diritto e dalla Costituzione repubblicana: l’unica norma fondamentale, rispetto a cui tutte le altre (di tutela dell’ambiente, della salute, del lavoro, ecc.) debbono sottostare, è quella che sancisce il diritto dell’impresa al profitto sempre, comunque e dovunque.

Ma verrebbe ad essere svuotata pure la sovranità nazionale e la stessa democrazia: la sovranità dello Stato sarebbe espropriata a favore della ‘sovranità dei mercati’, anche attraverso lo stravolgimento – parzialmente già avvenuto – della Costituzione con l’imposizione di principi che sono diretta espressione della Legge dei Mercati (come è stato, ad esempio, con l’introduzione dell’obbligo del pareggio di bilancio).
La potestà legislativa degli Stati europei, già fortemente limitata dall’appartenenza all’Unione europea (e in particolare all’Eurozona), rischia di essere totalmente svuotata da una disciplina, quale quella prevista dal TTIP, nella quale i diritti individuali e sociali verrebbero fortemente pregiudicati, a nulla valendo che le norme contrastanti con il TTIP siano state regolarmente approvate da Assemblee legislative, rappresentative della sovranità popolare (e quindi di milioni di cittadini).
Lo Stato nazionale verrebbe ridotto alla funzione di erogatore di servizi ed appalti, oltre che a quella di amministratore dell’ordine pubblico, rischiando di venire trasformato in una sorta di Protettorato, da regime semicoloniale, le cui leggi sono valide fintantoché non contrastino con gli interessi dei Mercati.
Il potere economico-finanziario tende ad affermarsi come l’unico vero sovrano in un mondo sempre più globalizzato. E tutto ciò a fronte di un Mercato fortemente responsabile della crisi in atto e della crescita drammatica delle diseguaglianze.
Gravi sono le responsabilità dell’Unione europea, in primo luogo della Commissione, la quale, travalicando i suoi poteri, rispetto a quelli dei singoli Stati membri, si è assunta il compito di negoziare un trattato che, venendo ad incidere su un insieme molto ampio di materie (dalla salute, al lavoro, probabilmente anche alla difesa, ecc.) non poteva essere considerato un semplice trattato commerciale.
Questo però chiama in causa anche i membri del Parlamento europeo che, a maggioranza (composta da Popolari e Socialdemocratici), hanno avallato le scelte della Commissione e si apprestano ad approvare il Trattato. E chiama in causa anche i nostri governanti, oltre, ovviamente, i parlamentari nazionali.
A fronte di tutto ciò diventa inevitabile chiedersi: è questa la democrazia per cui hanno lottato i nostri partigiani – ricordando che qualche giorno fa abbiamo celebrato i settant’anni della Liberazione – e che i Padri costituenti hanno disegnato con la Carta del 1948? E’ questa l’Europa solidale che doveva garantirci dai rischi del mondo globalizzato?
Proprio per questo occorre reagire, anche partendo dalla semplice informazione, che i potenti di turno cercano di tenere ingabbiata. L’informazione è l’anticamera della demistificazione.

3 Comments

  1. Cari tutti quelli che credono ancora al primo maggio e al lavoro,
    leggo queste note pubblicate oggi mentre, in una rara pausa, stavo ascoltando il Gaber delle origini.
    che sensazione… (che solo gli anziani possono provare!)
    SD

  2. Fascisti e Partigiani sono forzatamente uniti il 1°Maggio 2015 nel rivoltarsi nelle tombe di fronte alla attuale dittatura affaristica e mafiosa che ha ridotto l’Italia nelle tristi e pericolose condizioni odierne.

  3. lÉuropa non deve perdere la svranita ed il diritto di decidere come svolgere la loro politica;e´stato troppo facile lasciare ad altri al difuori dellÉuropa prendere decisioni o proporle,decisioni che non hanno portato nessun aiuto oltre a creare Uno stato di Caos per l´Europa,che non ha difeso i suoi diritti di governarsi sensa influenze esterne che a lungo andare ne faranno una Colonia guidata da politici ed amministratori d´oltre mare; se´l´Europa non reaggira´subito rifiutando certi trattati si trovera´a pagare a caro prezzo certe decisioni.

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