Sullo sfondo ci sono persino i grattacieli di Manhattan. Giuda ha un orologio al polso. Altri sono in jeans mentre i legionari indossano le divise militari delle dittature dell’America latina. Tutti sono, naturalmente, grassi. Ignora il tempo, lo attraversa e lo supera questa via Crucis di un ultraottantenne agnostico: Fernando Botero ha voluto raccontare così il dramma di un uomo.
Solo nel penultimo quadro la presenza di un angelo indica la divinità di Gesù. Per il resto impera l’umanità, la carne con tutte le sue rotondità e, stavolta, le sue sofferenze.
Dopo aver fatto tappa a New York, Medellin, Lisbona e Panama, la mostra “Via Crucis. La Pasión de Cristo”, 27 dipinti ad olio e 17 disegni, è approdata il 21 marzo a Palermo, unica tappa italiana, e ci rimarrà fino al 21 giugno, nelle Sale di Duca di Montalto del Palazzo Reale. Promossa dall’Assemblea regionale siciliana, dalla Fondazione Federico II e dal Museo colombiano di Antioquia.
Stavolta niente atmosfere paradisiache nè assenza di emozioni. Come anche nel ciclo di Abu Ghraib del 2005, è in scena la sofferenza e la tortura, il dramma e la crudeltà , il dolore, anche fisico, nel contrasto stridente con corpi opulenti e barocchi.
“Le opere di Botero raccolte per l’esposizione – ha detto la direttora del Museo di Antioquia Ana Piedad Jaramillo Restrepo intervenuta a Palermo – rappresentano una svolta nella carriera dell’artista. Tra le caratteristiche principali della serie, il fruitore abituale dell’opera di Botero troverà la consueta maestria nell’elaborazione della composizione e dei colori, tuttavia ravvivata e resa più incisiva dal contrasto con l’asprezza che accompagna l’elaborazione del tema della sofferenza di Cristo.
Compaiono ancora una volta i riferimenti a capolavori dell’arte universale e ad altre opere di Botero, insieme con personaggi antichi e moderni gli uni accanto agli altri e alla combinazione di scenari tratti dal passato e spazi contemporanei.
Donate dall’artista al Museo di Medellin, sua città natale, nel 2012 le opere rappresentano uno dei grandi temi dell’arte fin dal XVI secolo. “Poi cominciò gradualmente a scomparire e, al tempo della rivoluzione francese, era praticamente scomparso. Oggi è inesistente”, ha spiegato l’artista a Beatriz Manz, docente di Geografia e Studi Etnici all’Università di Berkeley.
“Non sono religioso, ma questo tema ha una bellissima tradizione artistica. – spiega- A quei tempi, i pittori mescolavano la realtà quotidiana con la Storia. Mi sono preso la stessa libertà di mescolare certe realtà latinoamericane col tema biblico”.
Già negli anni 50 Botero aveva dipinto soggetti sacri nel solco delle tradizioni tipiche dell’America latina. “Questo tema – ha confessato a un giornalista della Gazzetta del Sud – che è stato così importante fra il Trecento e il Quattrocento mi ha sempre affascinato. Ho lavorato 14 mesi alla serie perché lo ritengo un argomento necessario per l’arte e sono felice che venga esposto in una sede così bella come questa di Palermo».
Cosa c’entra Botero con i temi sacri di alcuni suoi quadri e di questa Via Crucis? A chi glielo chiedeva già alcuni anni fa, rispondeva che se un artista dipinge solo ciò in cui crede non può considerarsi del tutto un artista.
Niente steccati ideologici per l’artista che domina l’opera d’arte, l’attraversa e vi sprofonda. Così, confuso nella folla de Il bacio di Giuda c’è l’autoritratto dello stesso Botero, in giacca e cravatta.
“Un’altra tradizione – dice infatti l’autore – era quella di dipingere il proprio ritratto all’interno dei temi biblici. Masaccio accanto a Gesù nella Cappella Brancacci a Firenze, Pinturicchio negli affreschi di Siena e Michelangelo nel Giudizio Universale alla Cappella Sistina e via dicendo. Ho indossato il miglior vestito della festa per apparire accanto a Cristo. Non poteva essere diversamente”.
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