Impresa ardua quella tentata da Nino Romeo e Dario Stazzone, ai quali è toccato il compito di presentare alla libreria Feltrinelli il colto e denso “Anarchia come romanzo e come fede” di Antonio Di Grado, appena pubblicato per i tipi Ad Est dell’Equatore.
I due relatori, con un’analisi fin troppo puntuale del libro, unita alle loro personali considerazioni, hanno contribuito ad ampliare l’argomento trattato, rendendolo forse ancora più complesso di quanto necessario, invece di dipanarlo e alleggerirlo seguendo una sola suggestione tra le tante.
Il pubblico, folto e in gran parte composto da colleghi docenti, ha ascoltato i relatori delineare i temi trattati in questa raccolta di saggi sì brevi, ma ricchi di riferimenti.
In questo smilzo libretto l’anarchia è rincorsa nella narrativa e nella fede: elementi eterogenei s’incontrano e si mescolano con le loro contraddizioni, facce diverse, a volte, della stessa medaglia.
Occorre cedere al viaggio intellettuale, accettare di lasciarsi catturare mentre soccombiamo ai sentimenti opposti di fascinazione e spavento. Scopriremo che i pensieri sovvertitori possono essere usati come chiavi potenti per leggere criticamente il proprio tempo, ma solo dopo aver abbandonato idee preconcette, già masticate e già digerite.
Prima di tutto, la fede. La fede cristiana di cui parla Di Grado è al di fuori della storia: è il punto zero di un pensiero radicale che trae origine e principio da Gesù. In questa fede, Di Grado sposa la pietas cristiana alla foga ribelle di chi si dichiara estraneo a ogni norma e ad ogni logica di linguaggio e s’incammina dentro un deserto metafisico per prepararsi all’incontro con il diavolo: l’anticristo, immagine speculare di sé che ognuno porta, oscuro, in cuore.
Di Grado muove dal Gesù del Vangelo di Marco, il più antico: da qui il Cristo balza fuori già adulto, senza infanzia. Il senso d’inquietudine è amplificato nel finale: non c’è la gloria della resurrezione, ma soltanto una spaventosa tomba vuota.
“Ma voi chi dite che io sia?” è la domanda che Gesù pone innanzitutto per se stesso, nella ricerca della conoscenza di sé, in una graduale, dubbiosa acquisizione della propria unicità.
Partititi da questa figura amletica, ribelle alle convenzioni, eccoci proiettati nel cuore di un viaggio disseminato di incontri con gli scrittori che l’autore ammira, e con le loro diverse creature. Savinio, De Roberto, Tolstoj e Dostoievski tra gli altri, sono scrittori divisi tra il fascino e l’orrore per le utopie rivoluzionarie, tra il sentimento cristiano e le pulsioni anarchiche.
Qui anche teismo e ateismo finiscono per incontrarsi e scontrarsi in un movimento di ripulsa e attrazione. Le ribellioni anarchiche e le spiritualità, colte da questi scrittori fuori dalle chiese e dai dogmi, danno corpo a riflessioni colte da parte dell’autore, che sa però anche lasciare spazio alle nostre, di riflessioni, e ai tanti conseguenti interrogativi. Spazi che tocca a noi riempire, o lasciare vuoti, perché, come scriveva Savinio, “la libertà è fatta anche di vuoto”.
L’intervento finale è spettato all’autore: al contrario dei relatori, parco e agile nella sua breve introduzione alla lettura del libro. Leggendo alcuni passi del libro, si è guadagnato infine l’applauso finale.
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