Si trova dirimpetto al porto, proprio di fronte alle navi di grande portata, in una traversa di uno dei viali più lunghi e trafficati di Palermo.
È invisibile dalla strada, ma poi un gigantesco murale attira la tua attenzione; sali qualche gradino e ti accorgi che Borgo Vecchio è proprio lì, sotto i tuoi occhi, e con i suoi disegni a cielo aperto pare voler
gridare al mondo intero che esiste: un quartiere centrale che sembra una periferia, di cui molti – persino gli stessi palermitani – ignorano l’esistenza nonostante si trovi a due passi dal centro di Palermo, proprio dietro il Politeama.
È in questo quartiere che nel 2012 le associazioni Per Esempio Onlus e Arteca Onlus hanno avviato, con il finanziamento dell’ONG WeWorld (ex-Intervita), un progetto contro la dispersione scolastica. Si chiama Frequenza 200, perché duecento è il numero minimo di presenze necessarie a convalidare l’anno scolastico.
Nel corso del tempo il progetto si è ampliato: nel 2014, grazie a una proficua campagna di crowdfunding, è nata Borgo Vecchio Factory, un’iniziativa che propone la street art come mezzo di promozione sociale e rigenerazione urbana.
Questa volta Per Esempio Onlus è affiancata dallo street artist Ema Jons e da Push, associazione no-profit operante a Palermo nel campo della social innovation ed esperta di comunicazione che ha avviato una campagna di promozione e coinvolto diverse realtà locali.
I risultati di questo progetto sono ormai troppo evidenti per passare inosservati: l’intero quartiere è tappezzato di dipinti che però non hanno un mera funzione decorativa. L’arte pittorica si è infatti incontrata con le forme urbane non cercando di nasconderle, bensì prendendone spunto.
Come nel disegno dello street artist Alleg, in cui gli esagoni di un pallone di calcio diventano i tetti degli edifici, è l’arte che si adatta alla realtà urbana.
Non si cerca di nascondere la polvere sotto il tappeto, non si cerca di mascherare i muri fatiscenti sotto strati di intonaco destinati a cadere, ma si cerca di trasformare le pecche in pregi, le debolezze in punti di forza.
Ed ecco che un buco nel muro diventa una bocca, una finestrella l’occhio di una balena. Non è forse anche questo un modo per insegnare ai ragazzi a guardare oltre le apparenze? A scovare la bellezza delle cose dove non ce la si aspetta?
Ma se la riqualificazione urbana attira l’occhio, essa è solo il mezzo grazie al quale un altro tipo di rinnovamento può avere luogo: quello sociale.
È difatti responsabilizzando i giovani, e facendo loro creare qualcosa di concreto, che li si rende più consapevoli dello spazio in cui vivono e li si spinge a rispettarlo. Perché quello che creiamo con le nostre mani è anche ciò che ai nostri occhi ha più valore, e nessuno vandalizzerebbe qualcosa che sente suo e al quale al tempo stesso sente di appartenere.
Borgo Vecchio Factory è la creazione di un legame tra persone che collaborano insieme nello spazio urbano in cui vivono, perché senza radici è difficile capire chi siamo ed è facile cadere nella rete della criminalità alla ricerca di quel senso di appartenenza di cui i giovani hanno tanto bisogno.
E l’arte, come ci spiega lo street artist Alleg coinvolto nell’iniziativa, è il modo per rafforzare quel legame e al tempo stesso lo strumento per creare un’identità.
Gli operatori, educatori e psicologi tutti giovani e qualificati, hanno una sede fissa e con la loro presenza quotidiana sono ormai diventati parte del quartiere. Vengono affiancati da alcuni volontari nelle loro attività, che svolgono utilizzando educazione non formale e didattiche alternative, coinvolgendo diverse fasce di età dai 6 ai 15 anni.
I più piccoli vengono avvicinati alla scuola con attività ludico-ricreative, mentre per i più grandi è lo sport la forma di aggregazione prediletta.
Il campetto di calcio situato all’interno del quartiere era diventato una discarica a cielo aperto, ma è stato pulito con l’aiuto dei ragazzi e delle loro famiglie e adesso viene utilizzato per allenare le squadre in vista del torneo di calcio che verrà disputato tra i ragazzi di tutti i centri di aggregazione di Palermo.
Per entrare in squadra però non basta solo la bravura, contano anche i risultati scolastici. Ed è stata proprio la voglia di giocare che ha riportato molti ragazzi sui banchi di scuola. Ma a fare sport non sono solo i maschi, esiste infatti anche una squadra di calcio femminile: si fanno chiamare Le Borghette, e pare che siano toste!
A beneficiare del progetto però non sono solo i giovani, ma anche le loro famiglie. Alcune mamme stanno seguendo un doposcuola, avviato su loro richiesta, per ottenere la licenza media necessaria al conseguimento della patente, e prossimamente partiranno delle attività in cui i “giovani over 50” potranno dare il loro contribuito con le loro esperienze.
Tuttavia si potrebbe fare molto di più se le istituzioni dessero una mano dal punto di vista economico.
Il progetto ha un costo di 60000 mila euro annui (tra affitto dei locali, acquisto dei materiali e stipendi degli operatori) di cui 55000 finanziati dall’ONG e i restanti 5000 a carico delle associazioni che ogni anno devono trovare un modo diverso per riuscire a finanziare il progetto. L’anno scorso ci sono riusciti grazie ai 99 Posse, Ipercussionici e altri gruppi musicali che hanno suonato gratuitamente per sostenere il progetto.
Ma cosa succederà nel momento in cui non si troveranno più i fondi? Cosa ne sarà dei ragazzi se verranno privati di quello che negli ultimi anni è diventato un importante punto di riferimento? Questi tipi di interventi sul territorio non possono essere effettuati una tantum, ma devono avere una continuità per poter raggiungere dei risultati sul lungo termine.
Gli operatori vorrebbero che venisse loro affidato in gestione l’asilo abbandonato del quartiere, ma per ristrutturare l’edificio occorrono 150000 euro e il Comune di Palermo non ha fondi da investire sul sociale.
Cosa c’è da aspettarsi, del resto, in un Paese come il nostro che continua a perpetrare tagli all’istruzione pubblica e in cui i soldi vengono dati a persone che si arricchiscono alle spalle degli altri? Di contro a danni erariali, truffe, peculati e sprechi di soldi pubblici, questo sarebbe uno dei pochi casi in cui i fondi dati alle persone giuste produrrebbero i risultati sperati.
Foto di Simona Oliveri
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