Visitare Palermo è come sfogliare le pagine di un libro di storia. Come tutta la Sicilia, il suo territorio è stato segnato dal suo essere uno snodo centrale nel Mar Mediterraneo e da sempre ha attratto popoli in cerca di una terra da colonizzare o un territorio da governare.
La sua struttura urbanistica, i suoi monumenti, le chiese i palazzi non sono belli e significativi solo per se stessi ma servono a leggere anche le stratificazioni culturali che hanno segnato la vicenda di una città
Palermo è ricchissima di luoghi che meriterebbero di essere visti ma, per non essere dispersivi, può essere utile far conoscenza della città attraverso alcuni percorsi tematici.
La storia urbanistica e architettonica della città comincia a prendere forma durante la dominazione araba (831-1072 d.C.) del cui Emirato Palermo fu la capitale. L’intricata rete di strade che caratterizza alcuni spezzoni dei quartieri del centro storico rendono ancora l’idea di questa fase.
L’architettura araba, in buona parte, è andata perduta ma riuscì a influenzare profondamente quella della successiva conquista Normanna, che confermò Palermo come capitale del nascente Regno di Sicilia
Ne derivò una originalissima e unica espressione artistica che va sotto il nome di architettura arabo-normanna (sec. XII-XIII) e già, solo per quello che ne resta, rende Palermo e alcuni siti dei suoi dintorni meritevoli di una visita. Non a caso è in corso l’istruttoria da parte dell’Unesco perché venga riconosciuta come patrimonio dell’umanità.
Il primo percorso tematico parte dunque dal margine del centro storico, dal Palazzo dei Normanni, con la splendida Cappella palatina e gli appartamenti reali, per proseguire con la vicina chiesa di s. Giovanni degli Eremiti dalle caratteristiche cupolette rosse e la sontuosa Cattedrale.
Più verso il centro vero e proprio, nei pressi dei ‘Quattro canti’, dietro la cinquecentesca Fontana di piazza Pretoria, si possono ammirare i mosaici di Santa Maria dell’Ammiraglio, detta la Martorana, con l’adiacente chiesa di s. Cataldo, anch’essa contraddistinta dalle cupolette rosse.
La Zisa e la Cuba, due edifici civili un po’ più discosti dal centro, verso ovest, erano un tempo collocati all’interno di giardini lussureggianti e venivano usati dai re normanni come luoghi di riposo e distensione.
Anche le chiese di s. Giovanni dei lebbrosi e di s. Spirito, detta anche chiesa del Vespro perché sul suo sagrato ebbe inizio la rivolta contro gli Angioini, si trovano più discoste dal centro, verso sud.
I mosaici del duomo di Monreale, con il Chiostro e la parte esterna delle absidi, e, uscendo in direzione di Messina, il duomo di Cefalù, completano questo percorso, senza dimenticare di andare a visitare in questa città il Museo Mandralisca.
Tuttavia, l’immagine attuale del centro storico è indubbiamente marcato dall’architettura barocca, come è andata definendosi nel corso della dominazione spagnola.
Il secondo percorso, quindi, riguarda proprio questo aspetto, soprattutto a partire dalle sue innumerevoli chiese. Solo per citarne le principali: la chiesa di s. Giuseppe dei Teatini in piazza Pretoria, la chiesa del Gesù e l’adiacente Casa Professa nel popolare quartiere di Ballarò, la chiesa del SS. Salvatore dalla cui cupola si gode una magnifica vista sulla città, la chiesa di s. Chiara, dell’Immacolata e di s. Maria della Pietà, s. Domenico.
Senza contare i numerosissimi esempi di architettura civile dei tanti palazzi aristocratici che sono sparsi un po’ dovunque.
Ma della Palermo barocca ci piace piuttosto segnalare le chiese in cui si è liberata la rigogliosa fantasia decorativa dei Serpotta (sec. XVIII) -Giacomo in particolare- una famiglia di scultori che aveva inventato un tipo di stucco lucido talmente raffinato da somigliare al marmo.
Rientrano in questo percorso l’Oratorio del Rosario di Santa Cita, l’Oratorio di san Lorenzo, la Chiesa di S. Francesco -notevole anche per la sua facciata romanica-, l’Oratorio di san Mercurio, l’Oratorio del Rosario presso la chiesa di S. Domenico e la chiesa di s. Agostino.
Un altro episodio architettonico di respiro internazionale, forse l’ultimo prima del saccheggio indecoroso a cui è stato sottoposto il territorio palermitano soprattutto nel secondo dopoguerra, è costituito dalla splendida stagione del liberty, a cavallo fra i sec. XIX e XX. Protagonista principale, ma non solo, ne fu Ernesto Basile, la cui opera multiforme è rappresentata soprattutto dai villini Florio, Ida e Favaloro, dall’Hotel Villa Igiea, dal Chiosco Ribaudo, ma soprattutto dal completamento del Teatro Massimo.
Per chiudere con i musei, oltre ai più tradizionali Museo archeologico e Galleria regionale di Palazzo Abatellis -dove è ospitata l’impareggiabile Annunziata di Antonello-, due sono le indicazioni esclusive di Palermo: il Museo etnografico siciliano Pitrè, ospitato in locali attigui all’esotica Palazzina cinese, un viaggio negli usi e nei costumi del popolo siciliano attraverso gli oggetti della vita quotidiana e il Museo internazionale delle marionette, che espone più di 3000 esemplari provenienti da tutto il mondo.
In questo campo specifico, non si può tralasciare una visita alla sede dell’Associazione Figli d’arte Cuticchio, in via Bara all’Olivella, che tramanda e rinnova la grande tradizione dell’Opera dei pupi siciliani.
Ma, se chiese e palazzi raccontano, per immagini, la storia della città, per comprenderne lo spirito più profondo non bastano. Imperdibili sono, da questo punto di vista i suoi mercati tradizionali all’aperto: la Vucciria, Ballarò, il mercato del Capo dove le merci -la carne, il pesce, la frutta e la verdura- formano, sotto gli ombrelloni, tavolozze coloratissime, per non dire del modo fantasioso con cui viene richiamata l’attenzione degli avventori.
Sulla cucina e sulla pasticceria palermitana non è necessario attardarsi, la varietà e la qualità che le contraddistingue sono universalmente apprezzate.
In questo campo, piuttosto, vogliamo spendere qualche parola in più per ciò che riteniamo una realtà di assoluta rilevanza: il cibo di strada.
Come nell’architettura anche in questo campo si può dire la ricchezza e la varietà delle proposte gastronomiche sono frutto di una tradizione millenaria che unisce arabi, ebrei, spagnoli, normanni e tanti altri popoli che hanno toccato le sponde di Sicilia.
Proprio in quest’ottica, l’Amministrazione di Palermo ha avviato le procedure per sia riconosciuto il marchio Panormvs street food a garanzia delle sue specialità tradizionali.
Si tratta di una cucina che nasce ‘povera’, oltre che per il consumo veloce, dato che si fonda soprattutto sulla invenzione di piatti a base di ingredienti semplici, come ortaggi, legumi, o considerati poco pregiati, come le interiora di animali e gli scarti di macellazione.
I luoghi in cui si può consumare sono le ‘friggitorie’ o, più facilmente, gli innumerevoli ambulanti che posizionano dappertutto le loro ‘lape’ e i loro carrettini.
Il solo elenco delle principali specialità fa venire l’acquolina in bocca: arancine, sfincione (focaccia con ripieno di cipolle, acciughe, pomodoro, olive nere, pezzetti di caciocavallo e origano), musso-fruntali-masciddaru e carcagnola (scarti della testa e delle zampe del vitello bolliti), quarume (interiora di vitello bollite), polpo bollito, stigghiole (spiedini di interiora di maiale o agnello intrecciate con cipolla), pani ca meusa (milza fritta [schietta] e ricotta [maritata]), pane e panelle (frittelle di farina di ceci), crocchè/cazzilli (crocchette di patate), quaglie (melanzane fritte), cicireddu (polpette fritte di pesce minuto), ortaggi e verdure in pastella, rascatura (residui di panelle e crocchè raschiati, mischiati e fritti), frittole (avanzi di cartilagini animali fritti nello strutto).
Buon appetito!
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Bellissima città Palermo.
L’ho apprezzata avendoci vissuto cinque anni nel periodo ‘caldo’ 1990-1995 (per intenderci, quando ammazzavano Libero Grassi, Falcone, Borsellino, don Puglisi…: lista completa, inclusi i traditori ammazzati pure oltre gli eroi, in http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_victims_of_the_Sicilian_Mafia)
Il mio dipartimento stava all’interno del piccolo triangolo di strade dove erano stati uccisi Mattarella, Chinnici, La Torre e Dalla Chiesa. Mi venivano i brividi a passare da quella zona di viale Libertà, ma dovevo farlo ogni giorno.
A Palermo si godevano – allora come adesso – pane panelle cazzilli e grandi opere d’arte, con tanta cura a non farsi coinvolgere,magari per caso, negli omicidi eccellenti. Ma adesso gli omicidi sono diminuiti, forse perche’ traditori o eroi da ammazzare ce ne sono di meno.
Forse ci vorrebbe una piccola appendice al bell’articolo turistico, se davvero presentando Palermo vuole ‘sfogliare le pagine di un libro di storia’ senza fermarsi solo ad arabi normanni francesi e spagnoli.
Santo Di Nuovo