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Dopo la sentenza sul delitto, riscopriamo la figura di Mauro Rostagno

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Mauro Rostagno“Le piste diverse da quelle della mafia sono state una vergogna”, così il Pm Gaetano Paci nella sua requisitoria sul delitto Rostagno. Una verità confermata, nel maggio 2014, dalla Corte d’Assise di Trapani che ha condannato all’ergastolo i mafiosi Vincenzo Virga e Vito Mazzarra per aver ucciso, il 26 settembre del 1988 in contrada Lenzi, il giornalista e sociologo torinese.
Si è così posta fine a una vergognosa opera di depistaggi iniziata subito dopo l’omicidio. Infatti, mentre il capo della Squadra Mobile dichiarò che si trattava di un delitto tipicamente mafioso, il responsabile del Reparto Operativo dei Carabinieri di Trapani sostenne che si era di fronte a un omicidio commesso da ‘dilettanti’.
Un’opera di intorbidamento delle acque che proseguì inesorabilmente. Si ipotizzò addirittura che il delitto fosse maturato all’interno degli ex militanti di Lotta Continua, preoccupati che Rostagno avesse qualcosa di grave da dire sul delitto Calabresi, o all’interno della stessa Comunità Saman (inizialmente una comunità di arancioni che, successivamente, diviene comunità terapeutica per il recupero delle persone tossicodipendenti).
Tesi, quest’ultima, sostenuta, nel 1996, dalla procura di Trapani. Contro Chicca Roveri, compagna di Rostagno, venne persino spiccato un mandato di cattura con l’accusa di favoreggiamento. Ipotesi, tutte, clamorosamente e definitivamente smentite dalla sentenza, che hanno, però, contribuito ad allontanare la scoperta della verità e hanno procurato ulteriori dolori a chi aveva già subito una perdita irreparabile.
Scrive Adriano Sofri “ E’ successo, per esempio, che in un’alba del 1996 uno spiegamento di forze dell’ordine andò a catturare […] Chicca e la portò in galera con l’accusa di complicità nell’assassinio di Mauro. Chicca era la donna della vita di Mauro. Non l’unica: l’unica non è un vanto possibile per i più di noi. Solo la più importante. Il magistrato che ne ordinò la plateale cattura non aveva altro appiglio che la propria stolida vanità. Arrivò al punto di deplorare i sospetti sollevati sulla mafia, e quasi scusarsene”.
Depistaggi che affascinarono anche un allora giovane Marco Travaglio che scrisse “Fu assassinato [Rostagno n.d.r.] la sera del 26 settembre 1988, mentre rientrava in comunità. Si pensò a un’esecuzione mafiosa, ma nessun pentito di Cosa Nostra ha mai parlato del suo omicidio né sentito parlare di lui. Si puntò allora alla pista “interna” a Saman, con arresti clamorosi fra le persone più vicine a Mauro, compresa la moglie Chicca Roveri, e un avviso di garanzia al guru miliardario e craxiano della comunità, il fantasmagorico Francesco Cardella, ma furono poi tutti scagionati. […] Ma alla fine i giudici di Palermo han dovuto per ora arrendersi e archiviare: troppo scarsi gli elementi per trascinare qualcuno in tribunale”.
Chi ha cercato altre verità non solo ha, purtroppo, impedito che i colpevoli fossero individuati con celerità, ma ha, anche, misconosciuto il lavoro di denuncia che l’ex fondatore di Lotta Continua (movimento della cosiddetta sinistra extraparlamentare, nata in Italia dopo il ’68) da metà degli anni ’80 aveva sviluppato come giornalista e conduttore per l’emittente televisiva locale Radio Tele Cine (Rtc), mettendo al centro del suo impegno professionale la denuncia delle collusioni fra mafia, massoneria e politica locale.
Secondo il giornalista Rino Giacalone, “Rostagno fu ucciso non solo perché faceva il giornalista, ma faceva il giornalista scuotendo le coscienze, stava diventando un capo popolo quando la mafia stava attuando la strategia che poi gli riuscì e che ancora oggi funziona, quella che l’ha vista diventare impresa, capace di gestire economia, di mettere propri uomini in politica, di arrivare alla sommersione dopo stragi e delitti eclatanti”.
Decisamente diversi, oggi, i commenti. Afferma Filippo Cutrona (segretario generale Cgil Trapani): “Dopo 26 anni di attesa si è giunti a un’importante sentenza che pone un punto  fondamentale a un efferato omicidio maturato in un inquietante scenario su cui non è stata fatta ancora piena luce. Uomini dello Stato che avrebbero dovuto favorire il corso della giustizia saranno adesso al vaglio della magistratura per falsa testimonianza”.
Sottolinea il sindaco di Palermo Leoluca Orlando: “Si trattò di un delitto di mafia e il sociologo pagò con la vita le sue denunce degli intrecci di Cosa Nostra con interessi affaristici, con certa politica e con la massoneria deviata. Consapevoli di ciò, vent’anni fa una sala del Palazzo delle Aquile venne intitolata a Mauro Rostagno. Ora quella verità, sia pure con grandissimo ritardo, ha trovato finalmente conferma in un’aula di Giustizia’’.
Una parte della verità è stata raggiunta, anche con il contributo di intellettuali e giornalisti tra cui segnaliamo Paolo Brogi. Ora ci si aspetta che si scopra chi ha depistato e intralciato le indagini e perché.
Resta comunque il fatto che Mauro Rostagno è una figura per tanti aspetti emblematica della generazione del Sessantotto e che del suo articolato percorso di vita si è quasi persa la memoria.
A noi sembra importante, invece, recuperarla almeno nelle sue principali scansioni che vanno dall’impegno nelle organizzazioni studentesche a quello nella comunità Saman e nell’emittente Radio Tele Cine, dove affrontava con coraggio temi scabrosi e difficili, come quello delle responsabilità di amministratori e politici nelle questioni di mafia e di droga.
Per questo abbiamo raccolto e pubblichiamo alcuni filmati che lo riguardano, affinché tutti possiamo ricordare e soprattutto i giovani possano scoprire chi fosse l’uomo Mauro Rostagno.

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