Bocciata Fontanarossa, manca il raccordo con la ferrovia

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Un aeroporto non è il cortile di casa, ma una infrastruttura essenziale che, nel caso di Catania, serve tutta la Sicilia orientale, vale a dire 3 milioni di persone. Ha infatti più di 100 voli giornalieri e un traffico medio di 6 milioni di passeggeri l’anno.
Potrebbe, e dovrebbe, averne anche di più se la sua operatività fosse meno sbilanciata sulle rotte CT-Roma e CT-Milano, che coprano una buona metà dei voli, e più aperta a scambi

  • con gli altri aeroporti del meridione (Napoli, Bari, Olbia), oggi limitati al 4%
  • con gli aeroporti europei, che sono attualmente solo il 20%,
  • con gli altri paesi del Mediterraneo, attualmente assenti con buona pace di tutti i bla-bla sulla centralità della Sicilia nel Mare nostrum.

Cosa impedisce a Fontanarossa di decollare e porsi alla pari degli aeroporti nazionali più rilevanti, soprattutto adesso che l’areo è rimasto quasi l’unico mezzo di collegamento con il centro-nord della penisola ed essendo diventati i collegamenti ferroviari sempre più rari e privi di tratte a lunga percorrenza?
Innanzi tutto il basso livello di integrazione con il sistema ferroviario locale per l’assenza -e chissà ancora per quanti secoli- di una linea metropolitana diretta. Se poi consideriamo che manca del tutto l’integrazione con il sistema ferroviario regionale, capiremo il motivo per cui l’Unione Europea non ha considerato l’aeroporto di Catania ‘degno’ di rientrare tra quelli di interesse strategico.
Lo ha ricordato Francesco Russo, docente presso l’Università di Reggio Calabria, nel corso dell’incontro sull’Urbanistica Insostenibile, organizzato dal M5S al palazzo della Cultura lo scorso 22 febbraio.
Con un accordo firmato a Bruxelles il 30 maggio 2013, sta -infatti- cominciando a prendere forma la nuova rete europea integrata dei trasporti (TEN-T) che trasformerà entro il 2030 l’attuale groviglio europeo di strade, ferrovie, aeroporti e canali in una rete di trasporti organica e unificata. E per la Sicilia si prospettano tempi bui, tanto per cambiare.
Questa rete è costituita da due livelli: uno centrale (Core), di interesse strategico e di primaria importanza, il cui sviluppo e completamento sarà finanziato con soldi prevalentemente europei. Su di esso si innesterà una rete organica di collegamenti (Comprehensive) a livello nazionale e regionale che potranno accedere, se mai ce ne saranno, a finanziamenti principalmente nazionali.
Ebbene, ad eccezione dei porti di Augusta, Palermo e Termini Imerese e dell’aeroporto di Palermo, tutte le strutture siciliane sono state classificate di serie B e collocate nella rete Comprehensive. In alcuni casi non sono state nemmeno prese in considerazione, come avviene con il porto di Catania, del tutto assente dall’elenco delle strutture considerate dal TEN-T.
Per inciso, risultano escluse dai finanziamenti europei strategici anche due fondamentali opere stradali come il completamento dell’autostrada Catania – Siracusa – Gela e il rifacimento della Catania – Ragusa.
Anche l’aeroporto Vincenzo Bellini, essendo collocato nella seconda fascia (rete Comprehensive, come del resto anche l’interporto e la ferrovia), viene escluso dai finanziamenti europei e di questo dobbiamo ringraziare anche l’inerzia dei nostri dirigenti.
C’è infatti la possibilità di accedere a finanziamenti europei anche da parte di chi è inserito nella rete di secondo livello ma solo sulla base di una specifica progettazione, attività che i nostri governanti evidentemente giudicano disdicevole, tanto è vero che si sono guardati bene dal presentare anche un solo straccio di progetto.
Perché mai l’aeroporto di Palermo è stato inserito nella rete Core? Che ci convinca o no, a Palermo il grado di integrazione tra aeroporto, ferrovia e rete stradale è maggiore, con la stazione ferroviaria che si trova sotto l’aerostazione e l’autostrada che ci arriva fin dentro. Proprio la forma di integrazione dei trasposti che l’Europa considera necessaria.
Falsa invece l’idea che la valutazione europea sia determinata dal numero di passeggeri, tanto è vero che ben sei aeroporti con un numero di passeggeri inferiore a quello di Catania sono stati inseriti nella lista di primo livello.
Riguardo all’integrazione con la ferrovia, il nostro aeroporto si distingue per la situazione paradossale. La linea ferroviaria passa infatti proprio a ridosso della pista di atterraggio. Il suo interramento e prolungamento fino a sotto l’aerostazione, non solo sarebbe un investimento di dimensioni accettabili e comunque di grande ritorno economico, ma consentirebbe di risolvere contemporaneamente il problema dell’allungamento della pista per consentire l’atterraggio di aerei di maggiori dimensioni, quelli in uso sulle rotte intercontinentali, per intenderci. Eppure su tale questione le chiacchiere si trascinano da decenni e nessuno (Regione, Comuni, Camere di Commercio, SAC, Trenitalia) riesce a metterci un punto fermo.
D’altra parte Catania è l’unica città al mondo che fa connettere, nei pressi di Bicocca, due strutture autostradali -una tangenziale e un’asse dei servizi- con uno stop a raso, come se si trattasse di un normalissimo incrocio urbano. Una scelta di questo genere qualche cosa vorrà dire, soprattutto agli occhi di un Commissario europeo.
Non lamentiamoci quindi dell’esclusione del nostro aeroporto dalla rete Core e facciamo un serio mea culpa, senza giustificarci attribuendo la responsabilità ai Borboni, ai Piemontesi o ai leghisti, per riprendere una battuta, spiritosa ma non troppo, di Russo.
Della relazione di quest’ultimo alleghiamo la presentazione in power point che contiene un’analisi corredata da dati e cartine, alcune proposte di possibili interventi e una critica alla ventilata ipotesi di collegare l’aeroporto alla stazione mediante un trenino monorotaia (che porrebbe seri problemi di finanziamento e gestione, oltre che di spesa supplementare da parte degli utenti). A suo parere, solo collocando una stazione ferroviaria sotto l’aerostazione si consentirebbe una piena accessibilità senza costi supplementari per gli utenti, come in tutti i grandi aeroporti del mondo.

2 Comments

  1. Ma fatemi capire la logica di questo articolo: voi siete d’accordo con la TAV allora?
    Perchè in entrambi i casi c’è un progetto organico complessivo di trasporto europeo.
    Non passa per la testa dell’autore che l’europa può dire cazzate, che magari questo collegamento su binari non è poi così importante?
    Insomma, a me pare di legegre la solita frasetta “ce lo chiede l’europa”, ma da chi non aspettavo di sentirlo.

  2. A dire il vero, rileggendo l’articolo, abbiamo fatto fatica a trovare da quale delle sue parti trapelasse il ritornello “ce lo chiede l’europa”. Mettere sullo stesso piano la TAV e l’interramento di qualche centinaio di metri di ferrovia ci sembra un inutile esercizio di schematismo aprioristico. Che ci si un progetto organico di trasporto europeo, è un dato di fatto, ma non ci pare che sia, di per sé, un piano diabolico: potrà essere discusso in una o più parti, ma non siamo convinti che sia da respingere a priori, solo perché “ce lo chiede l’europa”. Sarebbe, sia pure rovesciato, lo stesso atteggiamento mentale che ci viene rimproverato.
    I problemi di cui abbiamo parlato dimostrano semplicemente che non sappiamo prenderci cura di ciò che ci aiuterebbe a vivere meglio e ad accogliere chi ci visita e vorrebbe apprezzare le nostre bellezze. C’è bisogno che “ce lo dica l’Europa” per muoverci in questa direzione?
    Il nostro articolo voleva invece sottolineare soprattutto tre fatti concreti:
    1. A prescindere dall’Europa, il nostro aeroporto non è integrato con gli altri di sistemi di trasporto collettivi che non siano gli autobus extraurbani e una linea di autobus urbana che non si può definire ‘dedicata’, come succede in quasi tutte le città, anche se fa capolinea all’aeroporto;
    2. Lasciando stare a un futuro indeterminato il collegamento con la metropolitana, quello con la ferrovia è a portata di pista e il suo interramento consentirebbe, come scrivevamo, anche la soluzione del problema dell’allungamento della pista, di cui si parla a vanvera da ben prima che “ce lo chiedesse l’europa”
    3. In terzo luogo, abbiamo voluto soprattutto sottolineare la sterile litigiosità e l’inettitudine della nostra classe dirigente, incapace di risolvere i problemi anche quando la soluzione sarebbe a portata di mano: non sono stati neanche in grado di presentare un progetto per utilizzare i finanziamenti europei.
    Ma questa, purtroppo, è una realtà che constatiamo ogni giorno e in mille settori diversi, anche laddove l’Europa non ci chiede proprio nulla se non di spendere bene i soldi che ci sono stati destinati.

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