Cattivi studenti, istruzioni per l'uso

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Franti, tu uccidi tua madre! Tutti si voltarono a guardare Franti e quell’infame sorrise”. Franti è il più bistrattato dei personaggi del deamicisiano “Cuore”, il personaggio demoniaco e negativo, quello che spezza il cuore materno, l’alunno di quella famosa terza elementare della Torino umbertina, compagno di classe dei buonissimi Bottini e Garrone, lo scolaro con cui la scuola pubblica niente può, “il Pinocchio senza grillo e senza fatina” (come dice Domenico Starnone).
Ebbene, questo tal Franti ebbe, negli anni sessanta, una clamorosa riabilitazione da parte di Umberto Eco, in un brano del suo“ Diario Minimo” che s’intitolava, appunto, “L’elogio di Franti”.
“L’elogio di Franti” era, non solo la riabilitazione di un personaggio letterario, ma era anche la graffiante, ironica e dissacrante interpretazione, nel suo complesso, del “libro Cuore”.
In epoca più recente, negli anni ottanta, Luigi Comencini, in una pièce cinematografica e televisiva, ci ha presentato un Franti rivisitato, sulla scia di Eco, ma approfondendone la sua personalità in chiave sociologica e psicologica. La condotta riprovevole e maligna di Franti, scolaro ribelle, viene interpretata, nella versione di Comencini, come l’esito di una reazione dispettosa e rabbiosa a difficili condizioni di vita. Franti è un diseredato, figlio di povera gente, col padre immigrato, che vive con la madre malata di tubercolosi ai margini della Torino industriale agli inizi del Novecento.
Franti, e i personaggi come lui, i Rosso Malpelo delle letteratura di tutti i tempi, con il loro back ground disastrato e spesso tragico, hanno attirato senza dubbio la simpatia di noi diventati adulti, quella simpatia e quella considerazione che gli abbiamo negata da bambini.
Ma questi erano fatti di ieri.
Oggi– nel caotico e pericoloso momento storico in cui viviamo e nel quale facciamo i conti con i disastri ereditati dal berlusconismo;
oggi– in cui è primario obiettivo quello di ridare credibilità alla scuola nel suo complesso e di ricuperare la serietà dell’insegnamento;
oggi – dopo l’ondata perniciosa delle strategie didattiche basate su i vuoti e inutili “progetti” che ha nociuto non solo ai contenuti della didattica, ma che ha disorientato e diviso anche la categoria degli insegnanti ;
oggi – in cui, nell’euforia fuorviante per le novità di governi tecnici, si parla da più parti di abolizione dei titoli di studio;
oggi– ecco un libro controcorrente. Un libro che non ti aspetteresti:
Come non farsi bocciare a scuola”, di Matteo Rampin e Farida Monduzzi.
Un libro che, in un certo senso, sottintende anch’esso un elogio, ma non dei Franti degli anni duemila, l’elogio dei Pierini (del tipo di quelli interpretati da Alvaro Vitali). Il saggio che nasce dall’incontro e dalla collaborazione di un psicoterapeuta e un’insegnante, elargisce una serie di consigli su come si possano prendere ‘per i fondelli’ i professori, soprattutto quelli che non comprendono che a 15 anni, sottolineano gli autori, i giovani hanno il dovere di godersi la vita e hanno, quindi, il diritto sacrosanto di essere compresi e lasciati in pace, anche perché “contribuiscono, comunque, a pagare lo stipendio degli insegnanti stessi” .
La dedica di questo libro ‘dalla parte degli alunni’ è, come suol dirsi, tutta un programma:
Agli inguaribili somari, ai ragazzi convinti di non farcela, a quelli che alla vista del tavolo con i libri rischiano gli svenimenti”.
Non si tratta di satira, anche se a prima vista potrebbe sembrarlo. C’è poco da ridere. E’ un libro “serio”, nell’intenzione degli autori, e per questo, a mio avviso, è ancora di più spiazzante. Il libro ci lascia stupiti e increduli.
Per quanto riguarda, poi, i consigli che vengono forniti plenis manibus , basta elencarne qualcuno per constatare quanto siano “profondi” e “originali”.

  • Ripetere, la mattina e la sera, le cose più importanti (che trovata rivoluzionaria in campo dell’apprendimento).
  • Fare delle pause nello studio (miracolo. Mai schermo aveva osato tanto).
  • Usare gli acronimi per memorizzare (chi fu studente di liceo, molti anni fa, ricorda molti acronomi suggeriti dagli insegnanti o creati ex novo, utili per esercitare la memoria e facilitare lo studio).
  • Usare il post it per ricordare formule e versi (perché gli studenti “somari” dovrebbero utilizzarle se lo studio in qualunque modo sia effettuato è per loro una condanna?)
  • Niente scuse per alzarsi dal tavolo di studio, tutto deve essere già a disposizione per studiare (qui si scopre l’acqua calda).
  • Abituarsi a prendere appunti durante la lezione (sorprendente e originale questo consiglio…).

E fino a qui, solo banalità e nessuna novità. Ma andiamo a quelle cose più “inquietanti”, i consigli che servono per far fessi i professori.

  • Sedersi ai primi banchi, non tanto per stare più attenti, ma per far capire agli insegnanti che si è interessati (viva l’apparenza, viva la finzione).
  • Studiare poco e solo poco prima dell’interrogazione eventuale (viva l’ignoranza, viva la superficialità).
  • Sorridere agli insegnanti , “che nonostante tutto “ sono esseri umani” (si possono prendere in giro)
  • Fare domande senza paura e chiedere spiegazioni sulle lezioni ma non per colmare eventuali dubbi, ma per ingraziarsi i proff. (gli insegnanti sono dei rincoglioniti. Ci vuole poco a prenderli in giro).
  • Non stare accasciati sul banco perché i professori leggono il linguaggio del corpo (ovvero, fatti Furbo, sorridi, fingi).
  • Per migliorare la memoria “studiare” (?) il solfeggio cantato e giocare a scacchi” (ma se si tratta di allievi che hanno in gran dispitto la scuola e lo studio, come faranno a lavorare con tanta concentrazione, cosa che i “poveri” studenti a cui è rivolto il libro non possiedono, per definizione degli stessi autori).

Una cosa sola prenderemmo in prestito da questo libro, questa sì che è una novità!. Si dice che per memorizzare un concetto bisogna provare a studiare per qualche minuto su un piede solo. Interessante questa cosa! Potremmo provarci, soprattutto se la memoria ci fa velo. Ci voleva proprio il consiglio di uno psicoterapeuta!

3 Comments

  1. Bene, non leggerò questo libro. Cerco di insegnare ai miei alunni a uscire dal mondo dell’apparenza, cerco di costruire il rapporto sulla fiducia reciproca e sull’onestà intellettuale. Detesto quando gli alunni cercano di entrare nelle mie grazie, e dopo un paio di giorni glielo dico pure che io valuto solo ciò che fanno realmente. Io in classe voglio persone vere, perchè io mi porgo e sono con loro una persona vera. La verità è solo una: noi siamo il mondo solido e loro il mondo liquido (cito Bauman, naturalmente), se vogliamo entrare nel loro mondo e fare breccia dobbiamo progergli il nostro mondo solido in modo che appaia loro liquido, spendibile, vario, veloce. Solo così li aiuteremo a creare quelle basi solide che gli consentano di muoversi nella loro liquidità. Noi non siamo usa e getta, loro non sono usa e getta. P.D.

  2. Grazie per la illuminante segnalazione, che girerò anche ai miei studenti universitari.
    Vediamo chi sono gli illustri autori (da internet)… Matteo Rampin si è perfezionato in psicoterapia breve e in ipnosi, ed è cultore di illusionismo, si occupa di psicologia dell’inganno (poi si dice che gli psicoterapeuti non servono a nulla!).
    Farida Monduzzi ha insegnato per molti anni materie giuridiche ed economiche nelle scuole superiori. Scrive, soprattutto di arte e di cinema, su settimanali e su un quotidiano online.
    La congiunzione di tante competenze cosa poteva produrre di meglio?
    Illusionismo ed inganno, di questo abbiamo bisogno. E l’arte di cui si occupa Farida cos’è se non illusione e inganno dei sensi?
    E perchè non si dovrebbero ingannare i sensi degli insegnanti?
    Aggiungerei un aspetto forse trascurato (ma che i nostri studenti conoscono bene): come copiare da Wikipedia e da “www.tesionline” senza farsi scoprire. Si potrebbe proporre un’appendice al già abbastanza interessante volume citato: aumenterebbe certamente le vendite.

  3. Per vendere si farebbe qualsiasi cosa, questo si sa. Vale per i festival, per le merendine, e purtroppo anche per i libri. Libri-pattumiera come questo.
    Ridursi a speculare sull’ingenuità dei lettori giovani, grazie anche a un titolo che fa da specchietto per le allodole, questo no, non dev’essere consentito. Proporre alla dabbenaggine dei genitori l’operazione masochistica di far promuovere il figlio anche asino, questo no, non può essere consentito.
    Ridefiniamo la parola “morale”, leggendola in modo laico: questa operazione merceologica, ad esempio, è “immorale”. Ma di morale si parla solo, chissà perché, in riferimento al sesso.
    Proponiamo di discutere nelle scuole che cosa significano, sia “laico” che “morale”.
    La scuola è già abbastanza delegittimata, in questo Paese, per non aggiungerci le fanfaluche in stile “bravo comunicatore”.
    I furbi sono già abbastanza celebrati, per non costruirne di nuovi fin dall’adolescenza.

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