Sono 30 gli arrestati a Rosarno per sfruttamento e riduzione in schiavitù degli immigrati nell’agricoltura. Un’indagine, avviata all’inizio di quest’anno, a seguito della rivolta degli extracomunitari, ha reso palesi e non più occultabili le condizioni in cui gli immigrati erano costretti a lavorare: 10-25 euro per 12-14 ore di lavoro al giorno (1 euro per una cassetta di mandarini, 50 centesimi per una di arance). Ad approfittarne erano i caporali (10 euro di cresta per ogni lavoratore) e i proprietari terrieri. Chi si ribellava rischiava ritorsioni e minacce. Ad essere arrestati sono stati sia italiani sia extracomunitari (marocchini, tunisini, algerini, ecc.) che si spostavano dal Casertano a Cassibile (SR) e Palagonia (CT), imponendo le stesse condizioni in tutti i luoghi di lavoro. Chi non acconsentiva non lavorava.
L’operazione, che ha portato anche al sequestro di 20 aziende e 200 terreni, è stata avviata subito dopo i fatti di Rosarno, ma dalla testimonianza raccolta dal Manifesto si evince che le denunce erano state fatte prima che gli immigrati fossero stati portati nei centri di accoglienza, ma senza alcun esito.
Auspichiamo controlli anche nel nostro territorio, ma non circoscritti agli extracomunitari. Voci isolate a Catania hanno denunciato per decenni lo sfruttamento minorile in attività economiche. Anche i giovani, gli adulti lavorano come possono. Basti pensare alla paga mensile percepita dalle commesse di negozi anche eleganti, 300-500 euro al mese.
Ci rendiamo conto del rischio connesso alla nostra proposta (che potrebbe far perdere anche la possibilità di portare a casa quelle poche centinaia di euro al mese), ma auspichiamo che l’Ispettorato del lavoro avvii un’azione a tappeto che includa tutti gli esercizi commerciali e le aziende produttive, perché la dignità di ogni lavoratore deve essere salvaguardata, anche nei momenti di crisi. Chi lavora è giusto che abbia condizioni di lavoro ed economiche adeguate.
Vedi l’articolo su Repubblica (Rosarno, gli immigrati schiavizzati) e l’articolo su Il Manifesto (Ci dicevano sempre: domani vi paghiamo)
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