Sembrerebbe essere questa l’equazione che si è impegnata a risolvere il sottosegretario al Ministero dell’economia con delega alla Pubblica Istruzione Mariastella Gelmini, giovane e promettente avvocatessa di Reggio Calabria. Come strumento operativo, naturalmente, ha adottato il collaudato ‘metodo Brunetta’ che consiste nel far finta di ridare efficienza alla Pubblica amministrazione sparando nel mucchio. Si tratta spesso di provvedimenti fumogeni che tanto piacciono alla ‘gente’ ma che in effetti tendono a nascondere i nodi reali della questione.
E’ il caso, ad esempio, della strasbandierata questione del 5 in condotta a cui si attribuiscono poteri taumaturgici e fanno apparire le nostre scuole prossime a trasformarsi in collegi di correzione. Ma intanto, col prossimo anno scolastico, la scure delle riforme, quelle vere, si abbatterà pesantemente sulle scuole e, se farà risparmiare qualche euro, certamente non migliorerà il servizio nè in quantità nè, tanto meno, in qualità.
Un po’ di fredde cifre aiutano a capire: nella migliore delle ipotesi solo nel prossimo anno scolastico nella nostra provincia sono a rischio circa 1.400 posti di lavoro, ripartiti tra insegnanti (circa 900), insegnanti di sostegno (un centinaio) e personale amministrativo (circa 400). Il taglio andrà a colpire soprattutto la fascia dei lavoratori precari e solo in piccola parte sarà attenuata da circa 450 nuove immissioni in ruolo.
Questo brillante risultato sarà raggiunto sommando la diminuzione del monte-ore di scuola, aumentando il numero di alunni per classe e riducendo, con fusioni e verticalizzazioni, il numero di scuole presenti sul territorio.
Quanto alla riduzione del numero di ore di scuola, è stato calcolato ad esempio (la fonte è il Sindacato scuola della CGIL) che una scuola media con sei corsi completi e 18 classi, adottando il nuovo tempo-scuola normale, verrebbe a perdere 2 cattedre, mentre ne perderà 5 se adotterà il nuovo tempo prolungato.
Una scuola elementare con 20 classi, a causa della reintroduzione del maestro unico e del nuovo orario ridotto a 27 ore settimanali, perderebbe invece 5 cattedre e mezza, che si ridurrebbero a 3 se decidesse di adottare l’orario a 30 ore. Solo l’adozione del tempo pieno (40 ore) lascerebbe la situazione inalterata.
La questione del ridimensionamento sembra essere meno significativa, almeno sul piano dei numeri. Secondo un’ultima ipotesi verrebbero soppresse 7 unità scolastiche, tra elementari e medie (ma alcune di esse come la Corridoni e la Manzoni hanno fatto la storia della scuola a Catania), che verrebbero in buona parte compensate dalla trasformazione in istituti comprensivi di scuola media di altrettante scuole elementari, quasi tutte collocate in periferia. Uno sguardo più attento, però, mostra che la nuova distribuzione non garantisce affatto una più razionale organizzazione territoriale. E ‘ evidente, inoltre, che queste operazioni comporteranno, almeno nel medio periodo, instabilità del corpo insegnante e gravi disagi organizzativi in quanto si tratta di scuole che non sono dotate di locali, strutture e attrezzature adeguate alle nuove esigenze, per non parlare delle pesanti difficoltà che ricadrebbero sulle famiglie.
Intanto anche questa operazione, partita con grave ritardo sui tempi previsti, ha gettato nel caos le scuole perchè per le famiglie è difficile capire dove è possibile iscrivere i propri figli mentre per il personale non è chiaro dove conviene chiedere trasferimento. E’ probabile che si dovrà rinviare tutto all’anno prossimo.
Per un approfondimento su questo specifico tema si può leggere su ‘U cuntu, n. 32, l’articolo di S. Giardina, “Vorremmo studiare anche noi” “Che pretese!”.
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