Mezzo milione di persone hanno lasciato la Sicilia tra il 2001 e il 2021, più della metà aveva tra i 18 e i 35 anni. Un esodo giovanile che non si ferma e che impoverisce la regione privandola di importanti risorse umane che potrebbero contribuire al suo sviluppo. Ci sono, però, anche dei giovani che decidono di non andar via.
Della scelta deliberata di rimanere, che ha preso il nome di “restanza” e che non nasce da passività o pigrizia ma dalla volontà di impegnarsi attivamente per migliorare la propria terra e la propria comunità, ci parla oggi Giuseppe Tomasello.
Con laurea in pianificazione territoriale appena conseguita, triennale a Catania e magistrale a Palermo, è attualmente iscritto ad un Master di II livello a Catania. Vuole continuare a formarsi per poi mettersi in gioco per la sua terra. E oggi sa di non essere solo. Ecco perché.
Ho partecipato alla terza edizione del “Festival per il diritto a restare Questa È La Mia Terra“, svoltosi a Campobello di Licata (AG) il 18 e 19 agosto 2025, organizzato con il supporto del Centro Studi Giuseppe Gatì e della comunità campobellese.
Per 2 giorni più di 130 persone provenienti da diverse parti della Sicilia e dell’Italia si sono incontrate per sviluppare assieme un’idea progettuale utile a contrastare il problema dell’emigrazione universitaria. Hanno condiviso soluzioni innovative già sperimentate e provato a declinarne di nuove, avvalendosi anche delle ricerche del Centro Studi che si ispira alle idee e all’operato del giovane casaro e attivista da cui prende il nome, Giuseppe Gatì.
Il diritto a restare si articola attorno al tema del libro La restanza (2022) dell’antropologo calabrese Vito Teti ed esamina il complesso fenomeno della mobilità umana in entrata e in uscita sui territori per motivi di lavoro, salute, studio e non solo, volontaria e involontaria. Protagoniste della restanza sono infatti le persone che decidono di restare e vivere in Sicilia senza mai partire nonostante le difficoltà e le opportunità, ma anche chi decide di partire per poi tornare e rimanere, e chi non può partire o tornare nonostante ne abbia il desiderio… Sì, riguarda personalmente ognuno/a di noi.
Interrogandosi e dialogando, è emerso ad esempio che il 40% dei laureati siciliani non svolge mansioni coerenti al proprio percorso di studi, che il 79% degli studenti percepisce la Sicilia come regione con meno opportunità e che il tasso di occupazione è più elevato al Centro/Nord Italia. Ciononostante, ci si informa o si è bene informati sull’offerta siciliana prima di partire per studiare? E ancora, come le università siciliane (e la comunità tutta) possono migliorare le proprie offerte formative?
Anche da queste domande ha avuto inizio la progettualità condivisa che è soltanto iniziata. E anche la mia idea di scrivere un articolo per far conoscere questa iniziativa e chiamare all’azione quella parte di cittadinanza siciliana che ha sogni inespressi e voglia di fare per contribuire a trasformare tutto in opportunità concrete di sviluppo locale.
Chi scrive è un biancavillese che ha rappresentato il proprio Comune, studia urbanistica e vuole rimanere in Sicilia per migliorarla, dando un contributo attraverso la propria professione. E, in effetti, il festival ha permesso di comprendere che moltissime professionalità vogliono contribuire a migliorare la Sicilia rimanendovi, ma ciò sarà possibile solo se si opererà assieme in modo coeso, sistemico e assiduo. Festival come questi permettono infatti di costruire grandi squadre di persone provenienti da diverse parti della nostra isola, ma bisogna cominciare ad unirsi nei propri Comuni.
Analizzando assieme la radice del problema e chiedendosi cosa andrebbe modificato, ci si è chiesti se la nostra società coltiva l’intelligenza emotiva e culturale della comunità per allenarla ed orientarla allo sviluppo umano. E se lo fa in modo adeguato.
Forse servirebbe un Ministero per lo Sviluppo dell’Intelligenza come avvenuto in Venezuela negli anni ’80 attraverso l’iniziativa di Richard Hernstein ed Edward De Bono?
Oppure bisogna fare altro. Ad esempio non limitarsi a contrastare la dispersione scolastica presente nelle diverse parti della Sicilia, ma fare crescere il livello delle competenze degli studenti, descritto come inadeguato dalle indagini PISA. O chiedersi cosa offrano ai giovani il nostro Comune e la nostra realtà locale, dal punto di vista aggregativo, per una crescita collettiva comune.
La proposta emersa dai lavori del Festival è il Piano Sicilia Studio volto a garantire un effettivo diritto allo studio a chi nasce e vive in Sicilia attraverso una legge regionale della quale bisogna ancora definire i dettagli, ma le cui linee generali si possono trovare in questo articolo
Arricchiamo questa idea con le nostre conoscenze, capacità e competenze per arricchire noi e l’intera Sicilia. E’ un invito: agisci e partecipa per assicurare il diritto a restare! La Sicilia ha dimostrato molte volte di avere numerose eccellenze e questo festival, con il numero e la varietà dei suoi partecipanti, dimostra che anche adesso ce ne sono. E che, quindi, non si è da soli né in pochi.
A questo link il sito del Festival e del Centro Studi, Questa è la mia terra e io la difendo