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Parco di Cibali, e se lo realizzassero i cittadini?

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area ex Consorzio - fiori e altra vegetazione

Parlare dell’area di Cibali destinata dal Piano Regolatore vigente a Centro direzionale, e attualmente in liquidazione, è diventato ormai urgente.

Non solo perché è in fase di preparazione il PUG, il nuovo Piano, e sono in corso gli incontri organizzati dal Comune per recepire (almeno così è stato annunciato) proposte provenienti da cittadini, enti e associazioni.

Parlare di Cibali è urgente e necessario perchè la nostra città, povera di verde al punto tale da non poter nemmeno lontanamente soddisfare gli standard urbanistici che sarebbe tenuta a rispettare, rischia di perdere la possibilità di utilizzare questo vastissimo spazio in cui il verde, fitto, spontaneo e vario ancorchè trascurato, già abbonda, per colmare questo grave deficit. E di uscire così dal fondo della classifica in cui è collocata in tutte le graduatorie, soprattutto se verrà davvero realizzato anche il grande progetto di Parco dalla collina di Monte Po alla foce del fiume Acquicella, di cui ancora abbiamo solo il primo stralcio.

Con questi due interventi, Catania diventerebbe quasi una città ‘normale’

L’area di Cibali, come è noto, acquisita dalla Banca d’Italia dopo il fallimento di Sicilcassa, è attualmente in liquidazione e posta in vendita ad un prezzo abbordabile. Una parte è stata già acquistata per realizzare appartamenti in un sedicente progetto di social housing.

In un momento in cui il mercato immobiliare è fermo e la maggior parte dell’area è ancora invenduta, la città può ancora sperare che le ruspe e il cemento non distruggano la possibilità di avere anche essa il suo ‘Central Park’.

Che quell’area diventi un grande parco urbano è, d’altra parte, desiderio di molti, ed è anche una prospettiva su cui recentemente si è espresso in modo favorevole il Consiglio Comunale.

Le associazioni ambientaliste hanno iniziato ad organizzare delle passeggiate per esplorarla e per conoscerne la ricchezza. A partire dalla varietà della flora, quasi tutta mediterranea e quindi rigogliosa nonostante lo stato di abbandono, e dalla presenza di canali e serbatoi per la raccolta dell’acqua che testimoniano l’uso agricolo che ne è stato fatto fino a tempi non lontani. Ci sono anche caratteristiche meno visibili ma non meno importanti, come la grotta Lucenti, cava di terra rossa utilizzata in passato nell’edilizia, in parte ancora inesplorata, le lave del 1660 ma anche sabbie ed argille che risalgono anche al Pleistocene superiore.

Davanti a questa abbondanza di valori ambientali, storici ed etno-antropologici, come non aspettarsi che il Comune si affretti ad assicurarsi la proprietà di questo spazio sborsando prontamente i quattro milioni a cui oggi viene quasi svenduto, per attribuirgli l’opportuna e necessaria finalità sociale ed evitare che il progetto di qualche speculatore lo sottragga all’uso comune?

Purtroppo non ci sembra che sia così. Il Comune non si muove, l’assessore La Greca pone domande insidiose sulla sicurezza di chi volesse andare a passeggiarci, quasi che non toccasse alla Giunta che governa questa città renderlo sicuro e provvedere alle opere necessarie perchè sia fruibile dai cittadini.

Se il vicesindaco volesse davvero utilizzare l’area anche per realizzare una strada pressocchè parallela a Viale Mario Rapisarda in modo da rendere più agevole il traffico cittadino, la cosa non ci scandalizza. Una strada che attraversi il parco potrebbe anche essere utile all’utilizzo del parco stesso, purché non si apra alle lottizzazioni e alla cementificazione diffusa, e il resto dell’area venga rigorosamente preservato.

Con una lettera aperta che trovate a questo link, diffusa nel corso di un recente incontro tenuto a CittàInsieme su temi urbanistici, l’architetto Aurelio Cantone e l’ingegnere Pippo Rannisi hanno invitato il Comune a chiedere alla Banca d’Italia la cessione dell’area ad un prezzo simbolico o, in alternativa, di chiedere alla Regione un finanziamento a fondo perduto per acquisirla.

Ma, per motivi non chiari, il Comune non risponde alle sollecitazioni. Non diteci che non ci sono i quattro milioni per l’acquisto di bene comune che resterebbe definitivamente alla città, quando abbiamo visto cifre di poco inferiori spese per eventi transitori e non necessari come feste natalizie, manifestazioni patriottiche e quant’altro.

L’Amministrazione comunale ha il dovere di cogliere questa occasione, se non altro per ovviare alla carenza di verde e raggiungere finalmente gli standard prescritti. Se non lo fa viene meno ai suoi obblighi e si assume una grave responsabilità.

Quanto al sindaco Trantino, che è anche sindaco della Città Metropolitana, potrebbe e dovrebbere coinvolgere quest’ultima (che non può accampare la giustificazione del dissesto) su un obiettivo di così alto valore sociale.

Tuttavia, se gli enti locali non volessero, per motivi a noi ignoti e francamente non conprensibili, fare questa scelta, perché non dovrebbero essere i cittadini a realizzare il Parco di Cibali?

Servono i soldi? Gli strumenti ci sono e sono ormai rodati, dal crowdfunding all’azionariato popolare. Usiamo gli esperti disponibili per studiare e scegliere le modalità più opportune.

Tutti coloro che ritengono che Catania, per divenire più vivibile, abbia necessità di un parco urbano e ritengono che – per la collocazione, l’ampiezza, la ricchezza ambientale – l’area dell’ex Consorzio possa essere candidata a questo utilizzo, tutti costoro possono contribuire con una quota e divenire comproprietari del “Parco della Susanna”.

E’ questa la proposta che oggi Argo lancia alla città, ai cittadini, alle associazioni.

Il problema, più che il reperimento dei soldi, è individuare il soggetto che deve farsi promotore e attore di questo disegno. Un soggetto plurimo ma con un’autorevolezza riconosciuta in città.

Pensiamo alla LIPU di Catania, sempre in prima fila nelle battaglie per l’ambiente, e da cui è partita la proposta del Parco Monte Po – Acquicella, a cui il suo delegato ha indefessamente lavorato e a cui ancora lavora con competenza e passione.

Pensiamo al WWF Sicilia nord orientale, con membri attivi e competenti che ci hanno guidato alla scoperta dell’area nella recente passeggiata esplorativa.

Pensiamo al dipartimento di agricoltura e ambiente dell’Università di Catania, che auspichiamo collabori e si adoperi perché l’area di Cibali venga utilizzata anche per il drenaggio e la laminazione delle acque piovane nei casi, ormai frequenti, di eccezionali fenomeni meteorici.

Pensiamo alle associazioni di speleologi che già hanno esplorato la grotta Lucenti e potrebbero farsene custodi e persino ciceroni per l’arricchimento culturale della città.

E potremmo continuare citando altri soggetti che, a titolo personale o per conto di un ente o di un’associazione, potrebbero utilizzare le proprie competenze per valorizzare anche solo uno degli aspetti (botanico, speleologico, geologico, agricolo, idrologico …..) di questo potenziale bene comune. Non dimenticando che anche le scuole potrebbero essere interessate a partecipare a questo progetto in vista di un possibile uso didattico dell’area.

Pensiamo infine, e sarebbe la presenza più significativa, ai residenti delle aree limitrofe ai quali si potrebbe proporre l’utilizzo di alcuni lotti di terreno per realizzare orti urbani che diano la soddisfazione, a chi lo desidera, di produrre qualcosa per sé e restituiscano ad una parte di questa area l’uso agricolo che essa ha avuto e di cui le strutture ancora esistenti sono testimonianza. Già altrove, in altre città e, nella nostra, a Librino, quella degli orti urbani è un’esperienza consolidata e positiva.

La destinazione di un’area così grande e variegata è opportuno, infatti che sia multipla. Orti urbani, quindi, ma anche un parco in senso proprio, con alcuni sentieri e qualche panchina, pensato in modo tale da non creare quei problemi di manutenzione che la Giunta sempre paventa. Basterà assecondare la crescita di essenze mediterranee abituate a sopravvivere anche con poca acqua e potaure essenziali.

E poi la funzione di raccolta dell’acqua piovana che ben risponde alle esigenze del cambiamento climatico in cui si alternano periodi di siccità e precitazioni estreme, a cui aggiungere una potenziale finalità didattica, con uno spazio dedicato anche allo sport, e perfino una finalità turistica.

Se la nostra proposta di acquisizione dell’area da parte dei cittadini troverà un seguito, diventa fondamentale la costruzione del soggetto, plurimo ma compatto, che si faccia carico della formulazione precisa e tecnicamente praticabile del progetto e successivamente della sua attuazione.

Nel frattempo un gruppo di associazioni, raccolte attorno al gruppo catanese di Friday For Future, ha formulato una richiesta di inserimento del parco di Cibali nel nuovo Pug, da presentare al Comune, alla quale si può ancora aderire. Nella proposta si chiede di vincolare l’area a verde pubblico e trasfomarla in un grande parco “multifunzionale, accessibile e progettato con criteri di forestazione urbana, biodiversità, inclusione sociale, sostenibilità ambientale e resilienza climatica”.

Visto che anche FFF e le associazioni raccolte attorno alla loro proposta, pensano di andare oltre la destinazione urbanistica dell’area, le nostre strade inevitabilmente si incroceranno, così come si incroceranno con quelle di tutti coloro che hanno il comune obiettivo di fare dell’area di Cibali, sottratta alla speculazione e al cemento, un polmone verde per la città.

Lavoriamo tutti insieme, quindi, per essere protagonisti di questa acquisizione, e vediamoci al più presto per discuterne. Il Comune ha l’opportunità di unirsi a noi cittadini. Se ci ostacola, dovrà vergognarsene.

Ringraziamo Filippo Timpanaro per le immagini, compresa quella di copertina, che fotografano l’attuale ricchezza della vegetazione presente nell’area

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