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Senza tetto, una pioggia di soldi e nessuna trasparenza

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presentazione documento della Rete Restiamo Umani sui senzatetto - tavolo

Sette milioni e duecentomila euro provenienti dal PON Metro, più undici milioni di fondi, per lo più europei, di varia provenienza, dal POC (Programma Operativo Complementare) al PNRR, dal PON Metro Plus al Fondo Povertà estrema, per un totale di circa diciotto milioni complessivi in dieci anni.

Nonostante questa pioggia di soldi di cui i Servizi Sociali hanno beneficiato per i senza tetto e senza fissa dimora, Catania non ha oggi nessun dormitorio pubblico e continua ad avere dalle ottanta alla 150 persone, per lo più di sesso maschile e di provenienza locale, che vivono in strada. Senza considerare il centinaio di giovani subsahariani che, a San Berillo, trovano riparo in immobili abbandonati e fatiscenti, e le circa 170 persone del campo Rom dell’ex cementificio, con molti bambini che non frequentano la scuola.

Il contrasto tra le consistenti risorse disponibili e la grave carenza di servizi, ha indotto la Rete Restiamo umani/ Incontriamoci ad occuparsi del problema effettuando una ricerca sui dati e portando avanti una serie di incontri con rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni che si occupano della questione.

Ne è scaturito un documento che pubblichiamo a questo link in veste aggiornata e che è stato presentato in conferenza stampa govedì scorso, 8 maggio 2025.

Il punto di partenza è la domanda sul perché il Comune abbia chiuso, a fine gennaio, quindi in pieno inverno, l’unico dormitorio ancora funzionante, quello di via Filippo Eredia a Nesima, di cui abbiamo già parlato.

Aveva il difetto di essere collocato in periferia ed essere quindi poco raggiungibile, ma era pur sempre una risorsa che è stata sottratta a chi è in condizioni di bisogno, in vista dell’apertura di una nuova struttura ancora di là da venire. Del bando “Un altro luogo”, del 13 marzo 2025, per un “Centro diurno e notturno per soggetti in condizione di povertà e/o grave emarginazione”, non si conosce ancora ufficialmente il vincitore.

E comunque, sebbene nel documento della Rete se ne parli come di una iniziativa rilevante che potrebbe rispondere ad alcuni importanti bisogni, a noi sembra un intervento assolutamente inadeguato, considerato che prevede, come centro notturno, solo 30 posti, dodici per le donne e 18 per gli uomini.

Al Comune che dichiara di non avere a disposizione locali adatti per aprire un dormitorio in centro città, Restiamo Umani obietta ricordando la disponibilità delle strutture ospedaliere dismesse, di proprietà della Regione, così come dei locali delle due caserme anch’esse dismesse, ed anche delle aree libere di FS e dei tanti beni confiscati alla mafia, per valorizzare i quali gli enti del terzo settore potrebbero utilizzare i fondi a ciò destinati dalla Fondazione per il Sud (1.200 ml di euro). Le strutture, quindi, ci sono, bisognerebbe lavorare al loro utilizzo.

Ma la domanda più importante che la Rete Restiamo Umani pone al Comune riguarda la trasparenza nell’uso delle risorse. Per usare le parole del documento “i dati riguardanti l’uso dei finanziamenti ricevuti dal 2014, nonché i progetti in attuazione in questo momento ed il loro stato di avanzamento rimangono sconosciuti”.

La ricerca di Restiamo Umani si occupa anche dei rapporti con l’ASP, che andrebbero ridisegnati per poter offrire alle persone fragili che vivono in strada i servizi necessari. Spesso si tratta di persone con disturbi psichiatrici o con dipendenze da alcool e droga, e che hanno particolarmente bisogno di assistenza. Proprio per la condizione di estrema fragilità in cui versano, non è credibile – come affermano diversi rappresentanti delle istituzioni – che esse vogliano rimanere a vivere in strada per scelta. Secondo le associazioni della Rete, si tratta in ogni caso di una scelta “inconsapevole”, dato che la condizione di estrema fragilità, anche psichica, non permette a queste persone di “comprendere i vantaggi di una scelta diversa”.

Presso l’ASP – leggiamo ancora nel documento – esiste una U.O.C. (Unità operativa complessa) per l’accoglienza di senzatetto locali o stranieri immigrati in via Sardo 20. Sono attivi ambulatori con la presenza di medici, psichiatri, psicologi, assistenti sociali, infermieri. Manca però il servizio su strada, che sarebbe fondamentale.

Dal documento emerge, inoltre, che il vuoto di servizi da parte del Comune viene riempito da enti e associazioni, dalla Caritas alla Croce Rossa, dalla Locanda del Samaritano al Centro Astalli alla Casa della Mercede, che si occupano dei senza tetto e senza fissa dimora, offrendo accoglienza o mettendo a disposizione ambulatori medici e legali, servizi per la pulizia personale e altro. Ci sono anche unità di strada, tra cui quella della cooperativa Mosaico che ha vinto un bando del Comune.

Ma si tratta di interventi non adeguatamente coordinati tra loro e che lasciano aperta la domanda, come Argo ha già scritto, se “l’offerta di un pasto o di una coperta possa essere – paradossalmente – controproducente, un modo per rendere la situazione più sopportabile e contribuire ad incancrenirla”.

A conclusione delle ricerche effettuate e degli incontri avuti con istituzioni e associazioni, la Rete Restiamo Umani/Incontriamoci ha indicato alcuni obiettivi prioritari.

Il primo, e più importante, è quello della trasparenza sui finanziamenti e sull’uso dei fondi disponibili. C’è poi la richiesta, formulata anche dall’OULP (Osservatorio Urbano e Laboratorio Politico), di creare un tavolo di coordinamento con tutte le associazioni e le unità di strada, presso l’assessorato ai servizi sociali.

Non manca la sollecitazione a realizzare al più presto uno o più dormitori nella zona centrale di Catania utilizzando strutture che fanno parte del patrimonio urbanistico della città, inclusi i beni confiscati. Ed inoltre a creare “abitazioni con accompagnamento, secondo il progetto Housing first”.

Un’ulteriore richiesta è quella di inserire, all’interno dell’assessorato, figure professionali oggi mancanti ma necessarie, il sociologo, il mediatore, l’educatore, lo psicologo, l’operatore sociosanitario. Con l’obiettivo di inviare il proprio personale su strada in modo da prendere in carico, con un intervento diretto, i senza tetto che in strada “volontariamente” vivono.

Leggi il documento in forma integrale.

2 Comments

  1. Ma quali sono le associazioni nominate nell’articolo che offrono ai senza tetto la possibilità di una doccia?

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