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Taglio ai finanziamenti, a rischio i progetti di riutilizzo dei beni confiscati alla mafia

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Per opporsi alla ‘criminalità organizzata’ serve una ‘legalità organizzata’, e questa lo è”. Sono le parole che il comandante della stazione dei carabinieri di San Gregorio ha rivolto alle persone intervenute all’assemblea pubblica indetta da Arci e Siciliani Giovani nella villa confiscata a Nitto Santapaola, in via De Chirico 15.

Un’iniziativa di protesta contro la decisone del governo che ha tagliato i finanziamenti destinati alla riqualificazione dei beni confiscati: trecento milioni di euro del Piano di Ripresa e Resilienza (PNRR), con i quali si sarebbero dovuti realizzare progetti destinati a trasformare immobili inutilizzati e abbandonati in sedi di associazioni, strutture per donne maltrattate, servizi per la comunità.

Sottrarre alle organizzazioni criminali di stampo mafioso i beni accumulati con le estorsioni, il traffico di stupefacenti, le minacce, è stata la grande intuizione di Pio La Torre, divenuta legge subito dopo la sua uccisione, nel 1982. Il senso di quella legge non era solo punitivo, non si trattava solo di togliere ai mafiosi i loro patrimoni, ma anche di restituire queste ricchezze alla collettività per creare opportunità di sviluppo e di coesione sociale. Fu la legge 109 del 1996, promossa da Libera, a sancire il riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie e una successiva legge del 2010 a creare un’Agenzia dedicata alla loro gestione.

Eppure qualcosa non ha funzionato, i beni confiscati sono molti, sebbene le confische siano attualmente in calo, ma la loro gestione si è rivelata difficile e spesso perdente, per molte ragioni, le azioni di sabotaggio da parte dei boss mafiois ancora in grado di controllare il territorio, il disinteresse e/o l’incompetenza degli amministratori incaricati di gestirli, l’inerzia del personale dell’Agenzia

Particolarmente complicata la situazione delle aziende, che difficilmente sono riuscite a sopravvivere e a continuare la loro attività (caso LaRa srl), tranne casi eccezionali come quello della Geotrans, amministrata da Luciano Modica.

Meno complicata la situazione degli immobili, in genere assegnati agli enti locali, in gran parte, comunque, rimasti in stato di abbandono, quando non hanno continuato ad essere, di fatto, nella disponibilità dei vecchi proprietari mafiosi.

La villa di Nitto Santapaola è stata assegnata al comune di San Gregorio e non è un caso che il sindaco, Sebastiano Sgroi, fosse presente all’assemblea di venerdì pomeriggio. Il taglio ai finanziamenti previsti dal PNRR interessa da vicino i Comuni che hanno già avviato la progettazione degli interventi. Il coinvolgimento di Sgroi non era motivato, quindi, solo da senso civico, ma anche da una necessità stringente. Come ha detto nel suo intervento, la redazione del progetto esecutivo di riqualificazione di questo immobile, a cui sta lavorando personale dell’ufficio tecnico del Comune, è già in corso. Un progetto di 585 mila euro, con un crono programma già definito, fino alla consegna e al collaudo previsti nei primi mesi del 2025. Cosa accadrà adesso, in seguito al definanziamento?

Alla preparazione del progetto, soprattutto per la definizione degli spazi interni, hanno dato il loro contributo anche le associazioni che dovrebbero usufruire della struttura, una associazione che si occupa di donne e attiverebbe un centro antiviolenza, e un’associazione di genitori di ragazzi autistici, Autismo Oltre.

Per Autismo Oltre è intervenuto in assemblea Enrico Orsolini, presidente dell’associazione e padre di un ragazzo autistico di diciassette anni. Ha ribadito l’importanza della collaborazione stabilita con la precedente amministrazione e, indipendentemente dal colore politico, proseguita con l’attuale. Una collaborazione, portata avanti soprattutto con i progettisti, utile a far sì che la ristrutturazione dell’edificio sia tale da renderlo idoneo all’utilizzo che se ne intende fare.

Un impegno che potrebbe essere vanificato dagli sviluppi della situazione, che resta attualmente incerta.

Il governo assicura che sarà possibile effettuare gli interventi recuperando le somme necessarie da altri finanziamenti, probabilmente europei, ma non sarà facile. E comunque si potrà fare meno del previsto perché i 350 milioni destinati alla riqualificazione dei beni confiscati erano già risultati insufficienti rispetto alle richieste pervenute da parte degli enti locali.

“Gli enti locali hanno presentato oltre 400 progetti meritevoli di finanziamento: 250 sono stati approvati e finanziati, altri 170 sono risultati idonei per un successivo finanziamento”, scrive Dario Gulisano (CGIL). Adesso che i fondi sono stati tagliati, sarà difficile recuperare quelli necessari per i progetti già avviati, agli altri si dovrà rinunciare.

Con l’assemblea di venedì pomeriggio nella villa di Santapaola, Arci e Siciliani Giovani hanno anche dato inizio ad una nuova stagione de Le scarpe dell’antimafia, la carovana che nel 2021 aveva percorso la Sicilia “per fare luce sullo stato dei beni confiscati in Sicilia tra buone pratiche, storie di abbandono e mafiosi che abitano indisturbati i beni confiscati”.

Le prossime tappe saranno Randazzo e Palagonia, con incontri pubblici e il coinvolgimento delle associazioni presenti sul territorio, con cui i promotori intendono intrecciare, o stringere maggiormente, i rapporti.

Per capire meglio cosa accade con i beni confiscati nel sud della penisola, alcuni ragazzi dell’Arci, Dario Fiorello, Patrick Messina, Antonino Russo, con la supervisione di Matteo Iannitti, hanno elaborato una mappa di tutti i progetti approvati o considerati meritevoli di approvazione, nel caso che le risorse fossero state sufficienti. Un lavoro certosino e forse anche noiso ma sicuramente utile, messo a disposizione di tutti sul sito de I Siciliani Giovani.

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