//

Sartoria all’Istituto Rita Atria, scuole aperte alle mamme

3 mins read

Antonella, Patrizia, Sara e le altre, otto in tutto, si incontrano due giorni a settimana, di mattina, sotto la guida di Naida, per dedicarsi alla sartoria creativa. Realizzano cappelli, borse, cuscini, e piccoli oggetti da vendere per comprare, con il ricavato, altre stoffe, cotoni e materiale vario da utilizzare per nuove confezioni.

Nessuna di loro aveva pratica di cucito, nessuna sapeva usare la macchina da cucire, vengono per imparare, ma anche per uscire dalle quattro mura di casa e dalle incombenze domestiche quotidiane. Mentre i figli sono a scuola e i mariti al lavoro, hanno trovato un modo per dedicare un po’ del loro tempo a se stesse, stando in compagnia di altre giovani donne e facendo qualcosa di interessante. E anche di utile, chissà, magari in vista di un’eventuale attività lavorativa.

Non sempre riescono ad essere tutte presenti, quella che non manca mai è Mara, il manichino ricevuto in dono che è diventta la loro mascotte. Le macchine da cucire e il materiale d’uso sono stati in parte donati, in parte comprati con una raccolta fondi, o acquistati con i soldi del progetto.

Un progetto che, nel nome, dice già tutto “Scuole aperte partecipate in rete”. Il che significa non solo che le scuole devono restano aperte oltre l’orario scolastico, ma soprattutto che devono diventare veri e propri “poli civici”, luoghi di partecipazione attorno a cui ruotano non solo gli studenti ma anche i genitori, i cittadini del territorio, le associazioni del serzo settore.

Finanziato dall’impresa sociale Con i bambini, il progetto mette in rete 34 partner in 14 città italiane, tra cui Catania, e ha al centro la scuola, come edificio e come comunità scolastica. Attorno ad essa si vuole realizzare una Comunità educante che la sostenga, non la lasci sola nello svolgere un compito immane, soprattutto in realtà difficili come la nostra, “prevenire la povertà educativa minorile”.

Capofila locale è l’Associazione musicale etnea (AME), i locali sono quelli della Nuova Masseria Moncada, presso l’Istituto Comprensivo Rita Atria (ex Fontanarossa), nel quartiere di Librino, dove è nato il Polo delle Arti.

Esperienze di teatro, musica, danza, vengono realizzate negli spazi della Masseria, occupati di mattina per le attività dei ragazzi che frequentano la scuola, oltre che dalle mamme che si dedicano alla sartoria in un’ala ad esse riservata.

Nel pomeriggio questi spazi ospitano giovani che non sono attualmente alunni dell’istituto e talora non provengono neanche dal territorio, come accade con il corso di musica Rap, frequentato da ragazzi che raggiungono Librino da vari quartieri della città. Uno dei casi in cui la periferia diventa ‘centro’ di interesse e di attrazione.

Come leggiamo nella presentazione del progetto, Scuole Aperte Partecipate può diventare una esperienza generativa capace di contrastare la povertà educativa in modo efficace e sostenibile, utilizzando quel “capitale sociale immenso” costituito dal volontariato, dalle attività degli enti di terzo settore e di tutti i soggetti capaci di “affrontare le emergenze attivando le risorse della comunità scolatica e territoriale”.

Il tutto in rete con altre realtà che portano avanti buone pratiche ed esperienze simili. E con il MoVi (Movimento di Volontariato italiano) come capofila nazionale del progetto.

Anche le mamme del corso di sartoria cercano di mettersi in rete con altre esperienze simili, e nello stesso tempo ambiscono a farsi conoscere come realtà autonoma, tanto da aver realizzato un loro logo. La voce comincia a circolare. Un’architetta le ha coinvolte per realizzare cuscini per una struttura da presentare alla Biennale di Venezia. Cominciano ad arrivare richieste di piccole riparazioni, il cui pagamento serve ad incrementare il fondo cassa per nuovi acquisti di materiale.

Piccole cose e non solo. Naida Begeta, la loro istruttrice, si presenta del resto come una ‘Fashion and Costume Designer’, ha un suo sito web e un suo brand, viene da Sarajevo dove si è laureata all’Accademia di belle arti, ha trascorso molti anni a Los Angeles e adesso vive a Catania, la città d’origine del marito.

La sartoria non è la sola attività prevista per i genitori degli alunni. E’ previsto anche un laboratorio di cucina, attualmente in fase preparatoria.

Un fermento di attività incoraggiate dalla dirigente dell’Istituto Rita Atria, Concetta Patrizia Tumminia, la cui visione di una scuola aperta al territorio è condivisa appieno dall’insegnante referente di questo progetto, Melita Cristaldi, a cui l’esperienza della sartoria sta particolarmente a cuore.

La povertà educativa, particolarmente grave a Catania, è anche un’emergenza nazionale a cui si dovrebbe dare risposta con un’azione pubblica mirata, alimentata da adeguati finanziamenti. Un progetto quadriennale, per quanto intelligente e lungimirante, non può compensare l’assenza di adeguate scelte politiche, anche se può indicare un percorso e suggerire un metodo. Il che non è poco.

Resta il fatto che, a livello nazionale e locale, bisogna richiamare i decisori politici alle loro responsabilità, affinché considerino prioritaria una questione così rilevante per il futuro del paese.

1 Comments

Rispondi a Concetta Palermo Annulla risposta

Your email address will not be published.

Gli ultimi articoli - Dossier - Povertà educativa e dispersione scolastica

La scuola e l’autorevolezza

“Ripristinare la cultura del rispetto, contribuire ad affermare l’autorevolezza dei docenti e riportare serenità nelle nostre