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Ancora Bianco? No, per favore no

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A poco più di tre mesi dalle elezioni amministrative catanesi, è appena iniziata la discussione su alleanze e possibili candidati. Argo proverà a rendere più trasparente ed esplicito il dibattito analizzando le proposte programmatiche dei vari schieramenti e le esperienze politiche dei candidati. Ospitiamo oggi un intervento di Antonio Fisichella, dell’Associazione Memoria e Futuro, che auspica la creazione di una nuova classe dirigente, radicata nella vita concreta della città, che si lasci alle spalle trasformistiche alleanze elettorali e politici ‘buoni per tutte le stragioni’. Compreso Bianco, ormai molto distante da quel sindaco che agli inizi degli anni novanta seppe favorire un movimento civile e morale di rinnovamento cittadino.

Aveva detto che a Natale avrebbe sciolto la riserva su una sua eventuale candidatura, poi ci ha informati che avrebbe aspettato Sant’Agata. In questi giorni è saltato fuori un sondaggio in cui Enzo Bianco è in testa a tutto: notorietà, grado di fiducia, etc, etc. E’ il modo di Bianco di lanciare un avviso ai naviganti: “Io ci sono, con me dovete fare i conti”. Almeno per un giorno ha occupato la scena. Se l’è presa. Speriamo sia l’ultima. E che rinunci all’idea di candidarsi a sindaco. Per il bene suo e della città.

72 anni sono tanti, troppi per reggere l’urto di una città a pezzi che richiede ben altre energie per essere guidata in maniera decente. E’ stato sindaco ben quattro volte. Nella prima c’era Reagan presidente degli Stati Uniti e Gorbaciov segretario generale del PCUS. Roba da archeologia politica. Lo abbiamo votato, appoggiato, sostenuto ogni volta che si è candidato. Non abbiamo dubbi ad affermare che Bianco sia stato il migliore sindaco della storia della città in un frangente storico irripetibile, quel 1993 in cui tutto sembrava poter cambiare in Italia, nel Mezzogiorno, perfino a Catania.

In quel tempo una città intera si mise in moto e lui seppe trovare il linguaggio, lo stile e le scelte giuste per accompagnare quel grande movimento civile e morale che attraversava Catania all’indomani del crollo della “Prima Repubblica”. Poi scelse di rompere quell’incantesimo: abbandonò Catania per andare a fare il ministro degli Interni. Mancavano ancora due anni al compimento del suo mandato di primo cittadino rieletto a furor di popolo. Fu una scelta tragica. La città si sentì tradita. In quell’abbandono stanno le radici del lungo ciclo di governo cittadino del centro destra.

E ciò che è ancora più grave, Bianco, con quella fuga romana, rinunciava a dotare Catania di un nuovo piano regolatore. Si era ad un passo dal traguardo, vi erano tutte le condizioni per approvarlo. La città, per la prima volta, avrebbe potuto ridisegnare il proprio futuro libera dal peso opprimente della rendita fondiaria, di un ciclo del cemento eternamente riproposto come l’unico volano economico della città. Bianco si sottrasse al conflitto e lasciò in vita i meccanismi di riproduzione del blocco di potere che ha ormai letteralmente devastato la città. Fu una grande occasione mancata.

Nonostante ciò, nonostante la dolorosa consapevolezza dei limiti di quella esperienza, gli perdonammo quella fuga romana, e lo votammo un’altra volta: in quel 2013 in cui Bianco, fuori dai giochi politici nazionali, ripiegava su Catania. Sapevamo che era un altro Bianco, non più il sindaco della Primavera, Ci accontentavamo anche di una copia ingiallita del sindaco della Primavera. Eppure pensavamo, nonostante tutto, che Bianco potesse rappresentare uno scudo, un riparo sotto il quale la città potesse proteggersi, rispetto alle esperienze devastanti dei governi di centro destra, formalmente capitanati da Scapagnini e Stancanelli, di fatto guidate da Raffaele Lombardo e dall’immarcescibile ruolo esercitato sul ponte di comando della città da Mario Ciancio Sanfilippo.

Non è andata così, Bianco e la sua giunta si sono mossi in sostanziale continuità con il passato. Abbiamo assistito, impotenti, al declino di una maggioranza tanto larga quanto fragile, ad una attività amministrativa mediocre e di basso profilo. D’altronde, se ti allei con il mondo che ruota intorno a Lombardo un prezzo lo paghi. Ti puoi mettere addosso i lustrini del comando, ma è la città a pagare un prezzo enorme e quel prezzo si chiama immobilismo, impossibilità di aggredire i nodi che stringono la vita della città, compromessi del giorno per giorno per restare a galla.

Oggi Bianco, con il suo sondaggio, fa sapere di essere nuovamente in campo. Noi diciamo semplicemente: “No, basta così”. Bianco ormai appartiene al passato. Il suo tempo politico si è concluso. Il sindaco della Primavera non può più ritornare ed egli, in nome di ambizioni nazionali mal gestite, ha fallito l’appuntamento con la storia della città. Il sindaco Bianco che abbiamo conosciuto dal 2013 in poi era solo uno dei tanti notabili del Mezzogiorno, pronto alle più accidentate alleanze politiche in nome dell’esercizio di un potere tanto effimero quanto autoreferenziale.

Già in queste ore risuona un primo campanello d’allarme: la disponibilità di Totò Cuffaro (l’ex presidente della Sicilia che ha trascorso cinque anni a Rebibbia per favoreggiamento alla mafia) a ”ragionare su altre candidature di personalità prestigiose che in passato hanno svolto determinati ruoli”. Un riferimento a Bianco che più esplicito non si può. Cuffaro, incasserebbe un altro grande successo, dopo quello conseguito nel determinare il nuovo sindaco di Palermo e aver esercitato un ruolo di primo piano nell’elezione a “governatore” di Schifani (imputato nel processo Montante, noto per le cattive compagnie cui si è per lungo tempo circondato, considerato una mente da Totò Riina). Due brillanti operazioni politiche conseguite con l’appoggio di Marcello Dell’Utri, storico uomo di riferimento della mafia palermitana, condannato nel 2014 a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Bianco, a quanto è dato sapere, non fa una piega, incassa l’eventuale appoggio di Cuffaro e della sua Nuova Dc. Un silenzio che sa di assenso. D’altronde l’appoggio di Cuffaro sarebbe perfettamente in linea con il suo sondaggio che lo vede raggiungere il 38% a condizione che si candidi come “candidato civico appoggiato da liste vicine al centrosinistra, centro e centrodestra”. Più che un sondaggio è un preciso orientamento politico. Bianco vuole andare verso la creazione di un grande cartello elettorale, privo di qualsiasi cemento ideale e programmatico, lasciato alle spinte clientelari di ogni sorta. Un film cui la città ha già assistito e che non è più da ripetere.

Catania, se vuole ritagliarsi la possibilità di un nuovo futuro, deve contare innanzitutto su se stessa, su un nuovo ruolo della cittadinanza attiva, sulle energie della società civile e su una politica che sappia investire e dialogare con queste forze. Una politica a difesa degli ultimi, dei giovani e delle donne, in grado di affrontare, come ci ricorda continuamente Monsignor Renna, le piaghe della povertà educativa e della dispersione scolastica Una politica che sia finalmente in grado di dare spazio ad un’imprenditoria sana e che metta in un angolo gli speculatori. Una politica che riesca a “ricucire” la città. C’è bisogno di un “Noi” comunitario e non più di uomini soli al comando, né di politici buoni per tutte le stagioni, nè di indistinte e trasformistiche alleanze elettorali. Catania, oggi più che mai, deve lasciarsi alle spalle “quel si è fatto sempre così”, denunciato con forza dall’Arcivescovo. Ha bisogno di parole chiare che dicano con estrema chiarezza che con i Cuffaro, i Lombardo, gli Schifani , i Razza, i Sudano, i Sammartino, non è possibile allearsi. In alcun modo. Punto. La speranza di Catania passa dal superamento di questo vecchio-nuovo blocco di potere e dei suoi vecchi e nuovi rappresentanti.

Sulla recente carriera di Bianco come consigliere comunale stendiamo un velo pietoso: a Palazzo degli elefanti non si è praticamente mai visto. A dimostrazione di un rapporto ormai episodico con Catania. La sua discesa in campo rischia di pregiudicare altri importanti e positivi percorsi che le forze progressiste e della società civile stanno cercando di sperimentare. E’ tempo di lasciare spazio a nuove esperienze, a nuove personalità, a nuove alleanze sociali e politiche che, al di là dell’esito delle elezioni, portino ad un reale radicamento nella società catanese, nei suoi quartieri, nella vita delle persone. Per cambiarla. E’ un nuovo tempo. Gli uomini del passato devono comprenderlo. Bianco deve reinventarsi, non insista in vecchi percorsi. Si ritagli un ruolo nuovo, la città che tanto gli ha dato gliene sarà grata: aiuti – con la sua esperienza, la sua abilità, le sue capacità – la crescita di una nuova classe dirigente. Faccia un investimento di fiducia sulle nuove generazioni. Sono loro a dover affrontare quel tempo nuovo che è dinanzi a noi.

3 Comments

  1. Condivido pienamente. Un’ analisi lucida, serenamente impietosa che riassume trent’anni di storia politica catanese nel bene e nel male vissuti e subiti da questa città e dai suoi cittadini. Ripresentarsi ancora per soddisfare il proprio ego non ha senso. Consigliare, dare spazio e sostenere con la personale grande esperienza accumulata in tanti anni sulla scena politica forze nuove, candidati vogliosi di agire in modo serio e trasparente per il bene comune lo ha.

  2. Preso atto che bianco ha lasciato un segno importante in passato ma che attualmente è una figura stanca che va sostituita quali sono i nomi nuovi Che hanno il carattere e la forza di abbracciare tutto il lavoro di cui questa città ha bisogno?

  3. Condivido questa analisi ben descritta con tutte le sue eloggi e criticità. Oggi abbiamo bisogno di coraggio nelle scelte e ai partiti di questo schieramento si fanno le liste e lasciamo il pensiero di ragionare con la mente dei politici collusi che fanno le tante liste civiche per ingannare gli elettiri

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