Sbarchi, l’invasione che non c’è

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Con la Ocean Viking e i suoi 234 passeggeri accolti nel porto di Tolone, si avvia a conclusione l’assurda vicenda che ha visto protagoniste quattro navi di ONG (Organizzazioni Non Governative), i cui costi di gestione sono peraltro sostenuti da finanziatori privati.

A Catania solo nella tarda serata di Martedì 8, dopo che i medici ne avevano certificato le condizioni di vulnerabilità, sono finalmente potuti scendere dalle navi i naufraghi ancora a bordo della Humanity e della Geo Barents, salutati dagli antirazzisti catanesi, giovani e meno giovani, accorsi al porto per dimostrare solidarietà e contestare le scelte del governo Meloni che “invece di fare scendere tutti i naufraghi e dare loro soccorso medico e psicologico (visto che si tratta di persone fuggite da guerra e miseria, sottoposte a torture e vessazioni nei lager libici) ha scelto di selezionare, con un metodo che ricorda incubi del passato, chi fare sbarcare e chi no”.

Una vittoria del buon senso, a dispetto di chi strumentalmente continua a parlare di invasione, di extracomunitari che rubano il lavoro o ricevono particolare assistenza, mentre gli italiani soffrono.

Nessuno può negare che oggi la situazione economica sia molto difficile, a partire dal rincaro delle bollette e dalla crescita dell’inflazione, che ha raggiunto le due cifre, mentre non si fermano disoccupazione e emigrazione (nel 2018 sono emigrate dall’Italia 117 mila persone, soprattutto giovani e soprattutto dal sud).

Ma i nostri problemi non derivano certo dai presunti “privilegi” delle persone extracomunitarie, derivano piuttosto dalle scelte politiche dei governi, ieri Draghi, oggi Meloni, che hanno privilegiato le spese per guerre e armamenti a fronte di una progressiva riduzione di quelle sociali, a partire da sanità e scuola.

Per provare a capirne di più, partiamo dai alcuni dati.

I dati degli sbarchi, innanzi tutto, la maggior parte dei quali non avviene affatto grazie a navi delle ONG (protagoniste del 10% dei salvataggi). La maggior parte dei migranti viene portata a terra da motovedette della Guardia costiera e della Guardia di finanza, intervenute per soccorrere grossi pescherecci o barconi partiti dalla Libia, o in arrivo dalla rotta turca, e riusciti a entrare in zona Sar italiana. Ci sono poi gli interventi di Frontex e molti sbarchi autonomi. “Dalla Tunisia a Lampedusa, a bordo di piccoli barchini, nel 2022 sono arrivate 16.873 persone” (Repubblica).

Perchè allora accendere i riflettori solo sulle ONG? Forse per travisare, volutamente, la realtà?

Anche i numeri degli stranieri presenti nel territorio europeo riservano qualche sorpresa.

Nel 2021 la popolazione europea è stata di circa 450 milioni di persone, di cui 23,7 milioni (5,3%) provenienti da paesi terzi. Ed ecco i principali motivi dei permessi di soggiorno: Familiari (36%); di Lavoro (20%); Asilo (9%).

I lavori in cui sono maggiormente impiegati i cittadini “extraeuropei” sono: addetti all’assistenza alle persone e alle pulizie, alla costruzione e ai trasporti, alla ristorazione, all’agricoltura e alla pesca. Sono i settori in cui i lavoratori “europei” rappresentano una “residuale” minoranza.

Se poi confrontiamo il numero dei rifugiati ospitati nei vari Paesi in rapporto alla popolazione, scopriremo che in Libano la percentuale è del 12,5%, in Giordania del 6,3; in Turchia del 4,4… Il primo paese europeo in questa particolare classifica è la Germania con l’1,5. La media della UE è 0,6.

Nel 2021 sono state presentate nell’UE 630.500 domande, di cui 535.000 per la prima volta, con un aumento del 33% rispetto al 2020, ma un calo del 10% rispetto al 2019, prima del COVID.

La maggior parte delle prime domande di asilo è stata presentata (anno 2020) in:

  • Germania (148.200 richieste in un paese con circa 83 milioni di abitanti)
  • Francia (103.800 richieste, 68 milioni di abitanti)
  • Spagna (62.100 richieste, 47 milioni di abiatnti)
  • Italia (43.900 richieste, 60 milioni di abitanti)
  • Austria (36.700 richeste, 9 milioni di abiatanti).

Peraltro, in rapporto al numero di abitanti, il Paese che accoglie di più è Cipro, seguito da Austria e Slovenia.

Secondo i dati forniti da Repubblica, “Nel corso del 2021, oltre 165.500 persone sono giunte in Europa, di cui 23.000 bambini o minori di 18 anni, in condizioni spesso disastrose. Nei primi 10 mesi del 2022, gli arrivi sono stati più di 116.000, di cui oltre 22.900 minori, in fuga da conflitti, insicurezza e povertà, che colpiscono Medioriente e Nord Africa, Africa Sub-Sahariana e Asia Centrale e Meridionale, e la cui vulnerabilità è ora aggravata dal COVID-19”.

Per quanto riguarda l’Italia, gli immigrati residenti al 1 gennaio 2020 erano 5.306.548, l’8,8% della popolazione. Tra questi 1,6 milioni di stranieri provenienti da altri paesi europei e 3,7 milioni di stranieri non comunitari.

Il numero dei migranti in accoglienza in Italia al 31 ottobre 22 è di 103.161, molto meno di quelli che erano in accoglienza nel 2017, più di 180.000. Attualmente 68.962 sono nei centri, 32.397 nel sistema Sai in piccoli appartamenti, 1.802 negli hotspot di Sicilia e Puglia, che sono in sofferenza per i continui arrivi di sbarchi autonomi. Ma sappiamo che la maggior parte di questi migranti, appena sarà messo nelle condizioni di farlo, lascerà il nostro paese per altre destinazioni.

In sostanza, se invece di ascoltare la propaganda si guardasse ai numeri reali, occorrerebbe fare ben altre considerazioni rispetto a quelle cui siamo abituati. Senza dimenticare che spesso viene attuata la classica politica dei due pesi e delle due misure. Siamo giustamente tutti d’accordo per accogliere gli ucraini che fuggono dalla guerra, perché questa stessa solidarietà non vale per tutti gli altri che fuggono dalle tante guerre “dimenticate”?

La questione numerica non è comunque l’unica. Sebbene i numeri non siano quelli della paventata “invasione” usata come strumento di propaganda, il nostro paese deve fare i conti con il fenomeno immigrazione, a livello strutturale. Anche perché sappiamo già non solo che non possiamo fermarla, ma che ne abbiamo bisogno, e sempre più ne avremo.

Per ribadire tutte queste ragioni e chiedere un necessario “cambio di passo”, le antirazziste e gli antirazzisti catanesi hanno indetto per sabato 12 novembre una manifestazione cittadina che partirà alle 16,00 dall’ingresso del Porto e si concluderà in via Etnea, davanti alla Prefettura.

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