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Modello Caivano o modello Catania?

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La Salette, area San Cristoforo

‘Modello Caivano o modello Catania’ è il quesito posto da Carlo Colloca (sociologo dell’Università di Catania ed esponente dell’Osservatorio prefettizio per il contrasto alla devianza minorile) intervenuto nel dibattito sul decreto del Governo, che stanzia risorse per alcune città, tra cui Catania e il quartiere S. Cristoforo in particolare, sulla scorta del cosiddetto ‘Decreto Caivano’.

L’incontro, convocato dall’Amministrazione comunale presso l’auditorium dell’oratorio Salesiano di Santa Maria della Salette, era iniziato con le comunicazioni del sindaco Trantino ai convenuti, dirigenti scolastici, rappresentanti del Terzo Settore che operano a San Cristoforo e altre forze sociali cittadine, invitate per elaborare una piattaforma condivisa di idee e progetti da proporre al Commissario Straordinario di Governo.

La questione posta da Colloca ci è parsa di fondamentale importanza. Essa presuppone un giudizio decisamente negativo sul modo con cui si sta realizzando il cosidetto ‘modello Caivano’ che manca di legittimazione sociale, dal momento che gli abitanti della città non sono stati coinvolti nella progettazione degli interventi. E’ mancata, in quel modello, la precondizione necessaria per garantire una partecipazione corresponsabile, soprattutto per quanto riguarda la successiva gestione degli interventi realizzati.

Il confronto con l’Amministrazione era stato sollecitato anche da un documento redatto dal ‘Cantiere per Catania’ e sottoscritto da decine di associazioni, movimenti e parrocchie, molte delle quali sono presenti nel quartiere “con una continuità di operosità discreta [e] continuano ad affrontare, in un contesto di particolare difficoltà, le emergenze educative, le situazioni di povertà anche culturale, la devianza giovanile, l’abbandono e la dispersione scolastica.”

Come Claudio Sammartino, già prefetto della Repubblica e coordinatore del Cantiere, ha ricordato nel suo intervento, il documento (“Assieme, per San Cristoforo”) chiede, di fatto, all’Amministrazione di utilizzare il “prezioso patrimonio conoscitivo” acquisito “da comunità, realtà, associative ed organismi del Terzo settore nel momento in cui, con apprezzabile celerità, viene avviata la predisposizione, entro 60 giorni, del Piano straordinario degli interventi da sottoporre all’approvazione del Consiglio dei ministri.”

La situazione di degrado, vulnerabilità sociale e disagio giovanile, tipica del quartiere di S. Cristoforo (toponimo peraltro piuttosto generico per indicare l’insieme dei quartieri popolari che si snodano lungo l’asse della via Plebiscito, dalla Pescheria all’Antico Corso) è stata riconosciuta anche dal Sindaco, che ha, tuttavia, ricordato alcuni interventi di riqualificazione già realizzati (ex mercato ittico) o in corso di realizzazione (ospedale Vittorio Emanuele).

Trattandosi di un finanziamento consistente, di circa 25 mln, è molto importante individuare interventi che possano veramente incidere in una realtà degradata anche per effetto della assenza fisica delle istituzioni (a parte qualche scuola e, in passato, qualche ospedale), che va assolutamente superata, come ha sottolineato nel suo intervento l’avvocato Giuseppe Giuffrida, già candidato sindaco.

Numerosi e sostanziali sono stati i contributi emersi dai vari interventi, a partire dalla indicazione di metodo avanzata da Don Marcello, direttore dell’Istituto salesiano ospite, sulla opportunità di creare sinergie fra tutte le realtà (parrocchie, scuole, terzo settore) che già operano nei diversi quartieri. Tutte risorse già immediatamente disponibili che dovrebbero, secondo Antonio Fisichella (Comitato di contrasto alla povertà educativa), essere messe a sistema per creare una ‘comunità educante’, alla quale il Comune dovrebbe garantire trasporti adeguati e mense per la realizzazione del tempo pieno nelle scuole.

Sempre don Marcello, ha poi indicato, come obiettivi, la realizzazione di quattro poli. Un polo culturale, con l’apertura di scuole di formazione professionale, la collocazione di istituti di istruzione di secondaria superiore, ma anche di sedi universitarie; un polo di prossimità, che si occupi degli anziani, dei disabili e delle famiglie di carcerati; un polo sanitario, soprattutto ora che sono stati chiusi tutti gli ospedali che prima insistevano in questo territorio; un polo ricreativo e sportivo.

L’inserimento di San Cristoforo nel progetto di grande Parco Territoriale Monte Po-Vallone Acquicella, è stato auspicato da Pippo Rannisi, che del Comitato Promotore del Parco è il presidente. La proposta di Parco comprende, infatti, l’area fra via Acquicella Porto e Via Barcellona, inserita fra i confini del parco non solo per “tutelare” il fronte lavico del 1669, ma anche per consentire al quartiere di avere uno ‘sbocco’ verso sud, l’Acquicella, il Boschetto della Plaia, la stessa Plaia e Viale Kennedy.

Centrale il problema indicato da Maurizio Attanasio, segretario della Cisl, che ha parlato a nome di tutti i sindacati: la mancanza, cioè, in questi quartieri, di occasioni di lavoro che permettano, soprattutto ai giovani, di riscattarsi dal perenne ricatto della malavita organizzata e dello spaccio di droghe come unica possibilità di guadagno.

Se non si sarà capaci di trovare soluzioni concrete in questa direzione – ha sostenuto – tutti gli altri interventi, per quanto necessari e insostituibili, rischiano di essere inefficaci, comprese le scuole di formazione professionale.

A questo proposito ha ricordato che, alla fine di via Acquicella Porto, esiste un enorme fabbricato mai utilizzato che potrebbe essere convertito in un polo artigianale dove i ragazzi potrebbero fare delle concrete esperienze di apprendistato e acquisire reali competenze professionali immediatamente spendibili sul mercato del lavoro.

Un panorama di proposte ricco e pragmatico, che tuttavia, perché ci sia un seguito, avrebbe bisogno di avere, da parte dell’Amministrazione, una risposta altrettanto concreta alla domanda posta da Roberta Piazza (ordinaria di pedagogia, Unict): diteci in che modo e con quali strumenti possiamo continuare a dare i nostri contributi.

La risposta di Trantino è stata piuttosto deludente e sicuramente inadeguata rispetto alla complessità delineata nel corso del dibattito: mandateci le vostre proposte!

Ma questo significa che nessuno conoscerà le proposte degli altri interlocutori e nessuno potrà controllare quali e fino a che punto esse saranno prese in considerazione, facendo venire a mancare la sostanza del confronto fra tutte le realtà che hanno risposto all’appello. Senza nessuna altra occasione di confronto pubblico, ci chiediamo come potrà avvenire il coinvolgimento dei cittadini nelle scelte dell’Amministrazione comunale. E a che titolo si potrà parlare (come è già avvenuto in altre occasioni) di partecipazione o di co-progettazione.

Torniamo, quindi, all’interrogativo iniziale: se si voglia seriamente sperimentare un ‘modello Catania’, diverso da quel ‘modello Caivano’ che rischia di essere applicato anche nella nostra città.

1 Comments

  1. Qualche giorno addietro ho visto in televisione un programma su Caivano, su ciò che è stato fatto con il così detto “Decreto Caivano” e cosa resta delle opere eseguite con i soldi arrivati in forza del decreto. Tutte le strutture sportive sono state ristrutturate, inaugurate e……, non sono fruibili per i ragazzi di Caivano in quanto, al campo tennis, si entra pagando e altre per le quali non ancora sono iniziati i corsi e non sono state affidate ad associazioni sportive. Del “Decreto Caivano” è rimasta la presenza di esercito e polizia nelle strade che ha spostato l’allocazione delle piazza di spaccio in altri luoghi e nient’altro. Sic!! E così sarà in tutte le altre città che fanno parte di questo progetto. Laura Riccobene

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