Nell’ex Ospedale Vittorio Emanuele sono previsti a breve la demolizione del padiglione di Cardiologia e il restauro del padiglione San Marco.
Per il primo c’è già un progetto esecutivo di demolizione selettiva e controllata “all’interno della procedura per valorizzare il complesso storico monumentale”.
Per il secondo, considerato di valore storico, è in corso una gara per “rifunzionalizzarlo” e collocarvi: il Museo dell’Etna, nella parte prospiciente via Plebiscito, una galleria di mostre temporanee e i locali dell’Accademia delle belle arti nei due bracci a pettine a sud dell’edificio.
Sono informazioni rintracciate in due documenti pubblicati sul sito del Genio Civile e in altri siti dedicati a bandi nella pubblica amministrazione oltre che nella sezione Amministrazione Trasparente del sito dell’Azienda ospedaliera Policlinico Vittorio Emanuele, consultati prevalentemente da tecnici e imprese.
Nessuno può quindi, a rigore, parlare di decisioni tenute nascoste, ma non si può neanche dire che sia stata aperta, in città, una discussione sulla sorte dell’ex OVE e della sua ampia area di pertinenza, posta al centro della città.
DOCUMENTI
Tanto è vero che, anche di recente, fiaccolate e manifestazioni sono state organizzate, per chiedere la riapertura dell’ospedale allo scopo di venire incontro alle esigenze sanitarie determinate dalla pandemia, da parte di gruppi politici e sociali interessati alla questione ma non informati dell’esistenza di decisioni già assunte.
Il metodo con cui si sta procedendo non contempla, infatti, nessuna comunicazione ufficiale ai cittadini, nessun loro coinvolgimento, nessuna possibilità di esprimersi per chi li rappresenta (il Consiglio Comunale) o li amministra (il Sindaco e la Giunta).
Il vero fac totum di questa, come di altre operazioni in corso, è il presidente Nello Musumeci insieme al suo braccio destro Marco Falcone, assessore alle Infrastrutture.
Responsabile unico del progetto, ancora una volta, è l’ingegnere capo del Genio Civile, Natale Zuccarello, già nominato Rup dei Nuovi Uffici Giudiziari e della demolizione del nuovo Santa Marta.
Ma di cosa ci lamentiamo? ci si potrebbe obiettare. Abbiamo finalmente “uomini del fare”, che decidono e attuano, senza indugi.
Oltre al mancato coinvolgimento dei cittadini, che sono i diretti interessati e ai quali spetterebbe legittimamente ed opportunamente prendere la decisione, lamentiamo
l’assenza di un progetto complessivo in cui inserire i singoli interventi. Da quanto letto, si deduce soltanto che si vuol dare almeno ad alcuni edifici dell’area una funzione museale, in accordo alle dichiarazioni d’intenti che abbiamo qualche volta sentito.
Procedere con interventi estemporanei e settoriali, in situazioni complesse dal punto di vista urbanistico e in assenza di un progetto più ampio, comporta – però – il rischio di creare incongruità e alterazioni, talora irreversibili, nell’assetto della città.
La necessità di un adeguato quadro di riferimento è affermata nello stesso DIP (Documento Preliminare di Indirizzo alla Progettazione allegato la bando di concorso) laddove recita:“L’area dell’ex presidio ospedaliero dovrà essere, pertanto, oggetto di una programmata pianificazione che realizzi un’area a verde attrezzata con funzioni di parco urbano traguardando, per quanto possibile, la ricreazione degli antichi giardini dell’ex convento, ma che al contempo consenta di realizzare una completa riqualificazione urbanistica”.
In assenza di “programmata pianificazione”, sulla base di cosa è stato stabilito l’intervento oggetto della gara? Se, invece, l’ipotesi complessiva esiste, perché non porla su un tavolo di discussione?
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A pagina 9 del DIP si afferma che “L’affidamento dei servizi in oggetto riguarda solo il Padiglione San Marco. Gli altri interventi di riqualificazione dell’intera area sono stati già programmati e saranno avviati in parallelo al presente bando di gara.” Ma sulle motivazioni complessive, sul tipo di interventi, sulla funzione a cui saranno destinati gli edifici, nulla è dato sapere, così come non è dato sapere sulla base di quali norme la Presidenza della Regione si è assunta la competenza esclusiva sul riuso delle aree ospedaliere dismesse.
Forse Musumeci pensava proprio al caso dell’OVE quando ha proposto e ottenuto l’approvazione della recente legge regionale urbanistica, la n.19/2020, visto che, al primo comma dell’art. 33, leggiamo: “La Regione promuove iniziative finalizzate al consumo di suolo tendente a zero anche attraverso la rigenerazione di aree edificate se esse hanno perduto la loro originaria utilizzazione, […] mediante l’individuazione di nuove funzioni aventi rilevanza strategica, anche in un’ottica di area vasta.”
Non tutto quello che la legge prescrive è stato, tuttavia, rispettato. Il quarto comma, infatti, prevede “la predisposizione di un piano attuativo, da approvarsi in variante, qualora l’intervento interessi (come nel caso dell’OVE, ndr) ambiti urbani estesi oltre i 5 mila metri quadrati”. Per fare in fretta il Presidente della Regione, e il suo RUP, non si sono accorti di aver dimenticato l’obbligo di una variante urbanistica oppure ritengono che al Presidente siano consentire deroghe alla legge? Eppure la variante, che va approvata dal Consiglio Comunale, sarebbe stata l’occasione giusta per coinvolgere la città.
Quanto alla pianificazione, la scelta più opportuna sarebbe stata quella di predisporre, per tempo e prima di iniziare singoli interventi, un piano – con variante generale del PRG – relativo alle strutture ospedaliere di tutto il territorio, che comprendesse sia i nuovi ospedali sia quelli esistenti da mantenere o da potenziare o da dismettere con l’indicazione delle nuove destinazioni dei fabbricati e delle aree di pertinenza.
Ma non pretendiamo troppo…
Sarebbe stato sufficiente un piano particolareggiato per l’area del Vittorio Emanuele, come prescritto anche all’art. 10, relativo alla zona A (centro storico), delle Norme di Attuazione del Piano Regolatore, “per nuove attrezzature quali mercati, scuole e servizi collettivi in genere, dovranno essere compilati piani particolareggiati per le zone interessate”.
Ampliando il discorso, ci sono molte altre domande che restano aperte.
Una questione di legittimità, ad esempio, si pone per il problema dei trasferimenti di volumetria, previsti per il padiglione da abbattere. Trasferimenti che abbiamo individuato come illegittimi nel caso della demolizione dell’edificio novecentesco del Santa Marta.
In questo caso abbiamo anche il problema aggiuntivo della proprietà che non è del Comune ma dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico-Vittorio Emanuele, la quale ha concesso la struttura in comodato d’uso all’Assessorato dei Beni Culturali.
Può il comodato d’uso consentire operazioni come la demolizione, il cambiamento di destinazione d’uso o il trasferimento di volumetria in altre aree del Comune? Ancora: può l’assessorato delle Infrastrutture operare in totale libertà in un’area assegnata in comodato ad altro Assessorato?
C’è poi la questione del coinvolgimento della Soprintendenza, obbligatorio perché ci troviamo in centro storico e abbiamo a che fare anche con edifici sottoposti – ope legis – a vincolo monumentale. Eppure non abbiamo trovato, nei documenti reperiti, alcun parere formale della Soprintendenza, ma solo un cenno ad un sopralluogo “congiunto” per individuare gli immobili di interesse storico-artistico (DIP, pag 9), quelli segnalati nella cartina che qui riportiamo.
Uno studio più accurato dei documenti disponibili e di altri che dovessero emergere può portare a focalizzare altri problemi, ma quello che, al momento, a noi sembra più grave è avere estromesso dalle decisioni sia i cittadini sia gli organi amministrativi della città.