'Caravana': aprire le frontiere, aprire le menti

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Cinque pullman di cittadini spagnoli a Catania a luglio non meritano certo una particolare attenzione, sono la conferma dell’appeal turistico esercitato dalla nostra Città.
Se, però, su questi pullman ci sono centinaia di persone, di tutte le età, che da Ventimiglia alla Sicilia e alla Calabria, si muovono insieme per denunciare l’impennata nella violazione dei diritti umani nell’Unione Europea, vale la pena capire perché hanno intrapreso un simile viaggio.
Stiamo parlando della Caravana Abriendo Fronteras, composta da più di 100 collettivi della penisola iberica, uniti nel denunciare le politiche migratorie, economiche, commerciali e ambientali della UE.
Più precisamente, come si può leggere nel loro sito: “Politiche soggette a un costante e incessante saccheggio delle risorse e allo sfruttamento economico, lavorativo e ambientale di milioni di persone nei paesi del Sud globale.
Politiche che causano l’impoverimento e lo spostamento di milioni di persone. Politiche che contribuiscono a generare instabilità politica, governi falliti, guerre e carestie a cui si aggiungono siccità e altre catastrofi climatiche.
Politiche che disumanizzano le persone migranti, che le privano dei loro diritti e le sfruttano come manodopera a basso costo. Un recente esempio di ciò sono le denunce di abusi sul lavoro e stupri sulle donne marocchine stagionali nei campi agricoli dell’Andalusia o Vittoria in Sicilia”.
Catania è stata, perciò, utilizzata come base per conoscere Sigonella, il CARA di Mineo, il MUOS di Niscemi, l’Hotspot di Pozzallo: tutti luoghi che parlano di militarizzazione e cattiva accoglienza.
E ognuno di questi luoghi è stato oggetto di assemblee e manifestazioni di protesta, che, per esempio al CARA, hanno visto protagonisti anche centinaia di richiedenti asilo.
Anche Catania è stato teatro di due manifestazioni, una al porto e una che, dopo avere attraversato le vie del centro, si è conclusa davanti alla sede di Frontex (Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera), struttura operativa figlia delle politiche che hanno trasformato il mar Mediterraneo in un immenso cimitero.
In questo percorso, la Caravana ha avuto modo di confrontarsi con le Associazioni catanesi, in primo luogo con la Rete Antirazzista dell’infaticabile Alfonso Di Stefano, che si battono contro le politiche figlie delle leggi Turco-Napolitano e Bossi-Fini, del recente decreto Minniti e dell’ancora più recente chiusura dei porti del duo Salvini-Di Maio.
Un confronto serrato e proficuo che ha messo in luce come, sulla pelle dei migranti, si stia conducendo una vergognosa speculazione politica che descrivendo un pericolo che non c’è (l’invasione degli extracomunitari) fa emergere all’interno delle nostre popolazioni, una cattiveria diffusa, la paura di perdere privilegi, l’odio nei confronti degli ultimi.
“Nessuna persona è illegale”, “Solidarietà con i sans papiers”, “No ai campi lager in Libia”, “Sciogliamo Frontex”, “No a Di Maio, no a Salvini, siamo tutti clandestini”, “Diritto all’accoglienza”, “Solidarietà con le ONG” (che nel Mediterraneo continuano a salvare vite umane), questi i principali slogan di tutte le manifestazioni, spesso concluse con performance teatrali per ricordare le tragedie in atto.
Altrettanto chiare le richieste:

  • Rispettare le norme che proteggono le persone migranti;
  • No all’esternalizzazione delle frontiere con Libia, Niger, Marocco e ai i respingimenti che vulnerano il diritto internazionale;
  • Scioglimento di Frontex;
  • Politiche di accoglienza degne ed efficaci e abrogazione del regolamento di Dublino (che stabilisce che il paese che deve decidere se concedere o meno l’asilo è quello in cui le impronte digitali delle persone richiedenti sono state prese per la prima volta);
  • Attenzione a donne e bambine che hanno sofferto o rischiano di soffrire abusi, violenza, mutilazione genitale femminile o matrimoni forzati. Si garantisca, altresì, a ogni donna il diritto di formulare una richiesta di asilo indipendente dal suo partner e ad avere uno status giuridico indipendente da quello del coniuge.
  • Si ponga fine alla pratica di negazione delle richieste di protezione delle persone LGBTI, riconoscendo, anche, il diritto di queste persone a usare il nome con il quale si identificano in tutti i propri documenti amministrativi nei paesi di accoglienza;
  • Attenzione nei confronti dei minori non accompagnati garantendone i diritti ed evitando la violenza, l’abbandono e i rimpatri illegali al di fuori dei confini dell’UE o tra Stati membri;
  • Abrogazione della Direttiva Europea sui Rimpatri, nota come direttiva della Vergogna (le cui ambiguità non permettono di garantire efficacemente i diritti umani);
  • Processi di regolarizzazione per tutti coloro che si trovano in una situazione amministrativa irregolare nei paesi membri dell’UE. garantendo il ricongiungimento familiare.

Non solo “no”, dunque, ma tante proposte per modificare radicalmente la situazione e garantire il rispetto dei diritti umani.
Non a caso il percorso della Caravana si è concluso a Riace, il comune calabro noto in tutto il mondo per aver sviluppato una coerente ed efficace politica di accoglienza e di integrazione.
 

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