Non solo personaggi di spicco del mondo ecclesiastico come Alex Zanotelli, Paolo Farinella o il vescovo emerito Raffaele Nogaro, ma anche magistrati come Domenico Gallo e uomini politici come Raniero La Valle o Giuseppe Campione che fu presidente della Regione Siciliana dopo le stragi del ’92. E ancora docenti, universitari e non, giornalisti, insegnanti, medici, ricercatori, studenti.
Sono i firmatari dell’appello dei “Cattolici per il No” al referendum costituzionale e aderiscono al più ampio “Comitato per il No” e al Coordinamento per la Democrazia Costituzionale.
“No alla democrazia dimezzata” è lo slogan con cui si apre l’appello che alleghiamo integralmente in link.
“La posta in gioco tra il Sì e il No nel prossimo referendum costituzionale non è
il Senato ma è l’abbandono della Costituzione vigente” affermano.
E denunciano il tentativo di fare passare come nuove riforme istituzionali che in realtà rimettono in discussione “questioni di democrazia da cui non si può tornare indietro: divisione dei poteri, sovranità popolare, fiducia parlamentare ai governi senza vincolo di disciplina di partito, libertà e diritti sottratti all’arbitrio dei poteri.”
“Prima di tutto votiamo NO per una questione di giustizia” -proseguono- “Se, nel suo significato più elementare, la giustizia è “la correttezza di una pesata eguale”, lo scambio che ci viene proposto, di dar via metà della Costituzione per avere in cambio ancora Renzi al potere, non è giusto.
“Renzi e la Costituzione non hanno lo stesso peso, e mentre il primo non ci è costato niente (non lo abbiamo nemmeno eletto) la Costituzione ci è costata molto, in pensiero e martiri anche nostri. Perciò, come voto di scambio, Renzi contro la Costituzione è uno scambio ineguale.
“Di conseguenza se in questo gioco d’azzardo con la Costituzione Renzi, perdendo, vorrà lasciare il potere, ce ne faremo una ragione. Ma avremo salvato l’idea che ci vuole un minimo d’equità anche in un baratto.
“In secondo luogo votiamo NO per una questione di verità. Non è vero che la Costituzione vigente è vecchia, tant’è che da vent’anni si cerca di cambiarla. Vero è che da vent’anni essa resiste, anche grazie a imponenti voti popolari. Vecchia è invece la proposta Costituzione nuova, che dà più potere al potere e meno potere ai cittadini, in ciò tornando allo Statuto albertino concesso dal re e finito in Mussolini.”
E ancora: “Non è vero che con la nuova Costituzione si ridurranno i costi della politica. I deputati restano 630, le spese delle province ricadranno su altri enti, il Senato rimane a gravare sul bilancio pubblico col suo palazzo e tutto il suo apparato, anche se viene ridotto ad un club nobiliare per consiglieri regionali e sindaci che passeranno a Roma uno o due giorni alla settimana (sicché il Senato sarà il primo Ufficio Pubblico a brillare per l’assenteismo del suo personale). […]
“Infine votiamo NO per coerenza storica. Per secoli si è chiesto alla Chiesa di
riconoscere la sovranità del diritto e la divisione dei poteri, e sarebbe assurdo che
proprio ora che il papa le ha solennemente proclamate all’ONU, i cattolici italiani ne
abbandonassero la difesa per tornare a quella vecchia, decrepita, infausta cosa che è
l’uomo solo al comando e tutti gli altri a dire di sì.”
La Costituzione, proseguono, si potrebbe anche cambiare, ma “per
portarla su posizioni più avanzate (più diritti, più sicurezza sociale, lavoro, cultura,
più garanzie contro la cattiva “governabilità” e l’arroganza della politica), non certo
sfasciarla. Queste sono le ragioni, laiche e sacrosante, del nostro NO alla rottamazione
costituzionale.”
Prima delle numerose firme, nel siglare il loro documento, scrivono: “Fatto a Roma il 21 gennaio 2016, dopo l’approvazione in seconda lettura della nuova Costituzione da parte del Senato, senza i due terzi dei voti”. E non è una osservazione secondaria.
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Carlo Galli, già docente di storia delle dottrine politiche a Bologna, ancora attivo come opinionista politico,