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Gratteri e Nicaso con Libera per parlare di mafie, droga e mancate riforme

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Distorsione del mercato, corruzione e stravolgimento della democrazia sono gli effetti più pesanti che il traffico di droga genera nella società, e tutti ne paghiamo il prezzo.
La droga di cui si è parlato venerdì scorso ad Acireale è “Sua maestà Cocaina”, oggi regina delle sostanze stupefacenti e fonte principale di ricchezza per la ‘ndrangheta, a sua volta regina delle mafie.
A parlarne in un incontro preparatorio della giornata della memoria e dell’impegno, prevista per il 21 marzo a Messina, Libera ha invitato Nicola Gratteri, procuratore aggiunto a Reggio Calabria, in prima fila nel contrasto alle mafie, e Antonio Nicaso, giornalista, scrittore ed esperto di mafie, entrambi autori di “Oro Bianco” edito nel 2015 da Mondadori. Moderatore Luca Romeo, referente del presidio Libera delle ACI “Pierantonio Sandri”
Per ricostruire le rotte della cocaina Nicaso e Gratteri sono stati in Sud e Nord America, in Africa, in Australia e in molti paesi europei. In particolare sono stati nella selva colombiana, ospiti di un campo di addestramento in cui 4000 soldati dell’esercito colombiano vengono preparati a contrastare i cocaleros.
Non è una lotta facile e molte sono le vittime. Non solo i soldati che rischiano costante la vita ma anche i contadini, cacciati con violenza dalle loro terre per far posto a nuove piantagioni di Erythroxylum coca, e poi l’ambiente che soffre del disboscamento di grandi estensioni di terreno, su cui peraltro -dopo la produzione intensiva di coca- non cresce più nulla.
La distruzione delle piantagioni illegali mediante affumicamento comporta, inoltre, rischi di dispersione delle sostanze tossiche anche sui campi coltivati, mentre i narcotrafficanti cercano di modificare geneticamente le piante per renderle resistenti ai veleni.
Proiettando anche dei brevi video, Gratteri ha mostrato il processo di lavorazione della cocaina con utilizzo di prodotti chimici e urina di maiali, cemento e sbiancanti, definiti dal procuratore – con il chiaro intento di dissuadere dal consumo – “le porcherie che si assumono con una tirata”.
La ‘ndrangheta, oggi la più potente e la più ricca delle mafie, ha investito nella cocaina i soldi ottenuti con i sequestri di persona mandando broker in Sudamerica sin dagli anni ’80.
Di estrazione plebea e a lungo sottovalutata, la ‘ndrangheta ha lavorato nell’ombra e adesso i ‘ladri di galline’ sono divenuti classe dirigente. La ‘mafia stracciona‘ ha fatto propria la logica dei ‘voti in cambio di favori’, che fa sì che ormai siano i politici ad andare dai mafiosi e non più viceversa.
Gli accordi con la politica, basati sulla reciproca utilità, sono stati invece da sempre una caratteristica di Cosa Nostra, definita da Nicaso “fenomeno delle classi dirigenti” nonostante la mitologia che la rappresenta schierata a difesa dei poveri e dei deboli.
“La mafia del resto -ha ribadito lo studioso- è tutto ciò che lo Stato ha voluto che fosse”.
Impossibile negare che, dopo l’unità d’Italia, molti uomini del sud sono stati al governo e non hanno avuto interesse a contrastare questo fenomeno né a cambiare le condizioni economiche e sociali su cui esso prosperava.
Si è giunti alle teorizzazioni di antropologi che hanno parlato di una ‘mafiosità‘ insita nel carattere dei siciliani dimenticando pagine importanti della storia di questa regione, scritte con il sangue dei contadini che lottavano contro il latifondo e i gabelloti mafiosi.
Oggi non solo le attività economiche delle mafie mettono fuori mercato le aziende ‘sane’, ma le organizzazioni criminali mandano propri rappresentanti in Parlamento, hanno avvocati, commercialisti e bancari che li ‘facilitano’, con conseguente ingresso di denaro riciclato nel mercato legale.
Il contrasto alle mafie si fa anche nei tribunali e, se è vero che l’Italia ha la legislazione più avanzata in materia, il cattivo funzionamento della giustizia crea enormi criticità, e non solo in questo settore.
Gratteri, mancato ministro della giustizia, ha presieduto una commissione di esperti, da lui stesso selezionati, che ha elaborato una proposta di riforma consegnata al premier Renzi più di un anno fa e rimasta nel cassetto.
Contrarre i tempi del processo, senza alcun sacrificio delle necessarie garanzie difensive per gli imputati”, recita la premessa di questo documento che, ha specificato lo stesso Gratteri in una non recente intervista, prevede la modifica di 150 articoli di legge ed è già “un articolato di legge, non una relazione”.
Si tratta di interventi molto concreti e di facile realizzazione, sempre che ci sia la volontà politica di procedere nella direzione di un reale riduzione dei tempi dei processi e quindi di abbattimento della prescrizione, grande amica di chi delinque e nemica del lavoro dei magistrati, che viene vanificato.
Soprattutto, e questo è un leitmotiv nei discorsi del procuratore, bisogna rendere non conveniente il delinquere.

Gratteri ha insistito sul fatto che molte delle modifiche proposte sono solo di buon senso, da brava massaia che sa usare i propri strumenti. E il primo strumento è l’utilizzo dell’informatica in vista della eliminazione della carta dai tribunali e di un notevole risparmio nelle spese.
Un esempio. Ogni anno lo Stato spende 70 milioni di euro per trasferire gli imputati in attesa di giudizio dal carcere dove sono rinchiusi ai tribunali che sono sede del processo. Per garantire queste traduzioni sono mobilitati in permanenza 10 mila uomini della Polizia Penitenziaria, con relative spese di trasporto, alloggio e vitto.
Procedere ad interrogatori e ascoltare le testimonianze in videoconferenza, come già si fa nel caso di mafiosi in 41 bis, permetterebbe di ridurre i tempi e i costi della giustizia.
Ne trarrebbe vantaggio anche la gestione delle carceri e il sovraffollamento delle celle, considerato che molte sezioni delle strutture detentive rimangono chiuse e inutilizzate per mancanza di agenti.
Non è certo la prima volta che Gratteri fa presente la semplicità e l’economicità delle sue proposte. Attuarle presenta però un grosso rischio perchè un migliore funzionamento della giustizia lederebbe gli interessi di chi, non solo mafiosi o delinquenti comuni ma anche colletti bianchi e uomini dell’establishiment, usa le disfunzioni per proteggere il proprio tornaconto e la propria impunità.

1 Comment

  1. I problemi della città sono ben altri.
    Basta asoltare rela registrazione del processo di piazza europa per rendersi conto che gli appalti dei parcheggi sono nulli, a prescindere dalla assoluzione che non contesto.
    Questa la registrazione del processo nella parte in cui viene ascoltato il perito:
    http://www.radioradicale.it/sc…..-comune-di
    Nulli, sotto il profilo esclusivamente ammnistrativo, sono pure i permessi rilasciati alla ditta vir immobiliare srl per gli immobili in via messina, in zona vincolo assoluto e fascia di rispetto stradale!!
    Nulle sono le garanzie bancarie consistenti nella ipoteca sul diritto di superficie di piazza europa.
    Viziata sul piano esclusivamente amminsitrativo appare pure la vicenda della vecchia dogana.

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