Sant’Agata non è solo processioni, ceri, fiori e preghiere. E non è nemmeno soltanto cera riversata a fiumi sulle basole di lava delle strade, né ritardi nel rientro in cattedrale della santa vara, non candelore “annacate” in percorsi devianti da quelli tradizionali, nè arrusti e mangia allestiti ovunque e comunque. C’è dell’altro. Catania giorno 5 febbraio è diventata, ancora una volta, anche un vespasiano a cielo aperto.
L’amministrazione comunale avrebbe dovuto allestire molti bagni chimici come prescrivono norme di legge nazionali e internazionali, uno per 50 persone che stiano in giro per dodici ore. Per la festa catanese, dunque , ce ne vorrebbero molti di più e certamente non i pochi dislocati nei presidi medici.
Sentite il racconto di un cittadino amico di Argo, che, abitando in centro storico, ha dovuto assistere ai ripetuti ricambi idraulici di devoti e fan della festa, e inoltre sorbirsi il lezzo rimasto a lungo proprio sotto casa. La lettera che ci ha inviato è firmata.
La festa di Sant’Agata richiama migliaia e migliaia di persone che finiscono per stiparsi nel centro di Catania. Muoversi è difficile. Altrettanto tenere d’occhio amici, parenti, bambini, e quasi impossibile non perdersi nella calca. Poi, si aspetta, si aspetta a lungo: anche questo fa parte della Festa.
Ma ci sono effetti collaterali. Le emozioni e le bevande assunte procurano effetti ineludibili e i bisogni fisiologici, che normalmente potrebbero essere posticipati, a un certo punto letteralmente scappano. Le viuzze del centro diventano così un vespasiano a cielo aperto.
Ho redarguito civilmente un fedele beccato, faccia contro il muro, sotto la mia abitazione, con tanto di compare a fare da palo. Ma lui fa spallucce. “I bar -dice- non fanno entrare; e se mi scappa?”
Non esito a credergli, malgrado l’arrabbiatura. Ma l’Organizzazione sa che esistono i bagni chimici? Sì, mi dice Google poco dopo. “La direzione Attività Produttive provvederà alla fornitura e all’installazione di bagni chimici”, leggo nell’ottima guida del Comune di Catania. E dove? E come? “A disposizione del PMA” (Posto Medico Avanzato).
Questa proprio non la capisco. Come faranno le migliaia di fedeli e curiosi a trovare un bagno chimico, in caso di bisogni impellenti, ammesso che ne conoscano l’esistenza e l’ubicazione? La citata ottima guida non lo spiega, né si premura di indicare eventuali dislocazioni sulle piantine illustrate.
Familiari in giro per la festa, incaricati telefonicamente di svelare l’arcano, mi riferiscono di aver avuto notizia di bagni chimici nei pressi di Piazza Duomo. Pochino, no? Siamo sinceri, il fedele tipo (o curioso o cittadino, in prevalenza maschio, segni particolari: faccia di bronzo) non è uso dare rilievo a tali piccole notizie nascoste.
Lo vedete voi cercare un PMA per avere indicazioni del più vicino cesso chimico? Sospetto che gli organizzatori abbiano nutrito lo stesso dubbio. A che pro mettere bagni chimici che costano? Forse solo (tiro a indovinare) per rispettare obblighi di legge? Google mi racconta che dall’aprile 2012 è in vigore la Norma UNI EN 16194 che regolamenta il servizio dei bagni mobili, anche per eventi pubblici.
La brochure dell’ANIOBAN recita: “Per gli eventi aperti al pubblico, la norma recepisce la tabella predisposta dall’associazione americana PSAI (Portable Sanitation Associated International) che definisce il numero minimo di bagni da dislocare in funzione del numero di utilizzatori attesi e della durata dell’evento”.
La questione è interessante e merita un surplus di indagine. Trovo la tabella, di cui riporto la parte finale: bagni necessari per 20000 persone: 375 per eventi di massimo 12 ore. Una processione di S.Agata dura ben più, ed è seguita da più di 20000 persone. E in questi casi? Risposta laconica: ”Da vedere caso per caso”.
Si capisce che le norme di legge sono inapplicabili, quelle del buon senso inapplicate (da una parte e dall’altra). Allora torniamo al fai-da-te: ci attrezziamo, coi vicini, con secchielli pieni d’acqua e detergente disinfettante, sperando che i frettolosi devoti non si offendano se qualcuno tira giù l’acqua. Ma per favore, niente ulteriori ordinanze: per S. Agata, basta quella della cera.
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