Catania non è al buio come nell’era Scapagnini, eppure molti punti dolenti rendono difficile conservare la speranza sul futuro della nostra città. E anche della nostra regione.
Proviamo oggi ad individuare alcuni dei motivi che possono alimentare questa speranza: sarà il nostro augurio di buon anno.
Non ci riferiamo certo alle promesse di sviluppo e di posti di lavoro sbandierate sulle prime pagine dei giornali locali a proposito di opere pubbliche (o private) che piuttosto ci inquietano. Opere che non solo minacciano spesso l’integrità urbanistica della città e l’ambiente, ma sembrano far riferimento ad un intreccio trasversale di interessi che rende quasi inevitabile realizzarle, indipendentemente dal colore politico dell’amministrazione.
Basti pensare al parcheggio Sanzio, su cui si insiste nonostante regali a imprenditori privati (indagati!) una piazza della città o al progetto Stella Polare che vorrebbe utilizzare la Plaia per speculazioni utili solo alle tasche di qualcuno e dannose per la collettività.
E potremmo continuare.
I motivi di speranza ci sembra di ravvisarli nell’impegno di tante persone e di tanti gruppi che, in modo più o meno silenzioso, operano nel campo della solidarietà, dell’educazione delle giovani generazioni, della difesa dell’ambiente e del territorio.
E ci sarebbero da citare tutte le persone che, nella quotidianità del proprio lavoro, continuano a mantenere la correttezza che, in epoca di rampantismo senza scrupoli, sembra una merce scomparsa ma, per fortuna, ancora esiste pur non facendo notizia.
I gruppi a cui pensiamo come modello di cittadinanza attiva sono in genere auto-organizzati e autofinanziati, sono costituti da persone che non si rassegnano e continuano ad operare nonostante gli ostacoli e le disillusioni, e che -così facendo- modificano nel loro piccolo una parte di realtà, non fosse altro che intervenendo sulla dominante mentalità individualista e arrivista.
Pensiamo a comitati di cittadini e movimenti di base che si oppongono alle devastazioni ambientali e non per il gusto di dire no (No Triv, No Pua, No Muos…) o perchè nemici di ogni ‘modernizzazione’, come ritiene qualcuno, ma perchè aspirano ad uno sviluppo diverso, ad un progresso che non si misuri in metri cubi di cemento, ma in qualità della vita e in rispetto della natura.
Abbiamo gruppi che investono energie e intelligenza per evitare che i privati si accaparrino degli spazi pubblici e dei beni comuni e movimenti che cercano di sfuggire agli ingranaggi della grande distribuzione per dare spazio alla diffusione dei prodotti locali, agricoli e artigianali, recuperando anche le produzioni tradizionali
Senza dimenticare quelli che, a partire dal rispetto per l’ambiente, si impegnano per trasformare la gestione dei rifiuti in un elemento di ricchezza e nell’incentivare il riutilizzo piuttosto che lo spreco.
Ci sono le associazioni che si occupano dei bambini e dei ragazzi più giovani, soprattutto dei quartieri a rischio, coinvolgendoli in attività formative e interessanti e sottraendoli alla strada o all’influenza non meno nefasta di tv e di taluni socialnetwork.
E ancora chi, in nome della solidarietà, spende il proprio tempo per portare aiuto morale e materiale a senzatetto e migranti o per valorizzare le abilità e i talenti di chi è svantaggiato da qualche disabilità.
C’è già quindi un mondo migliore, su cui fondare la speranza e che è -nel suo piccolo- protagonista di un mutamento lento, strisciante che potrebbe evolversi anche verso una proposta ‘politica’ di più ampio respiro.
E, sebbene alcuni di questi gruppi siano insidiati dal pericolo dell’ideologia fine a se stessa e dall’uso di un linguaggio che si nutre purtroppo di slogan, è vero anche che, quando se ne liberano, contribuiscono all’analisi della realtà e alla individuazione di ipotesi alternative di sviluppo e di crescita, economica e umana.
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