Scuola, dall'Europa stop alla precarietà

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Aver fatto della precarietà la regola. Con questa motivazione, il 26 novembre, la Corte di Giustizia Europea ha condannato l’Italia. Reiterata più volte nel corso degli anni, questa pessima pratica ha fatto sì che centinaia di migliaia di docenti e personale ATA abbiano lavorato su posti che erano vacanti con contratti a termine e non con contratti a tempo indeterminato. La differenza? I lavoratori sono stati retribuiti solo per una parte dell’anno e senza progressioni stipendiali.
Lo Stato ha così risparmiato ingenti somme ma non ha svolto il ruolo che gli competeva. Non solo sono stati negati i sacrosanti diritti di questi lavoratori ma è stata abbassata anche la qualità del lavoro scolastico, non fosse altro a causa della continua “girandola” di docenti.
Così la sentenza: “…per questi motivi la Corte (Terza Sezione) dichiara: La clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura nell’allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nei procedimenti principali che autorizzi, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi per l’espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi possibilità, per tali docenti e detto personale, di ottenere il risarcimento del danno eventualmente subito a causa di un siffatto rinnovo”.
Non è stato quindi giustificato il rinnovo illimitato di contratti a tempo determinato per soddisfare esigenze permanenti e durevoli delle scuole statali, essendo giustificato l’utilizzo di questo tipo di contratti solo per sostituzioni temporanee, vale a dire per soddisfare esigenze provvisorie, o nell’attesa dell’espletamento di concorsi che riservino ai vincitori l’accesso a posti permanenti.
Che fosse una situazione anomala se ne era accorto anche l’attuale governo che, probabilmente prevedendo la condanna europea, nel documento della cosiddetta ‘Buona Scuola’, aveva indicato la necessità di assumere a tempo indeterminato tutti i precari (in effetti il riferimento era ai soli docenti) inseriti nelle cosiddette GAE (graduatorie ad esaurimento), che, comunque, rappresentavano solo una parte dei lavoratori a tempo determinato.
Un tentativo, secondo Marco Barone (uno dei legali dei Cobas Scuola) “di cambiare, tra le altre cose solo con una proposta politica, le carte nel corso del gioco che è fallito. Fallito perché ad oggi non esistono date certe e procedure certe tali da poter favorire l’immissione in ruolo dei precari che vivono e continuano a vivere la condizione di abuso contrattuale, perché non è prevista, neanche teoricamente, una misura risarcitoria per riparare provvisoriamente tale tipo di abuso, perché non esiste neanche una misura sanzionatoria in tal senso”.
Attualmente ci sono circa 30.000 i giudizi pendenti, rispetto ai quali toccherà ai giudici del rinvio valutare come applicare la sentenza europea ed è facilmente presumibile che tantissimi altri (tutti coloro che hanno maturato almeno 36 mesi di lavoro su posti vacanti) ricorreranno alla magistartura.
Per metà gennaio sono attesi i primi esiti dei ricorsi (avviati ancor prima che la Corte si esprimesse), dai quali si capirà quale sia l’orientamento dei giudici.
Sarebbe il caso, per evitare di dar vita a un contenzioso infinito, che si aprisse immediatamente una trattativa pubblica fra MIUR e Sindacati per far sì che il prossimo anno scolastico possa iniziare con organici adeguati, garantendo a tutti i lavoratori che ne hanno diritto l’assunzione a tempo indeterminato e il risarcimento di quanto è stato loro ingiustamente negato, sia in termini economici che di sviluppo dalla carriera.

1 Comments

  1. sono i famosi decreti delegati che hanno rovinato la scuola. Fino a quando non si eliminano le interferenze tra insegnanti e genitori e non si responjsabilizza interamente il professore , la scuola rimarrà sempre la grande incompiuta. Troppe interferenze impediscono che l’insegnamento venga ripartito in maniera corretta e senza pressioni di familiari e amici dell’asino. I voti devono essere visibili e tutto dev’essere controllato dall’esterno. Solo così la scuola potrà assolvere al suo compito.

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